Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 luglio 2015, n. 15499

Inps - Indennità di disoccupazione - Riliquidazione - Computabilità nella retribuzione di riferimento del TFR

 

Svolgimento del processo

 

L'assicurato in epigrafe, operaio agricolo a tempo determinato, convenne in giudizio l'Inps, chiedendo che venisse accertato il suo diritto alla riliquidazione dell'indennità di disoccupazione per l’anno 2002 alla stregua della retribuzione fissata dalla contrattazione collettiva della Provincia di Foggia, anziché in base al salario convenzionale rilevato nel 1995 e non più incrementato negli anni successivi; la domanda venne accolta dal Giudice di prime cure e l’Inps propose gravame eccependo la non computabilità nella retribuzione di riferimento del TFR.

La Corte d'Appello di Bari accolse il gravame rilevando (di ufficio) l’intempestiva proposizione del ricorso giudiziario, per essere maturata la decadenza di cui all'art. 47 dpr n. 639/70, come interpretato dall'art. 1, comma 1, d.l. n. 103/91, convertito in legge n. 166/91 e rigettando, per effetto, la domanda introduttiva.

Avverso la suddetta sentenza della Corte territoriale, l'assicurato ha proposto ricorso per cassazione fondato su un unico motivo.

L'intimato Inps non ha svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

Con l’unico motivo del ricorso l'assicurato denuncia che la Corte territoriale abbia ritenuto l'applicabilità alla fattispecie, di riliquidazione di un trattamento previdenziale già riconosciuto, dell'anzidetta decadenza sostanziale.

Il motivo è fondato.

Questa Corte con sentenza n. 7245/2012, ha confermato quanto già ritenuto dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 12720/2009, in base alla quale "La decadenza di cui all'art. 47 del d.P.R 30 aprile 1970, n. 639 - come interpretato dall'art. 6 del d.l. 29 marzo 1991, n. 103, convertito, con modificazioni, nella legge 1 giugno 1991, n. 166 - non può trovare applicazione in tutti Quei casi in cui la domanda giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l'Istituto previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale".

L’indiretta conferma della correttezza del suddetto orientamento ermeneutico proviene dallo stesso legislatore che, con l'art. 38, comma 1, lett. d), d.l. n. 98/11, convertito in legge n. 111/11, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del seguente tenore: "Le decadenze previste dai commi che precedono si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte", precisando al quarto comma che "Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del presente decreto"; le ricordate disposizioni legislative depongono, in definitiva, per l’inapplicabilità dell'art. 47 dpr n. 639/70, prima delle integrazioni apportate dal citato art. 38 d.l. n. 98/11, al caso di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente riconosciute e liquidate dall'ente previdenziale.

Esclusa la decadenza dalla proposta azione giudiziaria e cassata, quindi, per tale ragione, la sentenza impugnata, sussistono le condizioni per decidere la causa nel merito (art. 384, comma 2, cpc), ancorché la Corte territoriale non si sia pronunciata sui motivi d'appello, per avere dichiarato la decadenza in virtù dell'applicazione del criterio della ragione più liquida, senza esaminare la spettanza del diritto oggetto di lite, sicché si è in presenza non già di un giudicato implicito sull'esistenza del diritto oggetto di pretesa, ma di un cosiddetto assorbimento improprio, che non importa onere di impugnazione da parte del soggetto vittorioso in appello.

Ed invero la questione censura oggetto della svolta in sede di gravame dall'Inps, per la sua natura esclusivamente giuridica - involgendo l'astratta configurabilità del diritto dell'operaio agricolo a tempo determinato alla inclusione della c.d. "quota di TFR" nella retribuzione contrattuale utile per il calcolo della indennità di disoccupazione - è direttamente esaminabile e risolvibile da questa Corte con l'affermazione della insussistenza di un diritto di tale contenuto (e della infondatezza, quindi, della domanda ad esso relativa, così come proposta dall’odierno ricorrente), senza necessità di attivare il contraddittorio mediante il meccanismo di cui all'art. 384, comma 3, cpc, tenuto conto del proprio consolidato orientamento nei termini appena espressi (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 200, 202, 11152, 18516/2011; n. 8510/2012; nn. 9128, 10461, 15375/2013; nn. 1690, 1821/2014) e dell’intervento legislativo di cui all'art. 18, comma 18, d.l. n. 98/11, convertito, con modificazioni, nella legge n. 111/11, che ha vi ha dato esplicito avallo autenticamente interpretando l'art. 4 d.l.vo n. 146/97 nel senso che "... la retribuzione utile per il calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo determinato, non è comprensiva della voce relativa al trattamento di fine rapporto, comunque denominato dalla contrattazione collettiva".

In definitiva, il ricorso va accolto, non ritenendosi applicabile nel caso di specie la decadenza di cui all'art. 47 dpr n. 639/70, con conseguente cassazione della sentenza impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può, tuttavia essere decisa nel merito, con il rigetto della domanda di inclusione della quota di TFR nel trattamento di disoccupazione agricola.

La problematicità della materia del contendere e l’esito complessivo della lite consigliano di compensare per intero fra le parti le spese dell’intero processo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso,cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di inclusione della quota di TFR nel trattamento di disoccupazione agricola; compensa le spese dell'intero processo.