Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 luglio 2015, n. 15587

Rapporto di lavoro - Poste Italiane - Contratto a tempo determinato per ragioni sostitutive - Nullità del termine - Sussistenza di un rapporto a tempo indeterminato

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza depositata il 7.11.08 la Corte d’appello di Milano confermava la pronuncia n. 4112/05 del Tribunale della stessa sede che, dichiarato nullo il termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato tra Poste Italiane S.p.A. e A. G. per ragioni sostitutive di personale addetto al servizio recapito assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro nella Regione Lombardia e per il periodo 2.1.04 - 31.3.04, aveva accertato la sussistenza d’un rapporto a tempo indeterminato tra le parti, con diritto per il lavoratore al ripristino del rapporto e al pagamento delle retribuzioni maturate.

Per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a sette motivi.

A. G. resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale basato su un solo motivo, cui a sua volta resiste con controricorso Poste Italiane S.p.A.

Le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c.

Il Collegio ha deliberato la redazione della motivazione in forma semplificata.

 

Motivi della decisione

 

1- Preliminarmente ex art. 335 c.p.c. si riuniscono i ricorsi perché aventi ad oggetto la medesima sentenza.

2- Con il primo motivo il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs. n. 368/01, dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c., deducendo che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte territoriale, la causale del contratto de quo non era affatto generica in quanto precisava in modo circostanziato la ragioni di carattere sostitutivo che giustificavano l’apposizione del termine; in particolare, oltre alla durata del contratto, erano stati specificati l’inquadramento e le mansioni del lavoratore assunto e del personale da sostituire e la funzione aziendale di riferimento.

Con il secondo motivo Poste Italiane lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs. 368/01, dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 437 c.p.c., per avere la Corte territoriale, dopo aver rigettato le istanze di ammissione della prova sul punto formulate dalla società ricorrente, ritenuto indimostrata la sussistenza, nel merito, delle allegate esigenze sostitutive.

Doglianza sostanzialmente analoga viene fatta valere con il terzo motivo, sotto forma di vizio di motivazione.

Con il quarto motivo la società ricorrente si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 1 d.lgs. n. 368/01 e degli artt. 1418, 1419 e 1457 c.c., per avere la gravata pronuncia omesso di pronunciarsi sull’eccezione di non convertibilità del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, conversione non prevista dalla disciplina introdotta dal decreto legislativo citato ed esclusa, nel caso di specie, dal rilievo che quella sul termine era una clausola essenziale, tale da determinare - se invalida - la nullità dell’intero contratto.

Con il quinto motivo Poste Italiane deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 1206, 1207, 1217, 1219, 2094 e 2099 c.c., per avere la sentenza impugnata fatto decorrere il risarcimento del danno mediante corresponsione delle retribuzioni perdute fin dalla messa in mora costituita dal tentativo di conciliazione anziché dall’effettiva riammissione in servizio.

Con il sesto motivo il ricorso principale denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia, da parte della Corte territoriale, sull’eccezione di aliundeperceptum sollevata dalla società.

Con il settimo motivo il ricorso principale lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1219, 1223, 1227, 2099 e 2697 c.c. per non avere la gravata pronuncia considerato che, pur in ipotesi di illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, il risarcimento del danno va quantificato tenendo presente il concorso colposo del lavoratore che — nelle more - abbia omesso di cercare una diversa occupazione.

3- Con unico motivo il ricorso incidentale si duole di violazione e falsa applicazione dell’art. 24 legge n. 794/42, dell’art. 60 co. 5° r.d.l. n. 1578/33 e degli artt. 1, 4, 5 e 6 d.m. n. 127/04, nonché vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata liquidato le spese di lite a favore del lavoratore in misura inferiore al minimi tariffari, considerati il valore indeterminabile della causa e il relativo scaglione di riferimento.

4- Il primo motivo del ricorso principale è fondato.

Questa Corte Suprema (cfr., in particolare, Cass. 2.5.11 n. 9602; Cass. 26.1.2010 n. 1577; Cass. 26.1.2010 n. 1576) ha affermato il principio di diritto, cui va data continuità, secondo cui in tema di assunzione a termine di lavoratori subordinati per ragioni di carattere sostitutivo l'onere di specificazione delle predette ragioni è correlato alla finalità di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l'immodificabilità della stessa nel corso del rapporto.

Pertanto, nelle situazioni aziendali complesse, in cui la sostituzione non è riferita ad una singola persona, ma ad una funzione produttiva specifica, occasionalmente scoperta, l'apposizione del termine deve considerarsi legittima se l'enunciazione dell'esigenza di sostituire lavoratori assenti - da sola insufficiente ad assolvere l'onere di specificazione delle ragioni stesse - risulti integrata dall'indicazione di elementi ulteriori (quali l'ambito territoriale di riferimento, il luogo della prestazione lavorativa, le mansioni dei lavoratori da sostituire, il diritto degli stessi alla conservazione del posto di lavoro) che consentano di determinare il numero dei lavoratori da sostituire, ancorché non identificati nominativamente, ferma restando, in ogni caso, la verificabilità della sussistenza effettiva del l’enunciato presupposto di legittimità.

Nel caso in esame non può condividersi, in relazione ai principi sopra ricordati, la valutazione operata dalla Corte di merito circa l’assenza di specificità della causale apposta al contratto di lavoro a termine stipulato fra le odierne parti.

In particolare, la Corte territoriale non ha tenuto conto del fatto che il concetto di specificità deve essere collegato a situazioni aziendali non più standardizzate, ma riferite alle realtà specifiche in cui il contratto viene ad essere calato.

Né in senso contrario si pone Corte cost. n. 214/09 là dove, dichiarata non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 co. 10 e 11 d.lgs. n. 368/01, afferma che l’onere di specificazione previsto dallo stesso art. 1, co. 2°, impone che, tutte le volte in cui l’assunzione a tempo determinato avvenga per soddisfare ragioni di carattere sostitutivo, risulti per iscritto anche il nome del lavoratore sostituito e la causa della sua sostituzione.

Ora, come questa S.C. ha già chiarito nelle proprie precedenti sentenze, il passo della sentenza della Corte cost. sopra citato deve essere letto nel relativo contesto argomentativo, che individua la ratio legis proprio nell’esigenza di assicurare trasparenza e veridicità della causa che si pone a monte dell’apposizione del termine e la sua immodificabilità nel corso del rapporto.

Ne discende che, nell’ampia casistica offerta dal l’esperienza concreta, accanto a fattispecie elementari in cui è possibile individuare fisicamente il lavoratore o i lavoratori da sostituire, esistono fattispecie complesse in cui la stessa indicazione non è possibile e l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori deve passare necessariamente attraverso la specificazione dei motivi, mediante l’indicazione di criteri che, pur prescindendo dall’individuazione delle persone, nondimeno siano tali da garantire il rispetto del criterio selettivo richiesto dalla norma.

In questi termini, le due opzioni interpretative (quella della cit. sentenza n. 214/09 della Corte cost. e quella accolta nella summenzionata giurisprudenza di questa S.C.) risultano coerenti.

Nel caso in esame l’impugnata sentenza non si è attenuta a tali principi, sicché il primo motivo di ricorso è da accogliersi.

5- L’accoglimento del primo motivo assorbe la disamina delle restanti censure formulate nel ricorso principale e del ricorso incidentale: in particolare, quanto a quest’ultimo, è appena il caso di notare che la cassazione della sentenza impugnata travolge ex art. 336 co. 1° c.p.c. la statuizione dipendente relativa al governo delle spese.

7- Per l’effetto, va accolto il primo motivo del ricorso principale, con assorbimento delle restanti censure e del ricorso incidentale. Si cassa, pertanto, la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.

 

P.Q.M.

 

Riuniti i ricorsi, accoglie il primo motivo del ricorso principale, dichiara assorbite le restanti censure e il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio, anche per le spese, alla Corte d’appello di Milano in diversa composizione.