Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 luglio 2015, n. 15074

Lavoro - Dirigente - Mancato conferimento della reggenza - Perdita di chance - Risarcimento del danno

 

Svolgimento del processo

 

Il Tribunale di Salerno ha rigettato la domanda di F.F. nei confronti dell’Agenzia delle Dogane e del Ministero dell’Economia e delle Finanze volta all’accertamento della mancata ottemperanza dell’Agenzia alle sentenze del Tribunale e D.C. d’appello di Salerno che avevano ordinato all’Amministrazione di procedere all’interpello per la copertura del posto di dirigente delle Dogane di Salerno, con condanna dell’amministrazione al pagamento a favore del ricorrente delle retribuzioni non percepite a causa del mancato conferimento della reggenza dell’ufficio illegittimamente assegnato ad atro soggetto non titolato, oltre al risarcimento del danno per perdita di chance, del danno biologico e di quello esistenziale.

La Corte d’appello di Salerno, con la sentenza qui impugnata, ha confermato la sentenza del Tribunale nella parte in cui aveva rigettato la domanda del ricorrente volta all’accertamento dell’inottemperanza da parte dell’Agenzia delle Dogane alle sentenze del Tribunale e D.C. d’appello, confermata dalla Cassazione con sentenza del 23/5/2007 n. 19233, che avevano ordinato all’amministrazione di procedere ad interpello per la copertura del posto di dirigente delle dogane di Salerno. In parziale riforma della decisione del Tribunale ha condannato l’Agenzia delle Dogane a pagare a F. Francesco € 8.180,00 a titolo di danno biologico.

La Corte ha rilevato che era corretta la decisione del Tribunale, oltre che confermati, dalle univoche emergenze probatorie, che l’Agenzia aveva ottemperato alle prescrizioni delle sentenze di procedere all’interpello per coprire il posto.

Ha rilevato, altresì, che la mancata rimozione di M.D.C., nominato reggente dell’Agenzia delle Dogane di Salerno nelle more dell’assegnazione definitiva dell’incarico, non costituiva fonte di responsabilità risarcitoria per il ricorrente non potendo egli vantare alcun diritto soggettivo all’assegnazione di tale incarico dirigenziale considerata la discrezionalità riconosciuta al datore di lavoro nella scelta dei soggetti cui conferire gli incarichi dirigenziali.

La Corte d’appello ha affermato, inoltre, che, pur accertata l’illegittimità dell’assegnazione del D.C. all’incarico in assenza di interpello, non poteva essere riconosciuto al F. il risarcimento per perdita di chance non essendovi prova, nel caso di specie, anche ricorrendo a criteri presuntivi, che, qualora l’Agenzia in luogo di nominare il D.C. avesse proceduto all’interpello, il F. avrebbe avuto concrete possibilità di conseguire il suddetto incarico dirigenziale.

La Corte ha, invece, ritenuto sussistere il diritto del F. ad ottenere il risarcimento del danno biologico subito in conseguenza della condotta dell’Agenzia. Accertato infatti ,in via definitiva, con le citate sentenze del Tribunale e D.C. d’appello confermata dalla Corte di Cassazione, che la nomina del D.C. era contra legem, la patologia denunciata dal F. aveva determinato un danno biologico, quantificato dal CTU nella misura del 12%, riconducibile alle vicissitudini lavorative del dirigente a far tempo dal 2002 quale conseguenza immediata della condotta illegittima dell’Agenzia.

Avverso la sentenza ricorre il F. formulando quattro motivi .Resiste l’Agenzia delle Dogane.

 

Motivi della decisione

 

1) Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 cpc, degli artt. 1175 e 1375 c.c.; dell’art. 2697c.c., nonché vizio di motivazione. Lamenta il mancato riconoscimento del risarcimento per perdita di chance. Rileva che tale perdita era dipesa sia dal mancato espletamento dell’interpello con assegnazione dell’incarico di reggente delle dogane di Salerno al D.C., sia dal conferimento successivo dell’incarico dirigenziale provvisorio all’ing V. che non aveva presentato domanda e sul quale la Corte territoriale aveva anche omesso di pronunciarsi. Riproduce a dimostrazione della fondatezza del motivo gli atti processuali (ricorso in Tribunale, appello).

2) Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 112 cpc, dell’art. 63 d.lgs n. 165/2001, degli art. 1175 e 1375 c.c., vizio di motivazione. Censura l’affermazione D.C. secondo cui la mancata rimozione di D.C. non poteva costituire fonte di risarcimento non potendo vantare il F. un diritto soggettivo. Lamenta che egli aveva subito una lesione dell’interesse legittimo di diritto privato dalla mancata rimozione di D.C. in ragione della disapplicazione dell’atto di nomina dichiarato illegittimo nonché in conseguenza della nomina provvisoria dell’ing V. che non aveva neppure presentato domanda.

3) Con il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 63 d.lgs n. 165/2001. Censura l’affermazione D.C. secondo cui le precedenti sentenze non contenevano l’ordine di rimuovere il D.C. Rileva che l’accertata illegittimità dell’atto di conferimento dell’incarico aveva determinato l’automatica decadenza dall’incarico dirigenziale del D.C. i motivi,congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.

Deve, in primo luogo rilevarsi, con particolare riferimento al primo motivo, del sua inammissibilità dovendo trovare applicazione il principio affermato più volte da questa Corte secondo cui in tema di ricorso per cassazione, la pedissequa riproduzione di atti processuali e documenti, ove si assuma che la sentenza impugnata non ne abbia tenuto conto o li abbia mal interpretati, non soddisfa il requisito di cui all'art. 366, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., in quanto costituisce onere del ricorrente operare una sintesi del fatto sostanziale e processuale, funzionale alla piena comprensione e valutazione delle censure, al fine di evitare di delegare alla Corte un'attività, consistente nella lettura integrale degli atti assemblati finalizzata alla selezione di ciò che effettivamente rileva ai fini della decisione, che, inerendo al contenuto del ricorso, è di competenza della parte ricorrente e, quindi, del suo difensore. (Sez. U, n. 5698/2012, n 10244/2013, n 4324/2014).

Nella specie il ricorrente si è limitato a riprodurre il ricorso in primo grado e l’atto di appello al fine di dimostrare che sussistevano gli elementi per affermare che l’illegittimo comportamento dell’amministrazione aveva determinato la perdita di chance ma ha omesso di indicare gli elementi o le parti degli atti riprodotti che, secondo il suo convincimento, avrebbero dimostrato quanto sopra.

Deve, comunque, escludersi la sussistenza dei vizi denunciati.

La Corte territoriale, infatti, ha esaminato le censure del ricorrente non ravvisandosi pertanto alcuna violazione dell’art. 112 cpc, né le ulteriori violazioni denunciate con i motivi in esame.

La Corte d’appello ha rilevato che la mancata rimozione del D.C. dall’incarico di reggenza dell'ufficio dogane di Salerno non costituiva fonte di responsabilità risarcitoria verso il F. non potendo questi vantare alcun diritto all’assegnazione di tale incarico dirigenziale considerata la discrezionalità riconosciuta al datore di lavoro pubblico nella scelta dei soggetti cui conferire incarichi dirigenziali con conseguente infondatezza della pretesa risarcitoria fondata sulla mancata assegnazione di tale incarico dirigenziale.

La Corte territoriale si è, dunque, uniformata ai principi espressi da questa Corte secondo cui con la istituzione del ruolo unico dei dirigenti - previsto dall'art. 15 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, che ha sostituito l'art. 23 del d.lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, e le cui modalità di costituzione e tenuta sono disciplinate dal d.P.R. 26 febbraio 1999, n. 150 - il legislatore ha riconosciuto al datore di lavoro pubblico ampia potestà discrezionale sia nel ritenere di non avvalersi di un determinato dipendente mettendolo così a disposizione del ruolo unico, sia nella scelta dei soggetti ai quali conferire incarichi dirigenziali, (cfr Cass 3880/2006, 3929/2007, 4275/2007; n. 14624/2007, n. 21700/2013, n. 13867/2014) La Corte territoriale ha , altresì, escluso una responsabilità risarcitoria da perdita di chance quale conseguenza della mancata attivazione della procedura di selezione per l’accesso alla reggenza dell’ufficio.

Ha affermato, infatti, che era onere del ricorrente provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile doveva essere conseguenza immediata e diretta. Secondo la Corte territoriale nella specie non poteva ritenersi, anche ricorrendo a criteri presuntivi, che qualora l’Agenzia delle Dogane, in luogo del conferimento dell’incarico al rag. D.C., avesse attivato la procedura di interpello tra i dipendenti, il F. avrebbe avuto concrete probabilità di conseguire il suddetto incarico il cui conferimento era connotato dal carattere fiduciario e postulava inevitabilmente valutazioni ampiamente discrezionali dell’amministrazione sottratte in quanto tali al sindacato del giudice. Considerato che l'accertamento e la liquidazione della perdita di chance, necessariamente equitativa, sono devoluti al giudice di merito e sono insindacabili in sede di legittimità se adeguatamente motivati (cfr Cass n. 2737/2015) deve concludersi che la Corte territoriale ha fornito adeguata motivazione del rigetto della domanda del F., né quest’ultimo ha indicato concrete e ragionevoli possibilità di risultati utili non valutati dalla Corte di merito.

4) Con il quarto motivo il ricorrente denuncia violazione del DM n 12/7/2000, (Decreto Ministeriale del 12 luglio 2000 Approvazione di "Tabella delle menomazioni"; "Tabella indennizzo danno biologico"; "Tabella dei coefficienti", relative al danno biologico ai fini della tutela dell'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), dell’art. 112 cpc, nonché vizio di motivazione. Lamenta che la Corte non ha spiegato il procedimento di liquidazione del danno biologico in quanto in applicazione della tabella di cui al D.M. 12/7/2000 l’importo liquidabile avrebbe dovuto essere superiore.

Anche tale motivo è infondato. La Corte territoriale, ai fine della liquidazione equitativa del danno lamentato dal ricorrente) ha fatto ricorso alla misura degli indennizzi fissati nelle tabelle Inail. Dette tabelle sono, dunque, utilizzate solo quale parametro e, pertanto, non è neppure ipotizzabile una loro violazione. La Corte territoriale ha, inoltre, sufficientemente motivato il criterio adottato per la liquidazione del danno.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente , soccombente, a pagare le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese processuali liquidate in € 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese prenotate a debito.