Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 luglio 2015, n. 15008

Tributi - IRAP - Rimborso - Professionisti autonomi - Medico di medicina generale - Presupposto impositivo - Autonoma organizzazione

 

Il processo

 

Agenzia delle Entrate impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Emilia Romagna, sez. staccata Parma, 9.2.2009, che, in conferma della sentenza C.T.P. di Piacenza n. 17/01/2006, ebbe a respingere l’appello dell’Ufficio, così affermando l’illegittimità del silenzio rifiuto opposto dall’Amministrazione finanziaria avverso l’istanza di rimborso dell’IRAP chiesta per gli anni dal 2000 al 2004 e disposta per gli stessi con l’eccezione del versamento del 17.7.2000, sul presupposto -invero dichiarato dalla C.T.P. - per cui la professione esercitata, quale medico di medicina generale, era priva dei requisiti organizzativi, difettando la organizzazione di beni e di persone di cui all’art. 2 d.lgs. n. 446 del 1997.

Ritenne in particolare la C.T.R. che l’appello non poteva essere accolto, in quanto il medico appellato - pediatra in convenzione con il SSN - esercitava la sua attività senza strumenti di entità elevata e nella carenza di personale dipendente e, comunque, stante la necessaria presenza del professionista intellettuale nell’organizzazione, doveva escludersi che di per sé la predetta attività integrasse il presupposto impositivo dell’imposta reale in discussione.

Il ricorso è affidato ad un motivo, cui resiste con controricorso la contribuente, che ha anche depositato memoria.

 

I fatti rilevanti della causa e le ragioni della decisione

 

Con il motivo, si deduce il vizio di motivazione, in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cod.proc.civ., avendo omesso la C.T.R. di indicare i criteri seguiti per giustificare il concesso esonero dall’imposta, non dando conto in particolare degli elementi contabili acquisiti al processo, e prodotti dalla stessa Agenzia quanto alle dichiarazioni dei redditi e i relativi quadri RE.

1. Il ricorso è in parte inammissibile e in parte infondato. Osserva il Collegio che nella censura non ha trovato puntuale indicazione il fatto decisivo e controverso in sé (cioè quello la cui differente consideratone è idonea a comportare, con certezza, una decisione diversa, Cass. 18368/2013), invero genericamente descritto nell’attività autonomamente organizzata, per la quale la ricorrente, adducendo il vizio di insufficiente motivazione, ha riportato nel ricorso i ‘Quadri RE’ delle dichiarazioni dei redditi della contribuente, senza però prospettare per quali elementi di essi la motivazione avrebbe dovuto assumere connotazioni di diversa giustificazione e dunque quali di essi fosse decisivo. Risulta invero pacifico che la motivazione della sentenza della C.T.R. impegna in modo esplicito proprio i due fattori del nucleo essenziale del principio di diritto applicato dal giudice di merito, consistente nell’aver individuato, con riguardo all’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, il limite di applicazione della norma, cioè l’inesistenza di un’autonoma organizzazione, negando in fatto il presupposto impositivo a carico del medico convenzionato con il SSN, la cui attività venne riferita quale senza dipendenti o collaboratori e con utilizzo di beni strumentali di modesto valore.

Tale motivazione esprime in modo compiuto e contestualmente, e sia pur in modo sintetico, sia gli elementi di fatto tenuti presenti nella qualificazione giuridica dell’attività svolta dalla contribuente, sia le relative modalità di organizzazione: negli anni dal 2000 al 2004, si è trattato di attività professionale, che risulta da un lato invero svolta alla stregua di medico pediatra convenzionato con il SSN e senza ausilio di dipendenti o anche solo collaboratori, circostanze che non riproducono affermazioni apodittiche bensì derivano da una necessità riassuntiva - tipologica nel primo caso e per negazione nel secondo - dotata di indiscutibile valenza ricognitiva di fatti decisivi e fonti di prova al contempo. Dall’altro lato, è vero che il giudizio di valore manifestato quanto ai beni organizzati nella propria attività non si accompagna ad un riepilogo analitico di essi ovvero delle relative stime d’importanza, ma la esplicita qualificazione della loro significatività complessiva, per come riassunta, è il portato di una pronuncia che comunque, nel merito, identifica un assetto organizzativo, come ben chiaramente si evince dalla lunga premessa sui requisiti normativi e giurisprudenziali consapevolmente applicati dalla C.T.R. per giungere a tale finale risultato. Sul punto, d’altronde, la ricorrente non fornisce alcun elemento di contraddizione: non quanto alla tipologia di attività professionale, né quanto al dato del lavoro altrui, circostanze nemmeno illustrate in senso critico. Ma anche con riguardo ai valori contabili afferenti alle quote di ammortamento, gli acquisti mobiliari, le spese relative agli immobili, i consumi, la sollecitazione al rinvenimento di un’insufficienza del quadro giustificativo non procede, come detto, oltre la mera formale contestazione dell’omessa ripresa testuale del relativo elenco, senza però che quei dati, e ciascuno di essi, potesse rivelare una qualche contraddizione e così supplire in modo alternativo il giudizio della C.T.R., esplicito nel negare che il medico ricorrente fosse dotato di autonoma organizzazione ai fini IRAP.

2. Su tale ultimo punto, questa Corte già ebbe ad affermare, in tema di struttura allocativa dell’onere della prova in materia e suggerendo al giudice di merito ed a titolo esemplificativo la valorizzazione delle dichiarazioni fiscali, che "si tratta di regola empirica che facilita l'onere probatorio in un processo caratterizzato da limitazioni istruttorie, quale quello tributario, sostanzialmente incentrato sulle produzioni documentali e sugli eventuali poteri acquisitori riservati in via integrativa al giudice tributario (D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7, comma 1). Fermo restando che graverà sul contribuente che proponga domanda di ripetizione di indebito (contro il silenzio-rifiuto od il diniego espresso di rimborso) dimostrare il fatto costitutivo della sua pretesa, cioè la mancanza della causa (autonoma organizzazione) che giustifica il prelievo fiscale (Cass. 3678/2007). A tale riguardo, il mezzo di censura condotto ai sensi dell’art. 360 co. 1 n.5 cod.proc.civ. permette di rilevare che, proprio con riguardo alle dichiarazioni fiscali, la C.T.R. ha fatto buon governo del principio di diritto indicato, restituendo al controllo impugnatorio una motivazione sufficiente, cioè esprimendo un chiaro giudizio di minimalità organizzativa riferibile al professionista, non contraddetto dalle plurime circostanze - mancanza di collaboratori o dipendenti, attività di pediatra per il SSN e modesto valore dei beni strumentali - per le quali possa invece e negativamente ipotizzarsi provato, al contrario, che il contribuente non versava, per il periodo in esame, nelle condizioni di mancanza di autonoma organizzazione.

Il quadro istruttorio emerso se da un lato conferma pertanto il principio per cui costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell'imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell'assenza delle predette condizioni (oltre alle citate, Cass. s.u. 12108/2009; 13095/2012), dall’altro enuncia il limite di una diversa interpretazione ove fondata - nel richiamo alla secondarietà dei supporti organizzativi e strumentali dell’attività del singolo professionista privo di collaboratori e con pochi mezzi organizzati - su un’inammissibile ulteriore presunzione di appartenenza in sé alla organizzazione autonoma, di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 446 del 1997, anche dell’attività del professionista che non si sia avvalso di lavoro dipendente e che, come tale, versi nelle condizioni di imponibilità dell’IRAP.

3. Come ricordato da recente arresto (Cass. 1662/2015), in tema di IRAP l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diversa dall'impresa commerciale costituisce, secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata fornita da Corte cost. con la sentenza n. 156 del 2001, presupposto dell'imposta soltanto qualora si tratti di attività autonomamente organizzata. Il significato della nozione di autonoma organizzazione - introdotta nella disciplina dell'IRAP dalla modifica dell'articolo 2 d.lgs. 446/97 recata dall'articolo 1 d.lgs. 137/98 - è stato individuato dalla Sezione Tributaria di questa Corte, a partire dalle sentenze n. 3672, 3673, 3674, 3675, 36736, 73677, 3678, 3679 e 3680 del 16 febbraio 2007, secondo un duplice approccio. In primo luogo, di tale nozione è stata fornita una definizione astratta, secondo formule variamente modulate, di cui le più significative: "organizzazione dotata di un minimo di autonomia che potenzi ed accresca la capacità produttiva del contribuente"; non, quindi, "un mero ausilio della attività personale, simile a quello di cui abitualmente dispongono anche soggetti esclusi dalla applicazione dell'IRAP" (sent. 3672/07); "un apparato esterno alla persona del professionista e distinto da lui, risultante dall'aggregazione di beni strumentali e/o di lavoro altrui" (sent. 3673/07); "un contesto organizzativo esterno anche minimo, derivante dall'impiego di capitali e/o di lavoro altrui, che potenzi l'attività intellettuale del singolo" vale a dire, una "struttura riferibile alla combinazione di fattori produttivi, funzionale all'attività del titolare" (sent. 3675/07); "uno o più elementi suscettibili di combinarsi con il lavoro dell'interessato, potenziandone le possibilità" "ovverosia un quid pluris che secondo il comune sentire, del quale il giudice di merito è portatore ed interprete, sia in grado di fornire un apprezzabile apporto al professionista" (sent. 3676/07): "una struttura organizzativa "esterna" del lavoro autonomo e cioè quel complesso di fattori dei quali il professionista si avvale e che per numero ed importanza sono suscettibili di creare valore aggiunto rispetto alla mera attività intellettuale supportata dagli strumenti indispensabili e di corredo al suo know-how." (3678/07).

In secondo luogo, le suddette formule astratte sono state riempite di significato concreto con un approccio empirico-induttivo, vale a dire mediante l'indicazione di talune circostanze di fatto valutate come di per se stesse idonee a manifestare la sussistenza del requisito impositivo dell'autonoma organizzazione. Tali circostanze sono state individuate, in molteplici pronunce della Sezione Tributaria, confermate anche dalle Sezioni Unite (sentt. 12108 e 12111 del 26.5.09), nel fatto che il contribuente non sia inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse (sia, cioè, il responsabile dell'organizzazione) e nel fatto che il contribuente impieghi beni strumentali eccedenti le quantità che, secondo l’id quod plerumque accidit, costituiscono nell'attualità il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività anche in assenza di organizzazione o, alternativamente, si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui. Nelle citate sentenze del 16 febbraio 2007 si è peraltro precisato che l'accertamento in concreto del requisito dell'autonoma organizzazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato.

Così sintetizzati gli approdi ermeneutici raggiunti da questa Corte, Cass. 1662/2015 ha proseguito osservando che mentre la definitone astratta della nozione normativa di autonoma organizzato" costituisce il risultato dell'individuazione del significato precettivo dell'articolo 2 d.lgs. 446/97 offerto dalla Corte nell'esercito della propria fanone nomofilattica, l'enumeratone dei "fatti indice" sopra mentonati si risolve nella definitone di criteri empiria volti ad orientare un accertamento in fatto che comunque pertiene al giudice di merito. Infatti, come precisato da Corte cost. nella sentenza n. 156/01, l'accertamento degli elementi di organizzazione "in mancanza di specifiche disposizioni normative, costituisce questione di mero fatto". Anche per la presente vicenda, il Collegio osserva che i "fatti indice" dedotti dalla difesa erariale a sostegno della censura (utilizzo di beni strumentali) in tanto manifestano il requisito impositivo dell'autonoma organizzazione in quanto risultino effettivamente idonei ad integrare "un contesto organizzativo esterno" rispetto all'operato del professionista (ossia forniscano al medesimo un apporto ulteriore rispetto alla personale attività di questi) e non si limitino a costituire un mero ausilio di tale attività, vale a dire una mera agevolazione delle relative modalità di svolgimento. Tale verifica va condotta - con riferimento all'utilizzo sia di beni strumentali che del lavoro altrui, nella fattispecie assente - in base al criterio dell'eccedenza rispetto al minimo indispensabile rispetto alla tipicità socio-economica della figura soggettiva e dell’attività prestazionale riconducibili al contribuente, così acquisendo sensatezza economico-organizzativa il limite altrimenti solo verbale dell'id quod plerumque accidit, dunque parametrando lo svolgimento di una determinata attività professionale e risolvendosi l’analisi degli elementi di capitale e lavoro altrui in una considerazione che spetta valutativamente al solo giudice di merito e può essere censurata in cassazione solo sotto il citato profilo del vizio motivazionale di cui al numero 5 dell’art. 360 co. 1 cod.proc.civ. e nei limiti di decisività ricordati. Ed invero, l’orientamento qui applicato ha rinvenuto ancor più recente conferma, in fattispecie del tutto simile, ove si è affermato che la sussistenza del requisito dell'autonoma organizzazione determina l'assoggettamento del lavoratore autonomo - (medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale - all'imposta, indipendentemente dai riflessi immediati che la stessa cagiona sull'entità del suo reddito, ma dovendo il giudice del merito accertare, in concreto, i presupposti della fattispecie impositiva, in considerazione della eventuale eccedenza, rispetto al minimo indispensabile per l'esercizio della professione, della dotazione dei mezzi strumentali a disposizione del professionista e delle specifiche modalità qualitative e quantitative delle prestazioni lavorative di cui egli si avvale. (Cass. 1542/2015). E ciò tanto più ove si consideri che, con indirizzo consolidato, questa Corte ha ribadito che la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio sanitario nazionale, di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell’art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di mediana generale, reso esecutivo con d.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, rientrando nell'ambito del "minimo indispensabile" per l’esercito dell'attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sé, in assenza di personale dipendente, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo. (Cass. 10240/2010, 1158/2012).

Pertanto il ricorso va rigettato, ai sensi di cui in motivazione, con compensazione integrale delle spese del presente procedimento, in ragione della solo progressiva affermazione dei principi di diritto qui applicati.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso, dichiara l’integrale compensazione fra le parti delle spese del procedimento di legittimità.