Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 24 giugno 2015, n. 13027

IVA - Rimborsi - Rimborsi annuali - Cessione del credito IVA - Cessione anteriore all’esposizione del credito nella dichiarazione annuale - Credito futuro - Diniego di rimborso - Illegittimo - Dichiarazione fiscale IVA - Dichiarazione di scienza - Esposizione del credito in dichiarazione - Non rileva - Notifica della cessione del credito - Obbligo

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 19 maggio 2009 la commissione tributaria regionale della Lombardia ha accolto l'appello proposto dall'Agenzia delle entrate nei confronti della Soc. F.F., cessionaria del credito per eccedenza dell'IVA maturata dalla fallita Soc. I.I. per l'anno d'imposta 2004, confermando il diniego di rimborso notificato nel 2007. In esso il fisco aveva ritenuto il credito non rimborsabile alla Soc. F.F. affermando: "La notifica delle cessione non è valida in quanto antecedente alla presentazione della dichiarazione. Inoltre l'importo è inferiore a quello chiesto a rimborso e si intende revocata vista la lettera del 13 luglio 2004".

1.1. Il primo giudice aveva accolto il ricorso delle cessionaria avendo ritenuto la cessione valida ed efficace. L'agenzia appellante, invece, ha sostenuto che, avendo la curatela fallimentare della contribuente ceduto il presunto credito fiscale prima della dichiarazione IVA, tale cessione non aveva prodotto alcun effetto nei confronti del fisco in quanto detto credito "al tempo non era né liquido né esigibile".

1.2. Il giudice d'appello, una volta accertato che la cessione del credito risaliva al 10 maggio 2004 e che la richiesta di rimborso era stata formalizzata con la prescritta modulistica solo il 9 marzo 2005, ha ritenuto che la cessione, in quanto operata dalla curatela a favore della Soc. F.F. per un credito tributario contestabile e accertabile dall'amministrazione solo dalla data di presentazione della dichiarazione fiscale, "non produce(va) effetti utili nei confronti dell'Agenzia delle entrate". Ha osservato, in proposito, che i termini di decadenza a carico dell'amministrazione finanziaria per il compimento di atti di rettifica e di accertamento non avrebbero potuto trovare ostacoli in atti di cessione di crediti senza la dovuta formalizzazione fiscale di questi, attesa la non rimborsabilità dell'IVA prima della precisazione del credito nella dichiarazione annuale. Ha aggiunto che l'effetto traslativo per il fisco si avrebbe solo dopo la presentazione della dichiarazione annuale, così rendendo improduttiva di effetti nei confronti dell'agenzia appellante l'anteriore cessione del credito fiscale vantato dalla contribuente.

2. Per la cassazione di tale decisione la Soc. F.F. propone ricorso affidato a unico motivo declinato per violazione di norme di diritto sostanziali (cod. civ., art. 1260 e 1264; r.d. 2440/1923, artt. 69 e 70; d.l. 70/1988, art. 5, comma 4-ter); l'Agenzia delle entrate non si difende con controricorso ma deposita "atto di costituzione" ai finì della sola partecipazione all'udienza pubblica di discussione. B.I., incorporante F.F., deposita memoria richiamando la favorevole risposta a interpello ottenuta ex art. 11 dello Statuto del contribuente, in fattispecie simile, il 25 novembre 2014.

 

Considerato in diritto

 

3. Con l'unico motivo di ricorso, corredato da idoneo quesito di diritto, la Soc. F.F. censura la sentenza d'appello laddove trascura (a) sia che i crediti fiscali, anche futuri, possono essere liberamente ceduti alla stregua della normativa civilistica e con l'osservanza delle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, (b) sia che l'amministrazione finanziaria è tutelata dalle garanzie, anche di procedimento, apprestate dal decreto di semplificazione tributaria del 1988. Osserva che, pertanto, é valido ed efficace il contratto di cessione di credito IVA, stipulato con la ricorrente dalla curatela fallimentare della contribuente prima della presentazione delle dichiarazione IVA a credito e della richiesta di rimborso di detto credito (con modello VR) da parte del curatore.

4. Il ricorso è fondato.

4.1. Com'è noto, possono essere oggetto di cessione anche crediti futuri (Sez. 3, Sentenza n. 1209 del 10/05/1966, Rv. 322427), bastando che, al momento della conclusione del negozio, sussista il rapporto giuridico di base dal quale possano trarre origine i detti crediti futuri, in modo che questi ultimi siano - se non determinati - almeno determinabili (Sez. 1, Sentenza n. 3421 del 02/08/1977, Rv. 386969). Rientra, dunque, nel concetto di credito futuro, suscettibile di cessione ai sensi dell'art. 1348 cod. civ., anche un credito semplicemente sperato, ossia meramente eventuale, senza che l'aleatorietà che in tal caso caratterizza il contratto di cessione ne comporti l'Invalidità essendo insita nella nozione di cosa futura, espressamente prevista come possibile oggetto di prestazione dal richiamato art. 1348 (Sez. 1, Sentenza n. 4040 del 11/05/1990, Rv. 467062).

4.2. Tanto premesso, si osserva che le dichiarazioni fiscali, enfatizzate dal giudice d'appello, non sono atti negoziali o dispositivi e, soprattutto, non costituiscono il titolo giuridico dell'obbligazione tributaria, di pagamento o di rimborso, ma sono esternazioni di scienza e di giudizio (Sez. 5. Sentenza n. 29738 del 19/12/2008, Rv. 606025). Dunque, ai fini della cessione di un credito IVA, non rileva tanto che esso sia esposto in una dichiarazione annuale già presentata, quanto l'esistenza di uno specifico rapporto giuridico fiscale. Esso è, nella specie, riconducibile alla posizione di soggetto d'imposta, pacificamente rivestita, ai fini dell'IVA, dalla società di capitali cedente, rientrando il relativo credito fiscale, futuro o semplicemente sperato, nella normale dinamica contrattuale su oggetto determinabile in esito alle normali procedure tributarie. Peraltro, è noto che la natura consensuale del contratto di cessione di credito comporta che esso si perfeziona per effetto del solo consenso dei contraenti, cedente e cessionario, ma non comporta, altresì, che al perfezionamento del contratto consegua sempre il trasferimento immediato del credito dal cedente al cessionario (Sez. 1, Sentenza n. 184 del 10/01/1966, Rv. 320352). Così, nel caso in cui oggetto del contratto di cessione sia un credito futuro, il trasferimento del credito dal cedente al cessionario si verifica soltanto nel momento in cui il credito viene ad esistenza, prima di allora il contratto, pur essendo perfetto, esplica efficacia meramente obbligatoria (conf. Sez. 1, Sentenza n. 3099 del 17/03/1995, Rv. 491224, e Sez. 3, Sentenza n. 8333 del 19/06/2001, Rv. 547576).

4.3. In siffatta prospettiva la cessione del credito IVA, vantato dalla curatela fallimentare ma non ancora esposto in dichiarazione, non può che seguire le ordinarie regole del codice civile (artt. 1260, 1264, 1348), a parte l'osservanza delle peculiari disposizioni sulla contabilità generale dello Stato. Queste ultime, infatti, si limitano a prevedere che "le cessioni..., nei casi in cui sono ammesse delle leggi, debbono essere notificate all'amministrazione centrale ovvero all'ente, ufficio o funzionario cui spetta il pagamento" e "debbono indicare il titolo e l'oggetto del credito verso la Stato, che si intende ... cedere" (r.d. 2440/1923, art. 69 e 70).

4.5. Inoltre, nel caso specifico di cessione del credito IVA restano sempre ferme le disposizioni relative al controllo delle dichiarazioni, delle relative rettifiche e all'irrogazione delle sanzioni nei confronti del cedente il credito e alle eventuali garanzie di ripetizione a carico del cessionario (d.l. 70/1988, art. 5, comma 4-ter). Ne deriva che, un volta osservati gli adempimenti formali richiesti dalle regole di contabilità generale dello Stato, la cessione di credito "futuro" produce nei confronti del fisco i medesimi effetti previsti dalla normativa civilistica, ossia l'efficacia obbligatoria di detta cessione mentre il conseguente trasferimento del credito si verifica esclusivamente quando il credito fiscale stesso viene ad esistenza, senza che possa essere considerata causa ostativa all'efficacia dell'atto di cessione il fatto che il credito (quantificabile) non sia ancora stato chiesto a rimborso nella dichiarazione annuale al momento dell'atto di cessione, dato che tale circostanza comporta soltanto il rinvio del pieno operare degli effetti della cessione al momento in cui il credito viene cristallizzarsi definitivamente secondo le norme tributarie.

5. Tirando le fila del discorso, la sentenza d'appello, che non si attenuta ai superiori principi di diritto, deve essere cassata con rinvio alla commissione tributaria regionale della Lombardia che, in diversa composizione, deciderà la causa attendendosi ai canoni giuridici sopra enunciati e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e cassa la sentenza d'appello con rinvio alla commissione tributaria regionale della Lombardia che, in diversa composizione, regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.