Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 luglio 2015, n. 13510

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Effetti - Sugli atti pregiudizievoli ai creditori - Azione revocatoria fallimentare - Atti a titolo oneroso, pagamenti e garanzie - In genere - Castelletto di sconto e fido per smobilizzo crediti - Nozione - Differenze rispetto all'apertura di credito - Facoltà del cliente di disporre con immediatezza di una somma di danaro - Influenza del fido sulla copertura del conto corrente bancario - Esclusione - Carattere solutorio delle rimesse effettuate dal cliente poi fallito - Configurabilità - Collegamento di fatto tra le due linee di credito - Rilevanza - Esclusione

 

Ritenuto che, con citazione del 20 gennaio 2001, il Fallimento della s.a.s. E.D.M. di M. D.M. & C. e del socio accomandatario M. D.M. in proprio - dichiarato dal Tribunale di Salerno con sentenza n. 133/97 del 20 ottobre 1997 - convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Salerno la soc. coop. a r.l. B.S.-Credito cooperativo, per sentir dichiarare, ai sensi dell'art. 67, secondo comma, della legge fallimentare, l'inefficacia delle rimesse, effettuate sul conto corrente n. 7967, intestato alla predetta Società, per l'importo di € 296.386,60, nonché delle rimesse effettuate sul conto corrente n. 8056, intestato a M. D.M., per l'importo di € 130.659,93, relativamente al "periodo sospetto" dal 20 ottobre 1996 al 20 ottobre 1997, con conseguente condanna dalla convenuta alla restituzione delle somme predette;

- che, costituitasi, la B.S. - Credito cooperativo chiese la reiezione delle domande in relazione sia alla natura delle operazioni, di carattere ripristinatorio di fidi concessi, sia alla non conoscenza dello stato di insolvenza della Società;

- che il Tribunale adito, con sentenza n. 670/05 del 15 aprile 2005, accolse le domande del Fallimento;

- che, a seguito di appello principale della Banca di Salerno-Credito cooperativo - cui resistette il Fallimento, il quale propose anche appello incidentale - la Corte d'Appello di Salerno, con la sentenza n. 930/08 del 22 ottobre 2008, tra l'altro, ha rigettato l'appello principale;

- che in particolare, per quanto in questa sede rileva, la Corte: a) quanto alla scientia decoctionis da parte della Banca ed alla sua prova, ha affermato che: - alle date del periodo sospetto (dal 20 ottobre 1996 al 20 ottobre 1997) dal certificato della Conservatoria dei registri immobiliari risultavano iscritte, a carico della Società e del D.M., almeno nove ipoteche convenzionali, dal che «si evince che sia la società che il socio accomandatario avevano una rilevante esposizione debitoria nei confronti di diverse banche e che gran parte del loro patrimonio immobiliare era vincolato a garanzia dei suddetti crediti»; - sia il conto corrente intestato alla Società, sia quello intestato al D.M. erano, durante il periodo sospetto, costantemente in passivo e spesso scoperti anche per somme considerevoli, talora fino a £. 90-100.000.000 il conto della Società e a £. 40.0. 000 quello del D.M.; - con missiva del 13 maggio 1997, la Banca aveva revocato, con effetto immediato, tutte le linee di credito, invitando i debitori a provvedere entro un giorno al "rientro", dal che «è possibile rilevare come la revoca dei fidi sia stata decisa in relazione all'irregolare andamento dei conti correnti, che comprovava la grave situazione di illiquidità dell'impresa e l’impossibilità della stessa di adempiere, regolarmente e con mezzi normali, le proprie obbligazioni, circostanze dalle quali era lecito desumere lo stato di insolvenza della correntista ai sensi dell'art. 5 della legge fallimentare»; - in data 27 maggio 1997, la Banca aveva promosso due procedimenti monitori nei confronti della Società e del D.M., con richiesta di provvisoria esecuzione motivata con la «circostanza che il credito è fondato, tra l'altro, su cambiali protestate e dall'esistenza di numerosi atti pregiudizievoli rilevati in danno dei debitori [....] Tale dizione, che presuppone una approfondita e pregressa conoscenza della precarietà della situazione economica della società (conoscenza senz'altro acquisibile in un arco di tempo che non può essere ridotto a pochi giorni) è indice della piena e sedimentata consapevolezza da parte della Banca dello stato di insolvenza che, di lì a poco, avrebbe provocato la declaratoria di fallimento»; - nelle date del 12 giugno, 2 luglio e 1° ottobre 1997 erano stati trascritti diversi pignoramenti immobiliari; in data 28 luglio 1997, era stata iscritta ipoteca giudiziale sulla base di un decreto ingiuntivo ottenuto dall'Istituto San Paolo di Torino; nelle date del 5 maggio, 4 giugno e 2 luglio 1997 erano stati levati numerosi protesti; nelle date del 14 maggio e 5 settembre 1997, erano state presentate due istanze di fallimento per due crediti, rispettivamente, di £. 250.0. 000 e di £. 294.575.023: al riguardo, «La Corte è ben consapevole che gli atti per ultimo esaminati sono tutti coevi ovvero temporalmente successivi alla revoca dei fidi da parte dell' appellante, ma osserva che la concentrazione di atti (che in genere per la loro complessità richiedono un lavoro preparatorio non indifferente) in un periodo cosi ristretto, lascia supporre una consapevolezza della crisi della società da parte di tutti gli operatori coinvolti senz'altro anteriore e retrodatatile, quantomeno, a diversi mesi prima. Occorre al riguardo considerare l'ambito territoriale estremamente ristretto (la città di Salerno) in cui si sono mossi tutti i soggetti della presente vicenda processuale e la notorietà della figura imprenditoriale del D.M., le cui attività hanno talora interessato anche la cronaca giornalistica locale»; - non vale a provare la inscientia decoctionis della Banca la circostanza che questa, in data 23 dicembre 1996, abbia rinnovato i fidi ampliando a £. 130.0. 000 lo scoperto di conto corrente ed a £. 20.0. 000 lo sconto portafoglio, in quanto «l'ampliamento del fido, in via temporanea e per sole £. 30.000.000, significativamente concesso "in via personale" al solo socio accomandatario [....] non implica l'inscientia decoctionis, stante la pluralità degli elementi di fatto in senso contrario sopra esaminati, ma va probabilmente letto come estremo tentativo di evitare il tracollo, che di lì a poco si sarebbe inevitabilmente verificato»; b) quanto alla natura "solutoria" delle rimesse revocande - dopo aver premesso che: 1) costituisce orientamento consolidato e condiviso della Corte di cassazione quello secondo cui l'esistenza di un fido - concesso dalla banca - per lo sconto di titoli di credito non può far ritenere coperto un conto corrente bancario, né può far escludere, ai fini dell'esercizio dell'azione revocatoria, il carattere solutorio delle rimesse effettuate su tale conto dal cliente, poi fallito, se nel corso del rapporto il correntista abbia sconfinato dal limite di affidamento concessogli con il diverso contratto di apertura di credito, attesa la diversità strutturale tra il contratto di apertura di credito ed il cosiddetto "castelletto di sconto" (viene richiamata, tra le altre, la sentenza n. 3396 del 2003); 2) il consulente tecnico d'ufficio nominato in primo grado ha «concluso che il fido per scoperto di conto corrente ed eventuale elasticità di cassa alla società E.D.M. s.a.s. sul c/c n. 1961 era pari a £. 100.000.000 per tutto il periodo sospetto; il fido per scoperto di conto corrente ed eventuale elasticità di cassa al signor D.M. sul c/c n. 8056 era pari a £. 100.0. 000 dal 20.10.1996 al 22.12.1996, a £. 130.000.000 dal 22.12.1996 al 28.04.1997, a £. 100.000.000 dal 28.04.1997 alla revoca» -, ha affermato: «Partendo da tale premessa e sulla base dei calcoli elaborati nelle tabelle, allegate alla relazione (calcoli che non sono stati oggetto di alcuna contestazione da parte dell'appellante), il C.T.U. ha accertato che il movimenti revocabili ammontano a complessive £. 651.226.906, pari a Euro 336.340,00, di cui £. 493.336.138 sul conto 7967 e £. 157.860.768 sul conto 8056» ;

- che avverso tale sentenza la soc. coop. a r.l. B.S.-Credito cooperativo ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura, illustrati con memoria;

- che resiste, con controricorso, il Fallimento della s.a.s. E.D.M. di M. D.M. & C. e del socio accomandatario M. D.M. in proprio;

- che, all'esito dell'odierna udienza di discussione, il Procuratore generale ha concluso per l'accoglimento del primo motivo e per il rigetto del secondo.

Considerato che, con il primo motivo (con cui deduce: «Contraddittorietà - per incoerenza ed illogicità - e insufficienza della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio - art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.»), la ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Ritenuto, lettera a), sostenendo che: a) gli elementi, considerati dai Giudici a quibus per affermare la scientia decoctionis in capo alla Banca ricorrente, sono tutti coevi o successivi alla data dell'ultima operazione (10 aprile 1997), non riconducibili ad iniziative assunte dalla stessa Banca ma a soggetti terzi e, comunque, privi dei caratteri di gravità, precisione e concordanza richiesti dall'art. 2729 cod. civ.; b) i mutui fondiari sono tipici di un'impresa edilizia e sono indice di vitalità ed operatività, non di indebitamento anomalo, della stessa; c) posto che le rimesse revocate sono state effettuate nel periodo dal 20 ottobre 1996 al 10 aprile 1997, la presunzione della scientia decoctionis avrebbe potuto essere legittimamente affermata soltanto successivamente, cioè dalla data della revoca degli affidamenti (13 maggio 1997) o dai giorni immediatamente precedenti;

- che, con il secondo motivo (con cui deduce: «Violazione e falsa applicazione di norme di diritto: art. 67, secondo comma, L.F., in relazione agli artt. 1842, 1843 e 1858 c.c. - art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c.»), la ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Ritenuto, lettera b), sostenendo che deve escludersi il carattere solutorio delle rimesse in questione nel caso - quale quello di specie - in cui nel corso del rapporto il cliente abbia sconfinato dal limite di affidamento concessogli con l'apertura di credito ma non da quello cumulativamente concessogli con l'apertura di credito e con il fido per castelletto di sconto;

- che il ricorso, complessivamente considerato, non merita accoglimento;

- che, quanto al primo motivo, lo stesso è inammissibile;

- che, al riguardo, deve premettersi che, secondo il costante orientamento di questa Corte, in tema di revocatoria fallimentare ai sensi dell'art. 67, secondo comma, legge fall., la conoscenza dello stato di insolvenza dell'imprenditore da parte del terzo contraente - che deve essere effettiva e non meramente potenziale - può essere provata dal curatore, sul quale incombe il relativo onere probatorio, tramite presunzioni gravi, precise e concordanti e che la scelta degli elementi di fatto che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l'esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (cfr., ex plurimis, le sentenze n. 3336 del 2015 e n. 25379 del 2013);

- che a fronte delle critiche svolte dalla ricorrente con il motivo in esame (e prima ancora nel giudizio a quo), deve osservarsi che i Giudici a quibus - al termine della puntuale elencazione di tutti gli elementi probatori sui quali hanno fondato il loro convincimento sulla sussistenza della scientia decoctionis in capo alla stessa ricorrente (cfr., supra, Ritenuto, lettera a) - hanno testualmente affermato: «La Corte è ben consapevole che gli atti per ultimo esaminati sono tutti coevi ovvero temporalmente successivi alla revoca dei fidi da parte dell'appellante, ma osserva che la concentrazione di atti (che in genere per la loro complessità richiedono un lavoro preparatorio non indifferente) in un periodo così ristretto, lascia supporre una consapevolezza della crisi della società da parte di tutti gli operatori coinvolti senz'altro anteriore e retrodatabile, quantomeno, a diversi mesi prima. Occorre al riguardo considerare l'ambito territoriale estremamente ristretto (la città di Salerno) in cui si sono mossi tutti i soggetti della presente vicenda processuale e la notorietà della figura imprenditoriale del D.M., le cui attività hanno talora interessato anche la cronaca giornalistica locale»;

- che - anche a prescindere da consistenti profili di inidoneità del "momento di sintesi" formulato a conclusione del motivo in esame e dal rilievo che questo è volto sostanzialmente a provocare una nuova valutazione di merito da parte di questa Corte - manca, a ben vedere, una precisa critica al nucleo fondamentale del giudizio presuntivo effettuato dalla Corte salernitana - laddove tale giudizio è fondato su un oggettivo dato temporale («concentrazione di atti (che in genere per la loro complessità richiedono un lavoro preparatorio non indifferente) in un periodo così ristretto», accompagnato dal rilievo, ritenuto di comune esperienza giuridica, che tali atti «in genere per la loro complessità richiedono un lavoro preparatorio non indifferente» (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 16993 del 2007), dai quali è inferita l'effettiva conoscenza dello stato di insolvenza da parte della Banca («[tale concentrazione temporale di atti] lascia supporre una consapevolezza della crisi della società da parte di tutti gli operatori coinvolti senz'altro anteriore e retrodatatile, quantomeno, a diversi mesi prima») la ricorrente, infatti, si limita a negare - peraltro in modo non. sufficientemente specifico - la gravità, la precisione e la concordanza degli indizi partitamente esaminati e valutati dai Giudici dell'appello, senza censurare tuttavia - giusta o errata che sia - la predetta valutazione globale sia degli atti strettamente rilevanti, ratione temporis, per provare detta conoscenza, sia degli atti «coevi ovvero temporalmente successivi alla revoca dei fidi» da parte della Banca;

- che, quanto al secondo motivo, lo stesso è infondato;

- che, al riguardo, è sufficiente ribadire il costante orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di revocatoria fallimentare, la necessità di considerare sussistente la cosiddetta copertura dì un conto corrente bancario non si dà nel caso di "castelletto dì sconto" o fido per smobilizzo crediti, i quali non attribuiscono al cliente della banca - a differenza del contratto di apertura di credito - la facoltà di disporre con immediatezza di una determinata somma di danaro, ma sono esclusivamente fonte, per l'istituto di credito, dell'obbligo di accettazione per lo sconto, entro un predeterminato ammontare, dei titoli che l'affidato presenterà, con la conseguenza che l'esistenza di un fido per lo sconto di cambiali non può far ritenere coperto un conto corrente bancario, né può far escludere, ai fini dell'esercizio dell'azione predetta, il carattere solutorio delle rimesse effettuate su tale conto dal cliente, poi fallito, se nel corso del rapporto il correntista abbia sconfinato dal limite di affidamento concessogli con il diverso contratto di apertura di credito, e con l'ulteriore conseguenza che tale distinzione non viene meno se tra le due linee di credito sia stabilito un collegamento di fatto, nel senso che i ricavi conseguiti attraverso sconti e anticipazioni siano destinati a confluire nel conto corrente di corrispondenza che riflette l'apertura di credito, trattandosi di meccanismo interno di alimentazione di tale conto attraverso le rimesse provenienti dalle singole operazioni di smobilizzo crediti, alla stregua di qualunque altra rimessa di diversa provenienza (cfr., ex plurimis, le sentenze nn. 7451 del 2008, 17747 del 2009, 16560 del 2010);

- che nella specie, come emerge chiaramente dalla motivazione della sentenza impugnata dianzi riprodotta, i Giudici a quibus hanno affermato il carattere solutorio delle rimesse effettuate sui due distinti conti correnti bancari della Società e del socio accomandatario falliti, accertando, secondo i calcoli del consulente tecnico d'ufficio - «[....] (calcoli che non sono stati oggetto di alcuna contestazione da parte dell'appellante [Banca] ) [....]» - che nel periodo sospetto entrambi i correntisti hanno sconfinato dai limiti di affidamento loro concesso in forza dei rispettivi contratti di apertura di credito;

che le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate nel dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in complessivi € 11.200,00, ivi compresi € 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge, oltre alle spese forfetarie.