Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 luglio 2015, n. 31628

Tributi - Reati fiscali - Frode fiscale - Imprenditore - Sequestro preventivo - Confisca - Beni - Deducibilità costi delle operazioni soggettivamente inesistenti - Inerenza - Sussiste

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con ordinanza del 21 febbraio 2014 il Tribunale di Napoli - Sezione per il Riesame - pronunciandosi sulla richiesta di riesame avanzata nell'interesse di L.A. avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Nola in data 16 gennaio 2014 confermava il detto provvedimento.

2. Ricorre per la cassazione di tale provvedimento L.A. a mezzo del proprio difensore di fiducia deducendo: a) nullità dell'ordinanza per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale (art. 2 del D. Lgs. 74/00), per avere il Tribunale del Riesame confermato il provvedimento ablativo anche con riferimento agli importi dell'IRAP e delle Addizionali regionali e comunali dell'IRPEF che, a dire della difesa, andavano invece esclusi dall'ammontare dell'imposta evasa, in quanto il D. Lgs. 74/00 contempla quali violazioni di carattere tributario penalmente rilevanti quelle concernenti evasioni dell'imposta IRPSF, IRES ed IVA.; b) nullità dell'ordinanza per inosservanza della legge penale in relazione all'art. 14 comma 4 bis della l. 537/93 come modificato dall'art. 8 comma 1 del D.L. 2.3.2012 n. 16 e dell'art. 322 ter cod, pen.; secondo la difesa andavano dedotti dall'ammontare delle imposte evase tutti i costi relativi a beni indicati nelle fatture, per operazioni soggettivamente inesistenti e richiama, al riguardo, la relazione governativa al suddetto Decreto Legge nonché la circolare dell'A.D.E. n. 32 del 3 agosto 2012; c) inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale penale (art. 321 cod. proc. pen.) con specifico riferimento alla omessa valutazione da parte del Tribunale del Riesame della documentazione acquisita nel corso delle indagini preliminari e, in particolare, l'omesso esame dei rapporti intercorrenti tra la società F.S. e le altre società (rapporti, peraltro, effettivamente sussistenti), in quanto il Tribunale si sarebbe limitato ad un mero richiamo delle considerazioni svolte dal G.I.P. ripetendo gli stessi errori di valutazione commessi dal primo giudice.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso appare parzialmente fondato nei termini e limiti che seguono. Va premesso in punto di fatto che il L. risulta indagato per i reati di cui agli artt. 2, 3, 4 e 8 del D. Lgs. 74/00. Secondo la prospettazione accusatoria contenuta nella imputazione provvisoria il L. si sarebbe reso responsabile dei predetti reati nella sua qualità di legale rappresentante della società F.S. s.a.s. con sede in Palma Campania, in riferimento alle dichiarazioni fiscali concernenti gli anni di imposta 2007, 2008, 2009 e 2010, per una evasione di imposta complessiva calcolata in € 6.962.676 e riferita ad evasioni IRPEF, Addizionali regionali e comunali IRPEF ed IRAP: il provvedimento cautelare riguarda beni di pertinenza personale del L.

1.1 Quale premessa per una corretta disamina dei contenuti dell'ordinanza impugnata, va osservato che il Tribunale, dopo aver riepilogato le vicende salienti riguardanti la società F.S. s.a.s. ed i rapporti intercorrenti con numerose società operanti, almeno in apparenza, nel settore di pertinenza della predetta società (R.F.; G. s.a.s.; C. s.r.l.; C.M. s.r.l., L.M. S.R.L. R.T.; M.M. s.r.l.; M.P. s.p.a.) ha compiuto una disamina accurata, sulla scorta di quanto rappresentato dalla Guardia di Finanza e poi recepito dal G.I.P. nel proprio provvedimento cautelare, evidenziando l'esistenza del fumus criminis relativo a tutti i reati della contestazione provvisoria. Più in particolare, sono state evidenziate le emissioni di fatture per operazioni inesistenti in riferimento alla struttura fantasma delle società di volta in volta entrate in rapporti con la F.S. s.a.s. e sono state evidenziate anche le gravi evasioni fiscali commesse negli anni fiscali di riferimento. Il provvedimento cautelare ha tratto spunto dal computo delle imposte evase come effettuato dai consulenti tecnici del Pubblico Ministero cui è corrisposto il sequestro di somme di pertinenza del L. fino alla concorrenza dell'ammontare delle imposte evase.

1.2 Date queste premesse, va anche ricordato che in tema di ricorsi afferenti alla materia del provvedimento cautelare reale, la giurisprudenza di questa Suprema Corte, anche a Sezioni Unite, ha più volte ribadito come in tale nozione debbano ricomprendersi oltre ai tradizionali "errores in judicando" o "in procedendo", anche quei vizi della motivazione cos) radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante ovvero privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, dunque, inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (v. tra le tante, Sez. 6A 10.1.2013 n. 6589, Gabriele, Rv. 254893; Sez. SA 13.10.2009 n. 43068, Bosi, Rv. 245093; S.U. 29.5.2008 n. 35932, Ivanov, Rv. 239692): tali essendo i limiti che incontra il ricorso avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale del Riesame in materia di provvedimenti di natura cautelare reale, osserva il Collegio che il primo motivo è sostanzialmente fondato per le ragioni che seguono.

1.3 La difesa del ricorrente nella propria memoria depositata dinnanzi al Tribunale del Riesame in data 21 febbraio 2014 aveva evidenziato una pretesa Illegittimità del provvedimento ablativo in riferimento alla ricomprensione nell'ammontare delle imposte evase (prodromico al provvedimento di sequestro) degli importi per evasioni IRAP e Addizionali Regionali e Comunali IRPEF, sostenendo la tesi che tali evasioni non acquistano valenza penale in quanto non previste dal D.Lgs. 74/00.

1.4 Investito della questione, il Tribunale non ha fornito risposta alcuna a tali censure incorrendo così nel vizio di omessa motivazione integrante quella violazione di legge deducibile in sede di legittimità in materia di provvedimenti cautelari di natura reale. Tanto più il dedotto vizio è evidente in relazione alla circostanza che le censure formulate dalla difesa sottolineavano la non ricomprensibilità di tali imposte tra quelle la cui evasione assumeva valenza penale che necessita quindi di una risposta specifica da parte del Tribunale.

2. Con riferimento, Invece, ai rimanenti motivi, il ricorso non è fondato. Le censure formulate, infatti, ripropongono un tema - la inosservanza della norma di cui all'art. 14 comma 4 bis della L. 537/93 come modificato dall'art. 8 comma 1 del D.L. 16/12 - affrontato specificamente dal Tribunale che lo ha risolto in termini giuridicamente corretti. Il profilo dedotto attiene alla deducibilità dei costi per operazioni soggettivamente inesistenti, che inciderebbe sull’ammontare complessivo dell'imposta evasa con ovvie ricadute sui provvedimento cautelare.

2.2 La questione relativa all'interpretazione della norma tributaria suddetta non è nuova in quanto già all'esame di questa Corte Suprema Sezione Civile Tributaria. Va ricordato, in proposito, che tale norma è stata modificata dall'art. 8 comma 1 del D.L. 2 marzo 2012, n. 16, secondo il quale "Nella determinazione dei redditi di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917, art. 6, comma 1, non sono ammessi in deduzione i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo per il quale il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale. Qualora intervenga una sentenza definitiva di assoluzione compete il rimborso delle maggiori imposte versate in relazione alla non ammissibilità in deduzione prevista dal periodo precedente e dei relativi interessi".

2.3 A norma del successivo comma 3 è poi previsto che "Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in luogo di quanto disposto dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 14, comma 4-bis, previgente, anche per fatti, atti o attività posti in essere prima dell’entrata in vigore degli stessi commi 1 e 2, ove più favorevoli, tenuto conto anche degli effetti in termini di imposte o maggiori imposte dovute, salvo che i provvedimenti emessi in base al comma 4- bis previgente non si siano resi definitivi; resta ferma l'applicabilità delle previsioni di cui al periodo precedente ed ai commi 1 e 2 anche per la determinazione del valore della produzione netta ai fini dell'imposta regionale sulle attività produttive".

2.4 La difesa richiama (in parte) la relazione al disegno di legge di conversione del decreto nella quale viene, però, chiarito (in altra parte non menzionata dalla difesa) quale fosse l'intento del legislatore individuabile in quello di "inibire in modo inequivoco la deducibilità dei componenti negativi di reddito direttamente connessi al compimento delle fattispecie di reato più gravi, evitando che tale indeducibilità possa essere letta come una sanzione impropria, venendo invece la stessa inquadrata come regola generale nell'ambito della determinazione del reddito imponibile".

2.5 Decisivo, però, in riferimento al tema in esame appare altro passo della relazione in cui si afferma che "Per effetto di questa disposizione, l'indeducibllità non trova applicazione per i costi e le spese esposti in fatture o altri documenti aventi analogo rilievo probatorio che riferiscono l'operazione a soggetti diversi da quelli effettivi, ferme restando le regole generali in materia di detrazione della relativa imposta sul valore aggiunto di cui aI D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e in tema di deduzione previste dal testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917; pertanto, ove del caso, l'indeducibilità dei costi rappresentati in documenti emessi da soggetti che in tutto o in parte non hanno effettivamente posto in essere l'operazione, sarà, comunque, rilevabile per effetto delle altre disposizioni normative eventualmente applicabili e connesse ai requisiti generali di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità dei componenti negativi".

2.6 Ciò significa che ai soggetti terzi coinvolti nelle cd. "frodi carosello" legate a società fantasma o cartiere, non è più contestabile, alla luce della nuova norma, la deducibilità dei costi, in quanto i beni acquistati non sono stati utilizzati direttamente per commettere il reato ma, nella maggior parte dei casi, per essere commercializzati. Sicché non è più sufficiente il coinvolgimene (anche consapevole) dell'acquirente in operazioni che siano fatturate da soggetto diverso dall’effettivo venditore perché non siano deducibili, ai finì delle imposte sui redditi, i costì relative alle predette operazioni.

2.7 Sulla base di tali considerazioni la giurisprudenza tributaria di legittimità ha affermato il principio di diritto - applicabile nella specie - secondo il quale "In tema di imposte sui redditi, a norma della n. 537 del 1993, art. 14, comma 4-bls, nella formulazione introdotta con il D.L. n. 16 del 2012, art. 8, comma 1, sono deducibili per l'acquirente dei beni i costi delle operazioni soggettivamente inesistenti, per il solo fatto che essi sono sostenuti nel quadro di una c.d. "frode carosello", anche per l'ipotesi che l'acquirente sia consapevole del carattere fraudolento delle operazioni, salvo che si tratti di costi che a norma del TUIR siano in contrasto con I principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità" (Cass. Civ. Sez. 5A 13.3.2012 n. 10167).

2.8 Conseguentemente, come sottolineato dal Tribunale del Riesame, se è vero che per effetto della normativa sopra richiamata sia prevista e consentita la deducibilità dei costi relativamente ad operazioni soggettivamente inesistenti (come quelle poste in essere tra la F.S. s.a.s e le società R.T., G. s.a.s; L.M. s.r.l. e O. s.r.l.) è del pari escluso, alla luce del principio di diritto sopra enunciato e della lettura coordinata del testo normativo e della relazione governativa, che tale deducibilità possa essere consentita quando si verta in ipotesi di costi che a norma del T.U.I.R. risultino in contrasto con i principi di effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità.

2.9 L'ultima parte del principio affermato dalla giurisprudenza citata riflette il pensiero del legislatore e costituisce una sorta di limite invalicabile oltre il quale non è consentita quell'operazione di deduzione di costi altrimenti ammissibile. Non entra quindi in gioco la natura soggettiva o meno - dell'operazione di emissione di fatture per operazioni inesistenti, quanto il principio generale della "effettività, inerenza, competenza, certezza, determinatezza o determinabilità" che, se superato, inibisce l'operazione deduttiva; ne consegue che occorre verificare in concreto e nei limiti, comunque, degli elementi probatori a disposizione del Tribunale, il rispetto, o meno, di tali limiti raffrontandoli alle operazioni fiscali compiute dalla società.

2.10 Detti criteri sono stati effettivamente osservati dal Tribunale sulla base di una disamina della contabilità aziendale della F.S. s.p.a. (in particolare le annotazione sui registri di carico e scarico merci) che evidenziava in modo palese l'esistenza di costi in nero.

2.11 Ma va anche ricordato che il tema della incidenza dell'art. 8 del D.L. 16/2012 sul reato di dichiarazione dei redditi mediante uso di fatture per operazioni inesistenti è stato affrontato dalle Sezioni Penali di questa Corte Suprema che hanno ripetutamente affermato il principio secondo II quale "In tema di reati tributari, l'art. 8 D.L. n. 16 del 2012, conv. in I. n. 44 del 2012, che ha modificato l'art. 14, comma quarto - bis, I. n. 537 del 1993 indica una regola valida per le sole procedure di accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi che non ha, invece, alcuna incidenza sulle condotte di dichiarazione fraudolenta punite dall'art. 2 d.lgs n. 74 del 2000." Sez. 3A 24.4.2013 n. 41694, Scocca, Rv. 257354 in cui la Corte ha escluso che l’art. 8 D.L. citato consentisse di dedurre i costi e le spese dei beni o delle prestazioni di servizio utilizzate per il compimento del reato anche in funzione di ridurre l’importo del sequestro preventivo per equivalente, disposto con riferimento al delitto di cui all'art. 2 D. Lgs n. 74 del 2000; v. anche Sez. 3A 4.4.2012 n. 40559, Agenzia delle Entrate e altri; più di recente Sez. 3A 17.10.2013 n. 47471, Tormenti, Rv. 258377, in cui la Corte ha precisato che la disposizione di cui all'art. 14, comma 4 bis della L. n. 537 del 1993, come modificato dal menzionato art. 8 del D.L. 16/12 non ha depenalizzato la condotta di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti in quanto essa, nel prevedere l'indeducibilità dei soli componenti negativi relativi a beni o servizi direttamente utilizzati per il compimento di delitti non colposi, si limita a stabilire una regola per le procedure dì accertamento tributario ai fini delle imposte sui redditi, ma non implica la deducibilità di costi e spese esposti in fatture riferite a soggetti diversi da quelli effettivi.

2.12 Ciò consente di escludere che nel caso in esame ci si trovi in presenza di una violazione di legge conseguente alla mancata applicazione della norma di cui al ricordato D.L. 16/12 in quanto con tale norma il legislatore ha inteso ridurre l'ambito dei componenti negativi del reddito in qualche misura collegati ad illeciti penali e non ammessi in deduzione nella determinazione del reddito tassabile di cui all’art. 6 del T.U.I.R. limitandolo ai soli "costi e ... spese dei beni o delle prestazioni di servizio direttamente utilizzati per il compimento di atti o attività qualificabili come delitto non colposo", in relazione al quale delitto "il pubblico ministero abbia esercitato l'azione penale o, comunque, ... il giudice abbia emesso il decreto che dispone il giudizio ai sensi dell'art. 424 c.p.p., ovvero sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell'articolo 425 dello stesso codice fondata sulla sussistenza della causa di estinzione del reato prevista dall'art. 157 c.p....".

2.13 Reputa quindi il Collegio che sia corretta l'interpretazione della suddetta disposizione nel senso che sono indeducibili i costi comunque "riconducibili" alla condotta criminosa. Ne consegue che i costi sostenuti per la realizzazione di una frode essendo essi stessi lo strumento per realizzare l'evasione di imposta, sono indeducibili e l’intervento legislativo, attuato con il D.L. n. 16 del 2012, convertito con modificazioni dalla L. 26 aprile 2012, n. 144, non ha alcuna incidenza sulle fattispecie in esame.

2.14 La conclusione cui è pervenuto il Tribunale, impugnata dalla difesa, oltre a profilarsi corretta sotto il profilo della interpretazione della norma che si assume essere stata violata, porta ad escludere che nella specie sia ravvisabile un vizio di motivazione in termini di apparenza (unica tipologia di vizio deducibile in relazione alla natura del provvedimento ablativo), sicché il ricorso, sul punto, va rigettato.

3. E', invece, inammissibile il terzo motivo posto che le censure sollevate attengono al vizio di motivazione sotto il profilo della sua inadeguatezza e incomprensibilità, ribadendosi, al riguardo, i limiti che caratterizzano il ricorso avverso il provvedimento cautelare di natura reale in sede di legittimità: affermare, infatti, da parte del ricorrente,che "nell'affrontare i rapporti tra la F.S. e le diverse società, il Tribunale si limita a affermare, in maniera davvero sintetica a discapito anche della comprensione di chi legge, gli stessi punti affrontati già dall'organo inquirente" si risolve in una censura sulla completezza e logicità della motivazione non consentita in questa sede.

4. Rileva, ancora, il Collegio che in altra parte del motivo la difesa indulge su rilievi in fatto (come la interpretazione da conferire alle operazioni commerciali intercorrenti tra la F.S. s.a.s. e la O. s.r.l. nel contesto di usuali prassi commerciali), anche in questo caso improponibili in sede di legittimità.

5. In conclusione il ricorso va annullato con rinvio al Tribunale di Napoli limitatamente al computo del profitto che il Tribunale stesso rivaluterà in tale sede alla stregua dei principi esposti da questa Corte, mentre nel resto il ricorso medesimo va rigettato.

 

P.Q.M.

 

Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli limitatamente al computo del profitto. Rigetta il ricorso nel resto.