Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 luglio 2015, n. 15258

Tributi - Avviso di accertamento - Notifica - A mezzo posta - Domicilio indicato in dichiarazione - Prevalenza

Svolgimento del processo

Il signor L.S. ricorre contro l'Agenzia delle entrate per la cassazione della sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, riformando la sentenza di primo grado, ha rigettato il ricorso con cui il contribuente aveva dedotto la nullità della notifica di un avviso di accertamento effettuata in Roma, a mezzo posta, in un indirizzo (via X ) diverso da quello della residenza anagrafica del contribuente (via X).

Nella sentenza gravata si legge: "attraverso la produzione delle dichiarazioni dei redditi relativi agli esercizi d'imposta del 2009 e del 2010 laddove giustappunto la residenza anagrafica del S. figura indicata in Roma via X l'Agenzia appellante ha dato conto del proprio assunto, ovvero che il contribuente avesse eletto colà il proprio domicilio fiscale" Da tale affermazione, la Commissione Tributaria Regionale trae la conclusione della validità della notificazione dell’avviso impugnato, "giustappunto effettuata in quello che figurava il domicilio fiscale del contribuente".

Il ricorso del contribuente si articola su sei motivi:

- con il primo, riferito al numero 4 dell'articolo 360 c.p.c., si denuncia la violazione dell'articolo 57 D.Lgs. 546/92 in cui il giudice territoriale sarebbe incorso fondando la propria decisione su un fatto (l’avere il contribuente effettuato un’elezione di domicilio) prospettato dall'Ufficio solo nell’atto di appello;

- con il secondo, riferito al numero 3 dell'articolo 360 c.p.c., si denuncia la violazione e falsa applicazione degli articoli 43 e 47 c.c. e dell'articolo 60, lett. d), d.p.r. 600/73 in cui il giudice territoriale sarebbe incorso affermando che l’indicazione di residenza anagrafica in un indirizzo dimostrerebbe l'intervenuta elezione di domicilio fiscale a tale indirizzo;

- con il terzo, riferito al numero 3 dell’articolo 360 c.p.c., si denuncia la violazione degli articoli 2702 e 2721 c.c. e degli articoli 1, commi 3 e 6, e 3, comma 10, d.p.r. 322/98 in cui il giudice territoriale sarebbe incorso perché, a fronte del disconoscimento della conformità delle copie prodotte dall'Agenzia delle dichiarazioni fiscali del contribuente con il file teletrasmesso dall'intermediario ai sensi del d.p.r. 322/98, non ha addossato all'ufficio l'onere di provare detta conformità;

- con il quarto, riferito tanto al numero 5 quanto al numero 4 (con riguardo all'articolo 115 c.p.c.) dell'articolo 360 c.p.c., si denuncia l'omesso esame della circostanza di fatto, decisiva e non contestata dall'Ufficio in sede di merito, che il contribuente non aveva indicato né residenza né domicilio nelle dichiarazioni dei redditi teletrasmesse dal suo intermediario per gli anni 2009 e 2010, come documentato dalle "attestazione di avvenuto ricevimento", rilasciate dall'Agenzia ai sensi dell'articolo 3, comma 10, d.p.r. 322/98 e corredate dalla "visualizzazione dei dati relativi atte dichiarazioni contenute nel file".

- con il quinto, riferito tanto al numero 3 (con riguardo all'articolo 60, comma 3, d.p.r. 600/73 e all'articolo 6 L. 212/00) quanto al numero 5 dell'articolo 360 c.p.c. si denuncia la violazione del principio, che il ricorrente desume dalle norme richiamate, per il quale l’amministrazione finanziaria avrebbe l’onere di verificare presso i registri anagrafici la residenza del contribuente a cui intende notificare un atto; nonché l’omesso esame del fatto (rilevante ai fini del giudizio di validità della notifica effettuata all'indirizzo di via X sotto il profilo del rispetto, da parte dell'Ufficio, del disposto dell'articolo 6 I. 212/00, laddove prescrive che la comunicazione degli atti dell'Amministrazione "nel luogo di effettivo domicilio del contribuente, quale desumibile dalle informazioni in possesso della stessa amministrazione") che, pochi mesi prima della notifica dell’impugnato avviso di accertamento nell'erroneo indirizzo di via X (avvenuta in data 31/12/10) e precisamente in data 19/10/10, l’Amministrazione aveva notificato altro avviso di accertamento (pur esso relativo al medesimo modello Unico 2006) al corretto indirizzo di via X dove l’atto era stato consegnato a mani della moglie del contribuente.

- con il sesto, riferito al numero 4 dell'articolo 360 c.p.c., si denuncia la violazione dell'articolo 132 n. 4 c.p.c. per inesistenza della motivazione, assumendo che la sentenza gravata non rispetterebbe il minimo costituzionale dell’obbligo di motivazione sia sotto il profilo dell’assoluta omissione di considerazione di fatti di decisiva rilevanza prospettati in giudizio dal contribuente, sia sotto il profilo della confusione tra indicazione di residenza ed elezione di domicilio.

La difesa erariale si è costituita in questa sede al solo scopo di partecipare all’udienza, alla quale, peraltro, non ha poi presenziato.

La causa è stata discussa all’udienza pubblica del 7/5/15, in cui è intervenuto il difensore del ricorrente che aveva peraltro depositato anche memoria.

 

Motivi della decisione

 

Il primo mezzo di ricorso va disatteso, giacché la deduzione che il contribuente aveva effettuato una elezione di domicilio nell’indirizzo di via X non costituiva un’eccezione in senso tecnico, ma una mera difesa volta paralizzare l'eccezione di nullità della notifica dell’atto impositivo sollevata dal contribuente nel ricorso introduttivo. È fermo indirizzo di questa Corte, infatti, che il divieto di cui all'articolo 57 D.Lgs. 546/92 concerne esclusivamente le sole eccezioni in senso stretto, e non anche le eccezioni improprie o le mere difese, che sono sempre deducibili (da ultimo, Cass. 25756/14).

Il secondo mezzo è inammissibile, perché non pertinente alla ratio decidendi della sentenza gravata, la cui argomentazione risulta travisata dal ricorrente. E’ vero infatti che, come chiarito da questa Corte (cfr. sent. 11081/06), in tema di notificazione degli atti di accertamento tributario, la facoltà del contribuente di "eleggere" domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale (art. 60, comma primo, Iett. "d", del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600) si differenzia dalla semplice "dichiarazione" di domicilio, consistente nell'indicazione di un luogo, compreso nel comune d'iscrizione anagrafica (art. 58, comma secondo, d.P.R. cit), in cui è possibile  seguire le notifiche; ma l’argomentazione della sentenza gravata non fa mai riferimento all’elezione di domicilio in senso tecnico, non parla mai della nomina di un domiciliatario, non cita mai la lettera "d", del primo comma dell’articolo 60 del d.P.R. n. 600/73. Il senso complessivo della sentenza gravata, quale risultante dallo stralcio sopra trascritto (e nonostante l’improprietà lessicale dell'affermazione che il contribuente avrebbe "eletto colà il proprio domicilio fiscale"), è dunque palesemente quello di attribuire all'indicazione della residenza anagrafica contenuta nelle dichiarazioni dei redditi relative agli esercizi 2009 e 2010 il valore di una "dichiarazione di domicilio" - vale a dire l'indicazione di un luogo, compreso nel comune d'iscrizione anagrafica, in cui è possibile eseguire le notifiche - e non quello di una vera e propria "elezione di domicilio", vale a dire la nomina di un domiciliatario.

Con il terzo ed il quarto motivo il contribuente sostanzialmente lamenta che la Commissione Tributaria Regionale per un verso (terzo motivo) avrebbe ignorato il disconoscimento della conformità delle copie delle dichiarazioni fiscali del contribuente prodotte dall'Agenzia con il file teletrasmesso dall'intermediario ai sensi del d.p.r. 322/98 e per altro verso (quarto motivo) avrebbe omesso di esaminare la circostanza di fatto, decisiva e non contestata dall'Ufficio in sede di merito, che nei files delle dichiarazioni dei redditi teletrasmesse dall’intermediario del contribuente per gli anni 2009 e 2010 non risultava alcuna indicazione né di residenza né di domicilio.

Entrambi i motivi da trattare congiuntamente per la loro intima connessione - risultano fondati.

Per la piena intelligenza delle censure è necessario tener presente che, come riportato nell'esposizione dei fatti di causa svolta nel ricorso per cassazione, nel ricorso introduttivo di primo grado il contribuente contestò la validità della notifica dell'atto impositivo impugnato sulla scorta delle seguenti deduzioni di fatto:

a) detta notifica era stata effettuata per compiuta giacenza, presso l'ufficio postale, del plico raccomandato contenente l'atto impositivo impugnato e l'avviso di giacenza era stato lasciato nella cassetta postale di un appartamento (l'interno 2) di uno stabile di via X

b) esso contribuente non aveva mai avuto la residenza né il domicilio in via X ed era ininterrottamente residente in via X dal 2001;

c) esso contribuente aveva indicato l’indirizzo di via X come quello di propria residenza nel modello Unico 2006, lasciando in bianco lo spazio relativo all'indicazione della residenza nelle dichiarazioni dei redditi successive proprio perché la residenza non era variata rispetto a quella risultante dal modello Unico 2006; l'indirizzo di via X era peraltro stato indicato dal contribuente come propria residenza nel modello AA9/8, di apertura e chiusura della partita IVA in relazione ad un periodo di attività professionale esercitata dal gennaio 2008 al novembre 2010;

Alle controdeduzioni dell'Agenzia - nelle quali si affermava che l'indirizzo di via X risultava indicato come residenza anagrafica del contribuente sia nelle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2010 e nel 2009, sia nel summenzionato modello AA9/8 - esso contribuente aveva replicato, con memorie depositate nel giudizio di primo grado l’11/6/12 e il 14/12/12, per un verso, evidenziando che dalla copia autentica del modello AA9/8, allegata al ricorso introduttivo, risultava che in tale modello l'indirizzo di residenza anagrafica era stato indicato in via X e, per altro verso, contestando la conformità all'originale delle "copie" delle dichiarazioni 2009 e 2010 prodotte dall'Ufficio. Con riferimento a queste ultime, in particolare, il contribuente - argomentando che non si trattava di copie in senso tecnico, bensì dì trascrizioni in forma cartacea di una combinazione di dati trasmessi dal contribuente e di dati inseriti dal sistema ai fini di informatizzazione - aveva contro dedotto, davanti al giudice di prime cure, che il dato relativo alla residenza anagrafica in via X non proveniva dal contribuente ma dal sistema informatico dell'Agenzia (e, precisamente, dal cosiddetto "cassetto fiscale"), nel quale tale dato era stato inserito per un errore di lettura del suddetto modello AA9/8 (il cui originale cartaceo era stato, come sopra riferito, prodotto in giudizio); errore fatto palese dal rilievo che, nel cassetto fiscale, l’erronea indicazione dell’indirizzo del contribuente in via X era corredata dall'annotazione "a decorrere dal 10/1/08" - fonte "Collegamento IVA".

Sulle controdeduzioni svolta dal contribuente l'Ufficio non aveva preso posizione e la Commissione Tributaria Provinciale aveva accolto il ricorso del contribuente sulla scorta di una duplice ratio decidendi consistente:

1) da un lato, nell'accertamento in fatto che l'Agenzia non aveva fornito la prova dell'asserita indicazione da parte del contribuente dell’indirizzo di via X

2) d’altro lato, nell'affermazione di diritto che, in mancanza di elezione di domicilio ex art. 60, primo comma, lett. d), d.p.r. 600/73, ai fini della notifica degli atti impositivi l'amministrazione finanziaria era onerata di accertare l'attuale residenza anagrafica del contribuente, potendo la stessa essere variata rispetto a quella indicata nell'ultima dichiarazione dei redditi.

Così ricostruiti fatti di causa, osserva il Collegio che l'affermazione sulla cui base la Commissione Tributaria Regionale ha accolto l'appello dell'Agenzia contro la sentenza di prime cure, ossia l'affermazione secondo la quale l'Amministrazione finanziaria avrebbe provato che il contribuente aveva dichiarato il proprio domicilio in via X "attraverso la produzione delle dichiarazioni dei redditi relativi agli esercizi d'imposta del 2009 del 2010", è censurabile sotto entrambi i profili sviluppati, rispettivamente, nel terzo nel quarto motivo di ricorso. Quanto al profilo sviluppato nel terzo motivo, è sufficiente rilevare che la suddetta affermazione della sentenza gravata trascura completamente il disconoscimento della conformità delle copie delle dichiarazioni dei redditi prodotte dall'Agenzia ai files delle medesime dichiarazioni teletrasmessi dall'intermediario; disconoscimento che il contribuente aveva operato nel giudizio di primo grado - producendo la "attestazione di avvenuto ricevimento" del file (rilasciate dall’Agenzia ai sensi dell'articolo 3, comma 10, d.p.r. 322/98) corredate dalla "visualizzazione dei dati relativi alle dichiarazioni contenute nel file" - ed aveva poi ribadito nel punto 4 delle controdeduzioni in appello, come precisato, in osservanza del principio di autosufficienza, a pagina 12 del ricorso per cassazione.

Quanto al profilo sviluppato al quarto motivo quarto motivo di ricorso, è sufficiente rilevare che la suddetta affermazione della sentenza gravata risulta palesemente apodittica, giacché il giudice territoriale omette completamente di esaminare la deduzione di fatto del contribuente secondo la quale nei files delle dichiarazioni dei redditi 2009 e 2010 teletrasmessi all’Ufficio non sarebbe stato indicato alcun indirizzo di residenza né di domicilio e, quindi, di vagliare la documentazione prodotta fin dal primo grado di giudizio a sostegno di tale deduzione, vale a dire la "visualizzazione dei dati relativi alle dichiarazioni contenute nel file" scaricata dal "Servizio telematico di presentazione delle dichiarazioni".

Il terzo e quarto motivo vanno pertanto accolti.

Il quinto mezzo va disatteso tanto con riferimento alla censura di violazione dell'articolo 60, comma 3, d.p.r. 600/73 e all’articolo 6 l. 212/00 quanto con riferimento alla censura di omesso esame di fatti decisivi.

Sotto il primo profilo, osserva il Collegio che il disposto del terzo comma dell’articolo 60 d.p.r. 600/73 (alla cui stregua le variazioni e modificazioni di indirizzo risultanti dai registri anagrafici "hanno effetto" ai fini delle notifiche degli atti dell’Amministrazione finanziaria, ancorché soltanto del trentesimo giorno successivo alla variazione anagrafica) non autorizza la conclusione che - dovendo in ogni caso l’Ufficio, prima di notificare un atto al contribuente, controllare, mediante una verifica sui registri anagrafici, l’attualità dell’indicazione della residenza contenuta nella dichiarazione dei redditi - detta indicazione sia priva di effetti ai fini della notifica degli atti dell’Amministrazione finanziaria.

Tale interpretazione renderebbe del tutto priva di scopo l’indicazione della residenza nella dichiarazione dei redditi, prescritta nel quarto comma dell’articolo 58 d.p.r. 600/73 e urterebbe contro il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi, della propria residenza (o di un proprio domicilio in un indirizzo diverso da quello di residenza, ma nell’ambito del medesimo comune ove il contribuente è fiscalmente domiciliato) va effettuata in buona fede, nel rispetto del principio dell'affidamento che deve informare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario (vedi Cass. nn. 5358/06, 11170/13, 26715/13, nella quale ultima si legge: "ai sensi dell'art. 58 del d.P.R 29 settembre 1973, n. 600, al dovere del contribuente di dichiarare un determinato domicilio o sede fiscale ed un determinato rappresentante legale, non corrisponde l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di verificare e controllare l'attualità e l'esattezza del domicilio eletto.")

Sulla scorta di tali considerazioni deve allora affermarsi che altro è il caso di un cambio di residenza e altro è il caso di una originaria difformità tra la residenza anagrafica e quella indicata nella dichiarazione dei redditi; in quest’ultimo caso, infatti, la notificazione che si sia perfezionata presso l’indirizzo indicato nella dichiarazione dei redditi (anche quando, come nella specie, il perfezionamento della notifica avvenga tramite il meccanismo della compiuta giacenza dell’atto in casa comunale) deve considerarsi valida, nonostante che tale indicazione sia difforme (non importa se per da errore o per malizia) rispetto alle risultanze anagrafiche.

Alla stregua di tale principio deve poi giudicarsi inammissibile la censura di omesso esame del fatto che, pochi mesi prima della notifica dell’impugnato avviso di accertamento nell’indirizzo di via X altro avviso di accertamento era stato validamente notificato all’indirizzo di via X difettando, per le indicate ragioni di diritto, il requisito della decisività del fatto.

Parimenti infondato, infine, va giudicato il sesto mezzo di ricorso, giacché la motivazione della sentenza gravata esplicita il percorso logico-giuridico seguito dalla Commissione Tributaria Regionale, fermi restando i vizi che tale percorso inficiano in relazione ai profili sollevati nel terzo e nel quarto mezzo di gravame.

In definitiva il ricorso va accolto relativamente al terzo e quarto mezzo, disattesi gli altri, e la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio perché questa rinnovi l’accertamento della circostanza che il contribuente avrebbe indicato la propria residenza in via X nei files teletrasmessi delle dichiarazioni dei redditi 2009 e 2010.

Il giudice di rinvio regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo ed il quarto mezzo di ricorso, respinge gli altri e cassa la sentenza gravata; rinvia alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio, in diversa composizione, che regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.