Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 luglio 2015, n. 15292

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Appello incidentale - Estensione soggettiva del giudizio - Ampliamento - Non sussiste

 

Svolgimento del processo

 

La controversia ha origine dall’impugnazione, di R.B. (già dipendente dell’Amministrazione comunale di Messina), dante causa di M., N. e G.M. odierni ricorrenti, del silenzio rifiuto sull’istanza di rimborso della maggior Irpef trattenuta sull'indennità di fine rapporto.

L'adita C.T.P. di Messina accoglieva il ricorso, disponendo la riliquidazione dell'imposta sull'indennità di fine rapporto, con un abbattimento del 50% dell'imponibile, oltre rivalutazione monetaria. Ricorreva in appello il difensore, Avv. M. in proprio, per la mancata distrazione delle spese processuali; l'Agenzia proponeva appello incidentale eccependo l'inammissibilità dell'istanza di rimborso, essendo decorsi oltre 18 mesi ex art. 38 d.P.R. 602/73 e, in subordine, la non spettanza della rivalutazione monetaria. Con atto di costituzione e intervento si costituivano gli eredi della B., Sigg. ri M. eccependo l'inammissibilità dell'appello incidentale nei confronti della loro dante causa, nonché la tardività e l'inammissibilità di esso nei riguardi di parte diversa dall'impugnante principale.

La CTR Sicilia, con la sentenza 26/02/2009 dep. il 2 febbraio 2009, rilevata la legittimità e tempestività dell'appello incidentale dell'Ufficio, lo accoglieva parzialmente in relazione alla rivalutazione monetaria,

disponendo la compensazione delle spese dei due gradi

di giudizio, in considerazione delle modifiche legislative e delle oscillazioni della giurisprudenza.

I ricorrenti impugnano con due motivi la sentenza della CTR, producendo successiva memoria.

L'Agenzia delle entrate non si è costituita.

 

Motivi della decisione

 

1. Col primo motivo i ricorrenti deducono violazione dell'art. 334, 1° co. c.p.c. e dell'art. 324 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., avendo la CTR errato nel disattendere l'eccezione preliminare di inammissibilità dell'appello incidentale dell'Ufficio per tardività, con conseguente travolgimento del giudicato interno sulla domanda restitutoria oltre accessori, già accolta in prima istanza, e sul regolamento delle spese processuali. In particolare i ricorrenti precisano che la sentenza di primo grado fu depositata in cancelleria il 29/1/2004 e l'appello incidentale dell'Agenzia in data 1/4/2005; ed inoltre che l'appello principale fu proposto esclusivamente dal procuratore della parte privata in relazione all'omessa pronuncia sulla distrazione delle spese, con la conseguenza che l'appello incidentale dell'Agenzia nei confronti del contribuente era da ritenersi inammissibile perché proposto ben oltre il c.d. termine lungo per impugnare, considerato che l'appellante non avrebbe potuto giovarsi del disposto dell'art. 334 co. 1 c.p.c., norma che non consente di ripristinare un diritto d'impugnazione a vantaggio della parte appellata e ai danni di una parte diversa dall'appellante principale. Il ricorrente aggiunge che, attesa l'inammissibilità dell'appello incidentale, i giudici della CTR, rimettendo in discussione la debenza del rimborso - riconosciuto dai primi giudici - avevano travolto il giudicato interno formatosi sul punto.

2. Col secondo motivo deducono violazione dell'art. 1224 c.c. in relazione all'art. 360, n. 3 c.p.c., essendo tenuto il giudice a liquidare il maggior danno da svalutazione monetaria nell'ipotesi di riconoscimento del diritto al rimborso d'imposta ritenuta in eccesso, contrariamente a quanto stabilito dalla CTR.

3. Il primo motivo è fondato.

4. Con riferimento alla tardività dell'appello incidentale dell'Agenzia occorre evidenziare, secondo la pacifica giurisprudenza di questo giudice di legittimità, che se pure un appello incidentale tardivo nella sua portata oggettiva può investire anche capi diversi da quelli impugnati in via principale, non è ammesso un ampliamento della estensione soggettiva del giudizio, con reintroduzione di parti diverse da quelle che hanno impugnato la sentenza in via principale, sempreché non si tratti di cause inscindibili (cfr. in termini già Cass. n. 1466 del 1995; fra le altre Cass. n. 12714/2010).

Nella specie, risultando dalla sentenza impugnata che l’appello (principale) era stato proposto non dal contribuente ma dall’avvocato in proprio, ed esclusivamente in ordine alla distrazione delle spese, deve ritenersi, come da giurisprudenza che qui s'intende confermare, inammissibile l’appello incidentale dell’Agenzia volto a porre in discussione nei confronti dei contribuenti la fondatezza della pretesa restitutoria (Cass. 24 luglio 2014 n. 16824). L’inammissibilità dell’impugnazione incidentale non è irrilevante, posto che, in virtù dei principi generali in tema di effetto devolutivo dell'appello, formazione del giudicato interno e conseguente divieto di reformatio in peius, i poteri del giudice di appello vanno determinati con esclusivo riferimento all'iniziativa delle parti, con la conseguenza che, in relazione ai capi della sentenza che non sono stati oggetto di impugnazione incidentale, la decisione del giudice d’appello non può essere più sfavorevole all'appellante e più favorevole all'appellato di quanto non sia stata la sentenza impugnata, e non può, quindi, dare luogo alla reformatio in peius in danno dell’appellante (v. tra le altre Cass. n. 14063 del 2006), essendo peraltro da precisare, con particolare riferimento alla specificità del caso in esame, che questo giudice di legittimità ha avuto modo di affermare (v. Cass, n. 6207 del 2006) che il potere del giudice di rilevare d'ufficio la decadenza del contribuente dall’esercizio di un diritto nei confronti dell'Amministrazione finanziaria incontra un limite nel giudicato interno eventualmente formatosi sul punto, in conseguenza di una pronuncia esplicita o implicita assunta nel precedente grado di giudizio (in termini Cass. n. 16824/2014 cit.).

In accoglimento del primo motivo del ricorso, l'appello dell'Agenzia va ritenuto, dunque, inammissibile. Restando assorbito il secondo motivo del ricorso, la decisione impugnata va, conseguentemente, cassata senza rinvio, ai sensi dell'art. 382, comma 3, ultima parte, c.p.c. Quanto alle spese processuali il Collegio, compensate le spese del giudizio di secondo grado in considerazione della peculiarità della fattispecie, regola quelle del giudizio di cassazione come da dispositivo, secondo il principio soccombenza, ponendole a carico dell'Amministrazione, con distrazione in favore del difensore del ricorrente, Avvocato F.M., dichiaratosi antistatario.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso e cassa senza rinvio la sentenza impugnata. Compensa le spese del giudizio di secondo grado e condanna l'Agenzia delle entrate al pagamento delle spese di questo grado di giudizio, liquidate in €. 1.000,00, oltre spese forfetarie nella misura del 15% e accessori di legge, da distrarsi a favore del difensore ricorrente antistatario.