Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 luglio 2015, n. 15174

Attività di amministratore - Compenso - Pagamento - Domanda

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d’appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale che ha accolto l’opposizione proposta dalla soc. U.M. avverso il decreto ingiuntivo emesso su richiesta di G.Z., dipendente e dirigente della società, per il pagamento della somma di L. 468.000.000 a titolo di compenso per l’attività di amministratore delegato dal settembre 1996 al febbraio 2003, ed ha condannato l’opponente al pagamento della minore somma relativa al periodo settembre 1996 al maggio 1997.

La Corte territoriale, respinta l’eccezione di estinzione del giudizio per la mancata notifica dell’opposizione in considerazione della regolare costituzione dell’opposto, ha rilevato nel merito che la domanda dell’amministratore di pagamento del compenso era fondata sulla delibera del 3/11/1995 la quale gli aveva attribuito il compenso di L. 72.000.000 annui; che tale delibera si poneva in contrasto con la precedente delibera del 15/6/94 che aveva conferito al ricorrente l’incarico di amministratore per tre anni fino all’assemblea che avrebbe deliberato in merito al bilancio al 31/12/96 stabilendo la gratuità di tutti gli incarichi agli amministratori con rinuncia al compenso.

Secondo la Corte la previsione del compenso contenuta nella delibera del 3/11/95 doveva valere soltanto per il periodo della prevista carica triennale e che ciò trovava conferma nella successiva delibera di incarico del 9/5/97, per triennio 97/99, ed in quella del 30/11/2000, di nomina di un consiglio di amministrazione fino al 31/12/03, che non avevano previsto il compenso.

La Corte ha, altresì, respinto la domanda subordinata di pagamento del compenso ai sensi degli artt. 2363 e 2389 cc parametrato a quello previsto dall’assemblea del 3/11/95, in quanto ritenuta domanda nuova.

Avverso la sentenza ricorre lo Z..

Resiste la S.C. srl, successore della U.M..

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt.2697 e 2389 cc e 112 cpc. Deduce che la delibera del 15/6/94 che prevedeva la gratuità di tutti gli incarichi era stata superata dalla nuova decisione del 3/11/1995; che la previsione del compenso non era legato ad un tempo determinato ma all’attività del ricorrente che non aveva subito modifiche e che per ristabilire la gratuità le successive modifiche avrebbero dovuto precisarlo.

Il motivo è infondato.

Il ricorrente si limita a proporre una diversa interpretazione delle delibere del 1994 e 1995 in relazione a quelle successive senza denunciare vizi logici dell’interpretazione accolta dalla Corte che, invece, appare logica ed esente da errori.

La Corte d'appello ha accolto un’ interpretazione letterale del dato contrattuale che ritiene confermata dalla volontà successivamente espressa dall’assemblea, alla quale spettava determinare i compensi ai sensi dell’art. 2389 c.c., che nel procedere ai rinnovi delle cariche sociali non aveva previsto o confermato l’attribuzione del compenso in questione per la carica di consigliere di amministrazione accettata dall’appellante . La Corte ha richiamato le successive delibere del 9/5/97 con cui era stato rinnovato il consiglio di amministrazione per il triennio 97/99 confermando la nomina dell’appellante come amministratore ma non era previsto alcun compenso; che nessun compenso era stabilito nel verbale dell’assemblea del 30/11/2000 di rinnovo del consiglio di amministrazione fino all’assemblea del 31/12/2003 e di nomina dello Z..

Le censure della società ricorrente consistono essenzialmente in un mero dissenso e invocano un riesame, inammissibile in sede di legittimità, di circostanze di fatto, tutte prese in considerazione e valutate dalla Corte territoriale.

Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione degli art. 112 cpc e 1419 e 2389 c.c.

Osserva che qualora si ritenesse non previsto un compenso esso avrebbe dovuto essere determinato ai sensi dell’art 2389 cc.

Il motivo è infondato. Il ricorrente non esamina neppure l’affermazione della Corte secondo cui la domanda diretta alla determinazione giudiziale di un congruo compenso esulava dall’ambito del giudizio, incentrato sulla delibera assembleare contenente la previsione di un compenso. La Corte ha rilevato, pertanto, che la domanda formulata in questi termini era nuova.

Il ricorrente omette di formulare censure circa l’affermazione della Corte territoriale limitandosi a riproporre la questione della determinazione giudiziale del compenso dovuto omettendo di dimostrare, richiamando e riproducendo i propri scritti difensivi , che, contrariamente a quanto affermato dalla Corte, la questione era stata già tempestivamente proposta fin dal primo grado.

Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente a pagare le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a pagare le spese del presente giudizio liquidate in € 100,00 per esborsi ed € 7.500,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali ed accessori di legge .