Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 luglio 2015, n. 15173

Dirigente - Compenso - Principio di onnicomprensività della retribuzione - Prestazioni rese in rappresentanza dell’amministrazione - Divieto di corrisponderei ulteriori indennità

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d’appello di Ancona, in riforma della sentenza del Tribunale, ha accolto la domanda di R.D., dirigente del Ministero dell’Istruzione, volta ad ottenere dal Ministero un compenso per l’attività di presidente del nucleo di valutazione dei capi di istituto scolastici svolto mentre era provveditore agli studi di Pesaro Urbino nel periodo da marzo a settembre 2000.

La Corte ha richiamato l’art. 24 n. 3 del Dlgs n 29/1993, ora trasfuso nell’art. 24 del Dlgs n 165/2001 secondo cui il trattamento economico del personale dirigente, come determinato nei precedenti commi 1 e 2 della norma, remunerava tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti nonché qualsiasi incarico conferito dall’amministrazione. Secondo la Corte tale principio di onnicomprensività della retribuzione era applicabile solo a far data dalla stipula della contrattazione integrativa o al più tardi dall’1/7/2002, sulla base dell’art. 52 comma 69, con la conseguenza dell’inapplicabilità alla fattispecie in esame.

La Corte ha poi escluso, a prescindere dall’art. 24 citato, che un principio di onnicomprensività potesse essere tratto dall’art. 50 del DPR n 748/1978 nel quale era fatto divieto di corrispondere ai dirigenti ulteriori indennità "in connessione con la carica o per prestazioni comunque rese in rappresentanza dell’amministrazione "l’incarico svolto dal M. non rientrava in nessuna delle due ipotesi previste dalla norma.

La Corte d’appello ha, inoltre, affermato che l’incarico non costituiva, ai sensi dell’art. 17 lett. c) del Dlgs n 29/1993, un’ipotesi di delega di compiti da parte di dirigente di livello superiore, ma di attribuzione di un incarico autonomo e dunque non era riconducibile a quella propria dell’incarico dirigenziale di Provveditore.

La Corte ha, altresì, rilevato che il M., provveditore agli studi, non era compreso nel comparto scuola ma in quello dei ministeri e, pertanto, il CCNL del comparto scuola, disciplinante all’art. 41 i nuclei di valutazione, non stipulato da organismi rappresentativi della sua categoria ma da quelli rappresentativi del personale scolastico, non poteva essere idoneo a disporre dei suoi diritti ed in particolare del suo diritto ad un compenso per l’attività prestata al di fuori dell’incarico dirigenziale. Ne consegue , pertanto, secondo la Corte che l’art. 41 del CCNL del comparto scuola avrebbe potuto esplicare efficacia solo nei confronti dei componenti del nucleo di valutazione appartenenti all’amministrazione scolastica.

La Corte ha, quindi, concluso riconoscendo il diritto ex art. 36 Cost. del M. ad un compenso commisurato a quello dell’esperto esterno aumentato del 20%.

Ricorre il MIUR formulando 3 motivi. Resiste il D. con controricorso e poi memoria ex art 378 cpc. Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata..

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt.5, comma 3, e 10 , comma 2, del Dlgs n 286/1999; degli artt 17 e 25 del Dlgs n 165/2001; dell’art 20 del CCNL del comparto scuola (in combinato disposto con l’art 41 del CCNL integrativo comparto scuola). Rileva che ai sensi di detta normativa la partecipazione dei dirigenti ai nuclei di valutazione dei dirigenti scolastici rientrava nelle normali attribuzioni dirigenziali con esclusione del diritto a percepire un compenso.

Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 2 dlgs n 165/2001 anche in combinato disposto con l’art. 41 del contratto integrativo -comparto scuola -del 1999. Lamenta che il riconoscimento del compenso determinava la violazione dell’art. 2 Dlgs n 165/2001.

Con il terzo motivo lamenta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24, comma 3 nella parte in cui prevede che il compenso previsto remuneri tutte le funzioni attribuite ai dirigenti e qualsiasi incarico conferito in ragione del loro ufficio o comunque dall'Amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa di tal che ai componenti dei nuclei di valutazione dei capi d'istituto dipendenti dell'amministrazione non spetti altro compenso rispetto alla retribuzione percepita quale dirigente dell'amministrazione.

Le censure, che per la loro connessione possono essere congiuntamente esaminate, sono fondate.

La problematica oggetto di causa è stata già affrontata e risolta da questa Corte in precedenti sentenze (cfr Cass. n. 4531 del 2011, n. 5888 del 2012 e n. 19093 del 2013, n. 15363/2014) rese in fattispecie del tutto sovrapponibili a quella in oggetto, che hanno affermato che l'incarico di presidente o componente del Nucleo di valutazione, conferito al dirigente del Ministero dell'Istruzione in ragione dell'ufficio ricoperto (o comunque conferito dall'amministrazione presso la quale egli presta servizio o su designazione della stessa), è soggetto al principio di onnicomprensività del trattamento economico dirigenziale previsto dal D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24 (attualmente dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 24), dovendosi pertanto escludere il diritto di tali dirigenti a trattamenti aggiuntivi rispetto a quelli previsti per la qualifica ricoperta; nè l’operatività di tale criterio è esclusa per il periodo anteriore alla stipulazione del contratto collettivo per la dirigenza pubblica (1998-2001), ovvero del contratto individuale di conferimento di incarico dirigenziale, in quanto l'art. 24 cit. indica un criterio generale cui anche il contratto, collettivo o individuale, deve attenersi.

Questa Corte, anche recentemente, ha affermato che il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 25 bis - la cui rubrica reca: "Dirigenti delle istituzioni scolastiche", inserito dal D.Lgs. 6 marzo 1998, n. 59, art. 1, comma 1, e poi trasfuso nel D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 25- dispone nel comma 1 che: "Nell'ambito dell'amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonomia a norma della L. 15 marzo 1997, n. 59, art. 21. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensione regionale e rispondono, agli effetti dell'art. 20, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa".

Il D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 24, la cui rubrica si intitola: "Trattamento economico", nel testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, in vigore all'epoca dei fatti di causa (1999-2000), dopo aver dettato nei primi due commi le regole in tema di retribuzione del personale con qualifica dirigenziale, dispone, al comma 3, che "Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza".

Il Nucleo di valutazione istituito presso l’amministrazione scolastica è presieduto da un dirigente ed esplica una funzione di verifica dei risultati dell'operato dei dirigenti scolastici, di estrema importanza in relazione al rapporto di lavoro dirigenziale, in ogni fase dello stesso, da quella del conferimento dell’incarico sino all'eventuale attivazione della responsabilità dirigenziale (v. D.lgs. n. 29 del 1993, artt. 19, 20 e 21, poi trasfusi nel Dlgs. n. 165 del 2001). In tale quadro (cfr. Cass. n. 5 marzo 2009 n. 5306, 24 febbraio 2010 n. 4531 e, da ultimo, Cass. 24 febbraio 2011 n. 4531), la necessaria attribuzione dell'incarico di Presidente del Nucleo a un dirigente implica con evidenza un collegamento ineludibile fra l'incarico e la funzione dirigenziale ricoperta.

Tale stretta connessione si spiega, d'altra parte, alla luce dei compiti del Nucleo, della cui rilevanza si è già detto. Il carattere di terzietà del Nucleo opera quale garanzia dei soggetti valutati, ma non lo rende, tuttavia, organo estraneo all'Amministrazione scolastica, costituendo le valutazioni da esso espresse la base per una pluralità di successive determinazioni della stessa Amministrazione in materia di incarichi dirigenziali.

Atteso che, come già affermato, il trattamento economico dirigenziale, secondo il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24, remunera tutte le funzioni e i compiti attribuiti ai dirigenti in base a quanto previsto dal decreto e tenuto conto, quindi, che l'incarico in questione è espressamente considerato quale incarico da affidare ad un dirigente, è corretto, come condivisibilmente già osservato da questa Corte nelle pronunce citate, ritenerlo soggetto al regime della onnicomprensività già sulla base di tale più specifica previsione e ritenere che, per la ragione appena esplicitata, non possa esservi dubbio che si tratti di un incarico conferito al dirigente in ragione dell'ufficio ricoperto e comunque di incarico conferito dall'amministrazione presso la quale egli presta servizio o su designazione della esso ricada, quindi, nell'ambito della disciplina prevista dalla norma l'incarico possa esser rifiutato o che per il suo svolgimento sia necessaria una fase formativa.

Non può, poi, ritenersi che ratione temporis il principio di onnicomprensività sia inapplicabile nella specie poiché lo svolgimento dell'incarico è avvenuto prima della stipulazione del c.c.n.l. 1998-2001, poiché il D.Lgs. n. 29 del 1993, art. 24, comma 3, nel richiamare il trattamento retributivo determinato per i dirigenti dalla contrattazione collettiva e quello concordato individualmente per gli incarichi dirigenziali di carattere generale, non dispone affatto che il criterio della onnicomprensività decorra soltanto dalla data di efficacia giuridica della contrattazione collettiva, o dalla conclusione del contratto individuale, ma, piuttosto, stabilisce che la retribuzione, contrattualmente individuata, sia ab initio soggetta al criterio di onnicomprensività enunciato dal Legislatore (cfr. Cass. 4531/2011 cit.).

Tale conclusione non è contraddetta, infine, dalla L. n. 448 del 2001, art. 16, che non incide sul principio di onnicomprensività (cfr. in termini Cass. n. 5306/2009 e 4531/2011 cit.). Tale norma, che si inserisce nell'ambito delle Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (Legge Finanziaria 2002), riguardante, secondo la rubrica, i "Rinnovi contrattuali", nella parte che qui rileva - "Tali risorse sono ripartite ai sensi del D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, art. 48, fermo restando che quanto disposto dal cit. D.Lgs., art. 24, comma 3, si applica a decorrere dalla data di definizione della contrattazione integrativa. Fino a tale data i compensi di cui al medesimo art. 24, comma 3, restano attribuiti ai dirigenti cui gli incarichi sono conferiti" - indica le modalità della ripartizione delle risorse destinate alla contrattazione collettiva, richiamando la specifica disposizione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 48, e stabilendo tuttavia una deroga con riferimento ai compensi di cui all'art. 24, comma 3. Tuttavia in tale comma si parla di compensi in relazione a quelli dovuti dai terzi - situazione del tutto diversa da quella in esame - e si afferma che tali compensi "sono corrisposti direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della dirigenza", la deroga apportata dalla Legge Finanziaria del 2002 concerne tali compensi, escludendo che essi confluiscano nelle risorse da ripartire, e non incide sul principio di omnicomprensività (cfr., in tali termini, Cass. 5306/2009 cit.).

Il contro ricorrente, ponendo l’accento sul l’affermazione di questa Corte contenuta nei precedenti citati secondo cui "Il carattere di terzietà del Nucleo opera quale garanzia dei soggetti valutati, ma non lo rende, tuttavia, organo estraneo all’Amministrazione scolastica", rileva che qualora fosse disconosciuto il carattere pieno ed incondizionato di terzietà dei nuclei di valutazione si porrebbe una questione di legittimità costituzionale delle norme istitutive che pongono come responsabile del nucleo un presidente espressione dell’amministrazione .

La questione della terzietà dei nuclei di valutazione non assume rilevanza ai fini del decisione del presente giudizio che ha per oggetto la sussistenza o meno del diritto del ricorrente a percepire un compenso.

Per le ragioni esposte il ricorso del MIUR deve essere accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con il rigetto della domanda.

La circostanza che gli arresti interpretativi di questa Corte richiamati in motivazione siano intervenuti dopo la sentenza gravata dal ricorso per Cassazione determina la compensazione integrale delle spese di entrambi i giudizi di merito e di quello di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda di R.D., compensando interamente le spese processuali dei giudizi di merito e quello di legittimità.