Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 luglio 2015, n. 15029

Tributi - TARSU - Comunicazione di diniego di variazione della superficie imponibile - Configurabilità di atto impositivo - Impugnabilità - Dati essenziali

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza in data 11-2-2009 la commissione tributaria regionale del Piemonte accoglieva l'appello di (...) avverso la decisione della commissione tributaria provinciale di Torino che aveva dichiarato l'inammissibilità di un suo ricorso contro una comunicazione del comune di Gassino Torinese relativa alla Tarsu dell'anno 2004. Con tale comunicazione il comune, considerando la denuncia del contribuente finalizzata a variare la superficie imponibile, aveva confermato una anteriore iscrizione a ruolo facente riferimento a superficie maggiore (225 mq.), oggetto di avviso di accertamento divenuto definitivo per mancata opposizione.

La commissione tributaria osservava che l'atto era da qualificare come avviso di accertamento, e non come semplice comunicazione, visto che aveva recato la dicitura "accerta" e indicato il termine perentorio per il ricorso dinanzi alla commissione tributaria. Lo riteneva dunque impugnabile e lo annullava, perché mancante degli elementi essenziali identificativi della tariffa applicata e della relativa delibera, dell'indicazione della maggior somma dovuta per il tributo, con le addizionali e gli accessori, e dell'avvertenza in ordine alla facoltà di formulare istanza di accertamento con adesione. Condannava il comune alle spese processuali.

Il comune propone ricorso per cassazione, affidandosi a due motivi illustrati da successiva memoria.

Il contribuente replica con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

I. - Col primo motivo di ricorso, il comune denunzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 70, 2° co., e dell'art. 71 del d.lgs. n. 507-93, in quanto la comunicazione oggetto del processo costituiva un mero diniego alla variazione della superficie imponibile, e dunque non era tesa a contestare la dichiarazione del contribuente mediante attribuzione di una base imponibile diversa da quella già iscritta a ruolo.

Col secondo motivo di ricorso, il comune deduce in ogni caso il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza sul punto decisivo della natura dell'atto impugnato, che era stato superficialmente qualificato come avviso di accertamento in base al riscontro di aspetti formali, senza valutazione del se tali aspetti avessero effettiva valenza tributaria in quanto idonei a esprimere una pretesa impositiva specifica.

II. - E' fondato il secondo motivo, il cui esame si rivela assorbente.

La questione di fondo, posta alla commissione tributaria, era se la comunicazione afferente il diniego di variazione della superficie imponibile costituisse o meno atto impugnabile.

La commissione ha risposto affermativamente qualificando l'atto come accertamento della superficie imponibile. Ma ciò ha fatto in base a circostanza neutre, come l'indicazione del termine per ricorrere e l'uso del verbo "accerta". In verità dalla stessa motivazione della sentenza risulta che la comunicazione era conseguita a un'iscrizione a ruolo a sua volta conseguente ad accertamento divenuto definitivo, e che essa comunicazione non conteneva i dati essenziali a esprimere la pretesa definitiva quanto all'importo del tributo.

III. - Stando così le cose, la motivazione si rivela non solo deficitaria, ma anche manifestamente contraddittoria. Ove un atto atipico non contenga gli elementi della pretesa fiscale, esso non può valere come surrogato dell'atto tipico impugnabile.

Secondo un indirizzo ormai consolidato, in tema di contenzioso tributario l'elencazione degli "atti impugnabili", contenuta nell'art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della p.a., e in conseguenza dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la l. n. 448 del 2001.

Tuttavia per effetto di simile estensione è riconosciuta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso gli atti adottati dall'ente impositore che, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria.

La ragione è che in tal caso non v'è necessità di attendere che la stessa pretesa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturalmente preordinato l'atto notificato, si vesta anche della forma lato sensu autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 citato (v. Sez. 5A n. 4513-09). Solo a titolo indicativo, è stato così ritenuto (v. Sez. 5A n. 21045-07) ammissibile il ricorso alla commissione tributaria avverso gli inviti di pagamento (e v. anche Sez. 5A n. 7344-12 e n. 2616-15); nonché avverso gli avvisi di recupero di credito di imposta per insussistenza delle condizioni del beneficio (Sez. 5A n. 4965-09).

In sostanza, rientra nel novero dei provvedimenti impugnabili l'atto con cui l'amministrazione comunica al contribuente una pretesa tributaria ormai definita, ancorché tale comunicazione non si concluda con una formale intimazione di pagamento sorretta dalla prospettazione in termini brevi dell'attività esecutiva, bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto.

IV. - Viceversa, non può considerarsi impugnabile un atto che manchi della esplicitazione della pretesa detta, e che - come la commissione tributaria ha affermato nel caso di specie - non contenga neppure l'indicazione della somma dovuta per il tributo (con le addizionali e gli accessori). Ed è anzi privo di ogni costrutto logico-giuridico affermare l’impugnabilità di un atto sul presupposto della connotazione contenutistica impositiva e poi annullarlo perché privo di quella connotazione contenutistica. L'impugnata sentenza va quindi cassata con rinvio alla medesima commissione tributaria regionale, diversa sezione, per nuovo esame.

La commissione provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo, cassa l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla commissione tributaria regionale del Piemonte.