Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 luglio 2015, n. 15055

Lavoro - Inquadramento - Operatore specializzato del CCNL di categoria - Diritto - Accertamento

 

Svolgimento del processo

 

1.— Con sentenza del 3 marzo 2009 la Corte di Appello di Potenza, in riforma della sentenza del locale Tribunale, ha respinto il ricorso proposto da A.M. nei confronti dell'ANAS Spa volto all'accertamento del diritto ad essere inquadrato, in qualità di operatore specializzato del CCNL di categoria, nella V qualifica funzionale dal 10.6.97 al 30.6.99 e nell'Area operativa, profilo B1, per il periodo successivo, con condanna della convenuta al pagamento delle conseguenti differenze retributive.

La Corte territoriale, esaminando il materiale istruttorio acquisito in prime cure, ha ritenuto che il M. non avesse espletato con continuità e prevalenza le mansioni del superiore inquadramento rivendicato, bensì quelle di cantoniere corrispondenti a quelle di assunzione.

2.— Per la cassazione di tale sentenza A.M. ha proposto ricorso con 3 motivi.

L'ANAS Spa ha resistito con controricorso.

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

 

Motivi della decisione

 

3.— Con il primo motivo si denuncia nullità della sentenza per difetto di ius postulandi dell'Avvocatura dello Stato in quanto l'atto di appello sarebbe privo di apposito mandato rilasciato dal legale rappresentante dell'ente.

II motivo è infondato.

Occorre premettere che il d.l. n. 138 del 2002, conv. in I. n. 178 del 2002, art. 7, co. 11, riconosce all'ANAS Società per Azioni, in cui è stato trasformato l'Ente nazionale per le strade ANAS, la facoltà di farsi difendere in giudizio dall'Avvocatura di Stato.

Orbene, anche in regime cosiddetto "facoltativo" di assistenza legale e di patrocinio da parte dell'Avvocatura dello Stato non è necessario, in ordine ai singoli giudizi, uno specifico mandato all'Avvocatura medesima, né quest'ultima deve produrre il provvedimento del competente organo dell'ente recante l'autorizzazione del legale rappresentante ad agire o resistere in causa. Ciò si evince dal R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, art. 43, comma 1, e art. 45, e successive modificazioni. Quest'ultima norma, in particolare, stabilisce che per il patrocinio cosiddetto facoltativo si applica il secondo comma dell'art. 1, citato R.D., alla stregua del quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualità (con riferimento al patrocinio dell'AIMAS v. Cass. n. 25268 del 2008; in generale: Cass. n. 7011 del 1997; Cass., SS.UU., n. 9523 del 1996; Cass., n. 7515 del 1991; Cass. n. 1308 del 1990; Cass. n. 3141 del 1981).

4. — Con il secondo mezzo di gravame si lamenta violazione dell'art. 2103 c.c. e del CCNL di categoria nonché omessa ed insufficiente motivazione chiedendo venga affermato il seguente principio di diritto: "le mansioni superiori devono essere riconosciute a prescindere dalla quantità di lavoro espletato, essendo necessario che vi sia stato incarico specifico alla prestazione e essere adibito non comporta l'effettiva esplicazione del lavoro".

Il motivo così formulato viola manifestamente l'art. 366 bis c.p.c., nel testo pro-tempore vigente ed applicabile all'impugnazione avverso sentenza d'appello depositata il 3 marzo 2009.

La funzione propria del quesito di diritto è di far comprendere alla Corte di legittimità, dall'immediata lettura di esso, l'errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare (Cass. n. 8463 del 2009).

Per tale ragione esso deve compendiare (ex multis: Cass. SS.UU. n. 2658 del 2008; Cass. n. 19769 del 2008; n. 7197 del 2009; n. 22704 del 2010): a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che, ad avviso del ricorrente, si sarebbe dovuto applicare al caso di specie (in termini, da ultimo, Cass. n. 12248 del 2013), La carenza anche di uno solo di tali elementi comporta l'inammissibilità del ricorso (Cass. n. 24339 del 2008). Dal punto di vista della formulazione il quesito deve essere strutturato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata (Cass. n. 1416 del 2014; sulla funzione propositiva concreta del quesito per l'ammissibile formulazione delle censure di violazione di legge v. SS.UU. n. 21672 del 2013; conforme, Cass. n. 3546 del 2015). Esso poi non può essere desunto dal contenuto del motivo (Cass. n. 20409 del 2008).

Nell'ipotesi di motivo ex art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c. esso deve essere concluso da un momento di sintesi o di riepilogo, a pena di inammissibilità. Si è infatti affermato che, per le doglianze di vizio di motivazione, occorre la formulazione - con articolazione conclusiva e riassuntiva di uno specifico passaggio espositivo del ricorso - di un momento di sintesi o di riepilogo (v. Cass. n. 16002 del 2007; SS.UU. n. 20603 del 2007; Cass. n. 27680 del 2009), il quale indichi in modo sintetico, evidente ed autonomo rispetto al tenore testuale del motivo, il fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, come pure - se non soprattutto - le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione; tale requisito non può ritenersi rispettato quando solo la completa lettura dell'illustrazione del motivo - all'esito di una interpretazione svolta dal lettore, anziché su indicazione della parte ricorrente - consenta di comprendere il contenuto ed il significato delle censure (da ultimo, Cass. n. 12248 del 2013).

Nei casi, infine, di motivo promiscuo, in cui si prospettano sia violazioni di legge che difetti di motivazione, nei limiti in cui tale formulazione può dirsi ammissibile allorquando la parte argomentativa renda possibile l'operazione di interpretazione e sussunzione delle censure, è comunque necessario articolare distinti quesiti e momenti di sintesi (cfr. Cass. SS.UU. n. 7770 del 2009 e Cass. n. 976 del 2008).

Ciò posto, nella specie il motivo denuncia promiscuamente violazione dell'art. 2103 c.c. e vizi di motivazione, senza che ciascun vizio denunciato sia separatamente concluso da un quesito o da un motivo di sintesi o di riepilogo; per di più l'invocato principio di diritto di cui si chiede l'affermazione è largamente inadeguato a configurare un quesito idoneo ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c. secondo la giurisprudenza di legittimità innanzi richiamata.

Peraltro questa Corte (sent. n. 5700 del 2015) ha già avuto modo di avallare l'interpretazione di giudici di merito che, proprio avuto riguardo alle declaratorie del CCNL ANAS del 18 aprile 1996 e del 17 maggio 1999, avevano ritenuto che tratto essenziale proprio dell'inquadramento di operatore specializzato della posizione organizzativa ed economica "B1" fosse lo svolgimento delle mansioni di guida di mezzi speciali, di autocarri, di autoarticolati, di macchine operatrici e di sgombraneve in modo prevalente, mentre nella specie la Corte territoriale, con motivato accertamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità, ha escluso che il M. abbia condotto mezzi speciali con tale carattere di prevalenza.

5.— Con il terzo motivo si lamenta omessa pronuncia sull'appello incidentale spiegato dal lavoratore con cui si chiedeva che "il datore di lavoro venisse condannato al pagamento delle differenze retributive" per il periodo di svolgimento di mansioni superiori.

La doglianza è priva di pregio, avendo la Corte territoriale disconosciuto l'espletamento di mansioni superiori, per cui ogni pretesa di differenze retributive risulta implicitamente ma inevitabilmente respinta.

5.— Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in euro 3000,00, oltre spese prenotate a debito.