Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 luglio 2015, n. 15054

Lavoro - Inquadramento superiore - Domanda - Corresponsione trattamento economico per le mansioni superiori espletate

 

Svolgimento del processo

 

1. - Con sentenza del 14 ottobre 2005 il giudice del lavoro del Tribunale di Trapani dichiarò il diritto di R.C., dipendente del Ministero dell'Economia e delle Finanze, con qualifica di Collaboratore Amministrativo, già VII qualifica funzionale, poi Area C, posizione economica C1, ad essere inquadrato nella ex VIII qualifica funzionale, successivamente Area C, posizione economica C2, a decorrere dal 1° luglio 1998, con condanna del Ministero al pagamento delle relative differenze retributive.

Su appello dell'amministrazione soccombente, in data 1° dicembre 2008, la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della decisione del Tribunale, ha rigettato la domanda relativa all'inquadramento superiore riconosciuto in prime cure ed ha confermato il diritto del C. alla corresponsione del trattamento economico per le mansioni superiori espletate.

La Corte territoriale - per quel che qui interessa - ha respinto l'eccezione pregiudiziale di inammissibilità dell'appello sollevata dal C. per tardività dell'impugnazione proposta in data 15 dicembre 2005, oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza effettuata in data 11 novembre 2005 ai funzionario che aveva rappresentato l'amministrazione in primo grado; ha argomentato che, "nelle controversie di lavoro pubblico, anche nei casi in cui l'amministrazione statale datrice di lavoro si sia difesa in primo grado mediante propri dipendenti, ai sensi dell'art. 417 bis c.p.c., la notificazione deve essere comunque eseguita presso gli uffici della competente Avvocatura dello Stato, non producendosi in caso contrario l'effetto contemplato dall'art. 326 c.p.c.".

2 - Per la cassazione di tale sentenza R.C. ha proposto ricorso con 2 motivi.

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze è rimasto intimato.

Il Collegio ha autorizzato la motivazione semplificata.

 

Motivi della decisione

 

3. - I motivi di ricorso possono essere come di seguito sintetizzati:

- con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 417 bis c.p.c., con riferimento all'art. 325 c.p.c., ponendo il seguente quesito di diritto: "quando l'Amministrazione Statale si costituisce in giudizio a mezzo di un proprio dipendente, secondo quanto previsto dall'art. 417 bis c.p.c. la notifica della sentenza di primo grado, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione previsto dall'art. 325 c.p.c. deve essere effettuata allo stesso dipendente, procuratore costituito, essendo state attribuite al dipendente di cui si è avvalsa l'Amministrazione, tutte le capacità connesse alla qualità di difensore in tale giudizio di primo grado ivi compresa quella di ricevere la notificazione della sentenza, e va, quindi, dichiarato inammissibile l'appello che viene depositato in cancelleria dopo che siano decorsi, dalia predetta notifica, i termini di cui all'art. 325 c.p.c.";

- con il secondo mezzo di gravame si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 2 del Decreto del Ministero del Tesoro del 5 maggio 1990 per avere la sentenza impugnata negato il diritto all'inquadramento superiore del C..

4. - Il primo motivo di ricorso è fondato.

In tema di notificazione della decisione di primo grado in cui sia stata parte un'Amministrazione dello Stato, laddove l'Amministrazione si sia difesa attraverso proprio personale, la deroga al primo comma del R.D. n. 1611 del 1933, art. 11, comma 1, sull'obbligatoria notifica degli atti introduttivi di giudizio contro le amministrazioni erariali all'Avvocatura dello Stato, comporta, allorquando l'Autorità convenuta in giudizio sia rimasta contumace ovvero si sia costituita personalmente (o tramite funzionario delegato), anche quella al suddetto art. 11, comma 2, che prevede la  notificazione degli altri atti giudiziari e delle sentenze sempre presso la stessa Avvocatura. Ne consegue che la notificazione della sentenza che chiude il giudizio di primo grado, ai fini del decorso del termine breve per l'impugnazione, deve essere effettuata alla stessa Autorità che si sia costituita mediante un proprio funzionario e non presso l'ufficio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato, territorialmente competente, trovando applicazione i principi generali di cui agli artt. 292 e 285 c.p.c., i quali disciplinano anche le controversie in cui sia parte un'amministrazione dello Stato, in caso di inapplicabilità del predetto art. 11 (Cass. n. 2528 del 2009; Cass. n. 12730 del 2013; Cass. n. 21806 del 2014).

Si è in particolare precisato che, allorché l'amministrazione statale sia costituita in giudizio avvalendosi di un proprio dipendente, secondo la previsione di cui all'art. 417 bis c.p.c., la notifica della sentenza di primo grado ai fini del decorso del termine di impugnazione va effettuata allo stesso dipendente; la citata norma, infatti, va interpretata nel senso che essa attribuisce al dipendente di cui l'amministrazione si sia avvalsa tutte le capacità connesse alla qualità di difensore in tale giudizio, ivi compresa quella di ricevere la notificazione della sentenza, ancorché tale atto si collochi necessariamente in un momento successivo alla conclusione del giudizio stesso (Cass. n. 4690 del 2008 che, in motivazione, precisa anche i rapporti con la decisione delle Sezioni unite n. 752 del 2007; conforme, più di recente, Cass. n. 17404 del 2014).

5. - Conclusivamente il primo motivo di ricorso deve essere accolto in quanto ha errato la Corte territoriale a ritenere che la notifica della sentenza di primo grado effettuata al funzionario che aveva rappresentato la pubblica amministrazione statale in quel giudizio non fosse idonea a far decorrere il termine breve per l'appello; la sentenza impugnata va dunque cassata senza rinvio ai sensi dell'art. 382, co. 3, c.p.c., in quanto il processo d'appello non poteva essere proseguito; il secondo motivo di ricorso resta così assorbito.

Le spese del giudizio di appello e di cassazione seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

In accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata ai sensi dell'art. 382, co. 3, c.p.c., e condanna il Ministero intimato al pagamento delle spese liquidate in euro 2.050,00, di cui euro 50,00 per esborsi, per il grado di appello, e in euro 3.100,00, di cui 100,00 per esborsi, per il giudizio di legittimità.