Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 luglio 2015, n. 13680

Lavoro subordinato - Licenziamento - Ritardo - Richiamo - Insubordinazione - Legittimo

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 28 novembre 2011 la Corte d’appello dell’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Vasto del 19 ottobre 2010 che aveva rigettato la domanda di D.R.M. intesa ad ottenere dichiarazione dell’illegittimità del licenziamento irrogatogli il 30 dicembre 2005 dalla società M.I. S. s.r.l. con tutte le conseguenze di legge in ordine alla reintegra ed al risarcimento del danno, il riconoscimento del superiore inquadramento contrattuale, ed il pagamento del compenso del lavoro straordinario svolto. La Corte territoriale ha motivato tale pronuncia considerando provato il fatto addebitato al lavoratore e che ha dato luogo alla sanzione disciplinare espulsiva, costituita dalla insubordinazione manifestata dal D. in occasione di un richiamo conseguente ad un ritardo nel rientro da un convegno, comportamento di insubordinazione a cui consegue il licenziamento secondo la previsione del contratto collettivo di categoria. Quanto al superiore inquadramento la Corte aquilana ha considerato la genericità dell’allegazione e, comunque, dalle stesse contestazioni è desumibile che il D. non aveva alcuna autonomia di funzioni o di coordinamento che caratterizza la categoria contrattuale A rivendicata. Riguardo al compenso per lavoro straordinario, la stessa Corte d’appello ha rilevato il difetto di allegazione al riguardo, non superabile dalle deposizioni testimoniali assunte.

Il D. ha proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza articolato su tre motivi.

Resiste la Società M.I. s.r.l. con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si lamenta difetto di motivazione su di un punto decisivo per il giudizio, e violazione degli artt. 2106 e 2119 cod. civ. In particolare si assume che il giudice dell’appello non si sarebbe pronunciato sul punto decisivo della controversia attinente al contestato licenziamento e consistente nell’episodio del ritardo dal rientro da un convegno ed alla conseguente specifica insubordinazione nei confronti dei superiori, essendosi tale giudice soffermato esclusivamente sul comportamento di insubordinazione tenuto dal lavoratore in precedenti occasioni; d’altra parte l’immediatezza della contestazione farebbe presumere che il licenziamento era stato preordinato.

Con il secondo motivo si deduce violazione del CCNL dipendenti aziende produttrici laterizi e manufatti in cemento, art. 8 categoria A, profilo professionale n. 2, e manifesta contraddittorietà della motivazione, In particolare si lamenta che, dalle stesse contestazioni disciplinari che fanno riferimento ai progetti affidati al D. emergerebbe l’autonomia delle funzioni svolte ed il conseguente diritto all’inquadramento invocato.

Con il terzo motivo si deduce violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 116 e 432 cod. proc. civ., e difetto di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento del compenso per il lavoro straordinario svolto. In particolare si lamenta che lo svolgimento del lavoro straordinario sarebbe incontestato, mentre la mancata prova del suo esatto ammontare, avrebbe dovuto indurre il giudice del merito a liquidare equitativamente il relativo compenso.

Il primo motivo è infondato. Il ricorrente censura sia un vizio motivazionale sia una violazione di legge. Anche a non voler considerare l’irrituale formulazione plurima dell’unico motivo di gravarne, va comunque osservato, quanto al lamentato difetto di motivazione in ordine al fatto specifico contestato al lavoratore, che la Corte territoriale, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, non si è espressa solo su precedenti atti di insubordinazione, ma ha valutato complessivamente la vicenda che ha condotto al licenziamento in questione, considerando, sulla base delle prove testimoniali dettagliatamente riportate nella sentenza stessa, sia il ritardo nel rientro nel posto di lavoro, che ha poi dato luogo al richiamo ed al successivo episodio di insubordinazione, sia i precedenti analoghi episodi. Riguardo a tali precedenti va considerato, in diritto, che, come già affermato da questa Corte, che il principio dell'immutabilità della contestazione dell'addebito disciplinare mosso al lavoratore ai sensi dell'art. 7 dello statuto lavoratori preclude al datore di lavoro di licenziare per altri motivi, diversi da quelli contestati, ma non vieta di considerare fatti non contestati e situati a distanza anche superiore ai due anni dal recesso, quali circostanze confermative della significatività di altri addebiti posti a base del licenziamento, al fine della valutazione della complessiva gravità, sotto il profilo psicologico, delle inadempienze del lavoratore e della proporzionalità o meno del correlativo provvedimento sanzionatorio del datore di lavoro (per tutte Cass. 19 gennaio 2011, n. 1145). Pertanto il richiamo a precedenti analoghi atti di insubordinazione non inficia la legittimità del licenziamento nel senso suddetto.

Il secondo motivo è parimente infondato. La Corte territoriale ha osservato, sia pure incidentalmente, l’insufficiente allegazione da parte del ricorrente. Orbene il D. avrebbe dovuto illustrare quali siano state le allegazioni in materia di mansioni. Inoltre, ai fini del riconoscimento di mansioni superiori è necessario l’esame complessivo del contratto collettivo che non risulta prodotto. A tale riguardo questa Corte ha affermato in altre precedenti occasioni che l’onere di depositare i contratti e gli accordi collettivi su cui il ricorso si fonda - imposto, a pena di improcedibilità, dall'art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., nella nuova formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 - non può dirsi soddisfatto con la trascrizione nel ricorso delle sole disposizioni della cui violazione il ricorrente si duole attraverso le censure alla sentenza impugnata, dovendosi ritenere che la produzione parziale di un documento sia non solamente incompatibile con i principi generali dell'ordinamento e con i criteri di fondo dell'intervento legislativo di cui al citato d.lgs. n. 40 del 2006, intesi a potenziare la funzione nomofilattica della Corte di cassazione, ma contrasti con i canoni di ermeneutica contrattuale dettati dagli artt. 1362 cod. civ. e seguenti e, in ispecie, con la regola prevista dall’art. 1363 cod. civ., atteso che la mancanza del testo integrale del contratto collettivo non consente di escludere che in altre parti dello stesso vi siano disposizioni indirettamente rilevanti per l'interpretazione esaustiva della questione che interessa (per tutte Cass. 2 luglio 2009, n. 15495).

Infondato è anche il terzo motivo relativo al mancato riconoscimento del lavoro straordinario. Va a tale riguardo che, dalla sentenza impugnata, non risulta affatto che lo svolgimento del lavoro straordinario rivendicato è incontestato, in quanto, al contrario, il giudice dell’appello ha confermato il rigetto di tale capo della domanda, proprio per il difetto di allegazione e di prova al riguardo. Tale valutazione logicamente motivata, non è validamente censurata dal ricorrente con la dedotta mancata contestazione.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in€ 100,00 oltre € 3.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.