Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 luglio 2015, n. 13659

Rapporto di lavoro - Licenziamento per giusta causa - Perdita rapporto fiduciario - Violazione principio correttezza e buona fede - Legittimo

 

Svolgimento del processo

 

La Corte d'appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, in riforma della pronuncia di accoglimento di primo grado (che aveva ritenuto illegittimo il licenziamento per giusta causa intimato dalla S.p.A. S. Costruzioni ad A.N., direttore generale, ed aveva condannato la società al pagamento dell'indennità supplementare prevista, dal contratto collettivo nazionale per i dirigenti di aziende industriali, nonché ai pagamento dell’indennità sostitutiva di preavviso) ha respinto la domanda proposta dal predetto dirigerne.

Ha osservato la Corte di merito che i fatti contestati al N. integravano, per la loro gravità, tenuto anche conto del ruolo apicale rivestito dal predetto dipendente, la nozione di "giustificatezza" di licenziamento posta dalla contrattazione collettiva, non coincidente con quella di giustificato motivo di licenziamento. In particolare era rimasto accertato che il dirigente aveva nominato un avvocato penalista e un tecnico di sua fiducia a seguito di un incidente stradale con l’autovettura aziendale, facendo porre il compenso a carico della società; aveva apportato modifiche ad un’autovettura aziendale datagli in sostituzione della prima, pagando il corrispettivo (€ 650,00) a mezzo di carta di credito aziendale; aveva utilizzato tale carta di credito per spese personali, relative al parcheggio della propria autovettura e al pagamento di pasti in ristoranti; si era reso frequentemente assente dalla sede di lavoro nelle giornate di lunedì e venerdì; non aveva prodotto attività di rilievo rispetto ai compiti e alle mansioni a lui affidate, privando i vari collaboratori e colleghi di qualsiasi guida e coordinamento; non aveva provveduto in alcun modo alla gestione del personale, lasciando i dipendenti privi di disposizioni e direttive.

Ha rilevato infine la Corte territoriale che, diversamente da quanto sostenuto dal N., non si era formato alcun giudicato sulla questione relativa alla mancata audizione del medesimo, essendo stata tale questione affrontata solo incidentalmente dal primo giudice. Peraltro, ha aggiunto, non era stata al riguardo commessa alcuna violazione procedimentale da parte della società, essendosi il N. sostanzialmente sottratto all’audizione, prima chiedendo di essere sentito e successivamente dichiarando di non potere essere presente, dovendo essere sottoposto ad intervento chirurgico.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione A.N. sulla base di quattro motivi, illustrati da memoria. La società resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo, denunciando violazione e/o falsa applicazione degli artt. 324 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., il ricorrente deduce che avverso il capo della sentenza di primo grado che aveva ravvisato un ulteriore elemento di illegittimità del recesso nella mancata audizione di esso ricorrente, la società non ha proposto impugnazione. Di conseguenza, sul punto si era formato il giudicato, onde, trattandosi di questione idonea a definire il giudizio, la domanda doveva essere accolta.

2. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 32 Cost., 1175 e 1375 cod. civ., 7 della legge n. 300 del 1970, del "decreto legislativo 196/2003" nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione  su un punto decisivo della controversia.

Rilevi che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che il comportamento di esso ricorrente, il quale aveva comunicato all'azienda di non potere essere presente all'incontro fissato per la sua audizione dovendo sottoporsi ad intervento chirurgico, non fosse conforme ai generali principi di correttezza e buona fede. La causale anzidetta costituiva infatti un legittimo impedimento, idoneo a giustificare il differimento della audizione, rispondendo ad una esigenza di tutela effettiva della salute sancita dall’art. 32 Cost.

Né, aggiunge, vi era un obbligo, da parte di esso ricorrente, di segnalare preventivamente il ricovero ospedaliero ovvero di fornire ulteriori giustificazioni scritte anziché oralmente, atteso che la difesa orale costituisce una facoltà difensiva prevista dall’art. 7 St. Lav., alla quale non era lecito derogare.

3. Con il terzo motivo è denunciata violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., dell’art. 2119 cod. civ. nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia.

Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata non ha esaminato l'eccezione, sollevata con il ricorso introduttivo e reiterata in appello, relativa alla violazione del principio di tempestività e specificità degli addebiti. Tale eccezione era preliminare all’esame del merito delle contestazioni ed era peraltro decisiva ai fini del rigetto del gravame proposto dalla società.

4. Con il quarto motivo, denunciando violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2119 cod. civ., dell’art. 15 CCNL per i dirigenti di industria nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, il ricorrente deduce che la Corte di merito, nel ritenere provati gli addebiti contestatigli e nel considerare il licenziamento proporzionato a tali addebiti, non ha valutato correttamente le risultanze processuali.

Ed infatti;

- l’incidente stradale costituiva un infortunio sul lavoro, essendo strettamente connesso con la prestazione lavorativa. Era quindi in facoltà del ricorrente, ai sensi dell’art. 15 del contratto collettivo, farsi assistere da un legale di propria fiducia, con onere a carico dell’azienda;

- l'utilizzo della carta di credito aziendale per spese personali, peraltro per importi di lieve entità, era da giustificare sotto il profilo soggettivo e non comportava la lesione del rapporto fiduciario. Ed infatti, non appena ricevuta la comunicandone della indebita utilizzazione della stessa, gli importi relativi sono stati immediatamente restituiti;

- le asserite inadempienze con riguardo alla gestione dei personale, alla mancanza di coordinamento dei collaboratori ed al conseguimento degli obiettivi aziendali erano del tutto generiche, mentre le assenze dal posto di lavoro nei giorni di lunedì e venerdì non erano rilevanti, atteso che i dirigenti non sono assoggettati alla disciplina dell’orario di lavoro;

- i testi assunti, diversamente da quanto affermato dalla sentenza impugnata, avevano confermato lo svolgimento di attività complesse da parte del ricorrente, l’impegno dal medesimo profuso e l’adozione di importanti iniziative, quali quelle relative al progetto di accorpamento delle funzioni di amministrazione e controllo della società I. da parte della società S. Inoltre erano provate documentalmente le seguenti attività: analisi della struttura aziendale con l'aggiornamento degli organigrammi; la supervisione nella "realizzazione del piano motivazionale" e del budget strategico; la realizzazione del sistema di "reporting consolidato"; la formalizzazione del nuovo mansionario del settore amministrativo; "il controllo e monitoraggio costante della cura del bilancio".

5. Il primo motivo non è fondato.

La Corte di merito, nel respingere l’eccezione formulata dall’odierno ricorrente - il quale aveva dedotto che la società datrice di lavoro avrebbe dovuto impugnare specificamente il capo della decisione concernente la mancata audizione dello stesso ricorrente, al fine di evitare il formarsi del giudicato - ha osservato che dalla sentenza di primo grado risultava solo incidentalmente che la lettera di licenziamento era stata inviata "senza neppure attendere l’esperimento della richiesta audizione del dirigente". Tale affermazione, dunque, non costituiva una pronuncia esplicita o implicita, suscettibile di passare in giudicato, in quanto il licenziamento era stato ritenuto illegittimo per la ritenuta mancanza di prova degli addebiti oggetto della contestazione disciplinare.

L’assunto è da condividere. Il giudicato non si estende, infatti, ad ogni proposizione contenuta in una sentenza con carattere di semplice affermazione incidentale, atteso che per aversi giudicato implicito è necessario che tra la questione decisa in modo espresso e quella che si vuole tacitamente risolta sussista un rapporto di dipendenza indissolubile, e dunque l’accertamento contenuto nella motivazione della sentenza attenga a questioni che ne costituiscono necessaria premessa ovvero presupposto logico indefettibile.

In sostanza, ogni affermazione eccedente la necessità logico-giuridica della decisione deve considerarsi un obiter dictum, come tale non vincolante (cfr., per l’affermazione di tali principi, Cass. n. 16824/13; Cass. n. 5581/12; Cass. n. 1815/12; Cass. n. 22416/11.

6. Il secondo motivo è privo di fondamento.

La Corte di merito ha ritenuto che la comunicazione del ricorrente di non potere essere presente nella data fissata dalla datrice di lavoro per la sua audizione, dovendo essere sottoposto ad intervento chirurgico al ginocchio, non fosse in alcun modo giustificata. La lettera di contestazione disciplinare era stata infatti ricevuta dal dipendente il 22 marzo 2007. Il medesimo aveva chiesto di essere sentito con lettera raccomandata del giorno successivo, mentre la sua audizione era stata fissata per il 27 marzo 2007. Era quindi evidente che il N. fosse perfettamente a conoscenza di tale impedimento ancor prima di aver chiesto di essere sentito e che la mancata segnalazione dell’intervento chirurgico costituiva una violazione dei principi di correttezza e buona fede, tenuto altresì conto della prevedibile durata della convalescenza (poi protrattasi per quattro mesi).

Ritiene questo Collegio di condividere tale assunto. Il ricovero presso la struttura sanitaria, avvenuto subito dopo la richiesta di audizione, correttamente ha indotto la Corte di merito a ritenere che esso fosse stato in precedenza concordato dal ricorrente e che la mancata segnalazione di tale circostanza fosse preordinata al fine di ottenere un rinvio della audizione, in modo da procrastinare i tempi della definizione del procedimento disciplinare.

7. Il terzo motivo è inammissibile.

Il ricorrente infatti denuncia, oltre che omessa pronuncia ex art. 112 cod. proc. civ, anche vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Al riguardo questa Corte ha più volte affermato (Cass. n. 15882/07 e Cass. 13866/14) che in tema di ricorso per cassazione, è contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell'art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell'art. 360 cod. proc. civ., n. 4, non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360, n.5, cod. proc. civ. Il secondo presuppone, invece, l'esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione e va denunciato ai sensi dell'art. 360 n. 5, cod. proc. civ..

Deve peraltro aggiungersi, per completezza, che, in relazione alla asserita non tempestività e genericità della contestazione, il ricorrente, nell’affermare che la Corte di merito non ha preso in esame tale eccezione, omette del tutto, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quali termini la questione è stata posta al giudice del gravame.

8. Infondato è infine il quarto motivo.

E’ principio consolidato di questa Corte che in tema di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità fra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell’adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza (cfr., fra le altre, Cass. 22 giugno 2009 n. 14586; Cass. 26 luglio 2010 n. 17514; Cass. 13 febbraio 2012 n. 2013).

Ai fini della valutazione della gravità dell'inadempimento va assegnato rilievo all’intensità dell'elemento intenzionale, al ruolo ricoperto nell’azienda dal dipendente, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni e alla natura e alla tipologia del rapporto medesimo.

Il giudizio di proporzionalità tra licenziamento disciplinare e addebito contestato è devoluto al giudice di merito, la cui valutazione non è censurabile in sede di legittimità, ove sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria (Cass. 25 maggio 2012 n. 8293; Cass. 7 aprile 2011 n. 7948; Cass. 15 novembre 2006 n. 24349).

Nella specie, la Corte di merito ha ritenuto che i fatti contestati al ricorrente, quali descritti nella narrativa, fossero stati provati ed altresì che fossero tali da far venir meno l’elemento fiduciario che sta alla base del rapporto del lavoro, tenuto conto del ruolo apicale rivestito da un dirigente.

Il ricorrente censura tale decisione, sostanzialmente lamentando la non corretta valutazione degli elementi acquisiti al processo ed in particolare della prova testimoniale.

Ma tali censure si risolvono sostanzialmente in una richiesta di riesaminare e valutare il merito della causa, e cioè in una inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito, e perciò in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura e alla finalità del giudizio di cassazione.

Ed allora è bene ricordare che il ricorso per cassazione non introduce un terzo giudizio di merito tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall'ambito della denuncia dei vizi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ.

In altre parole, non è consentito alla Corte di cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico - formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento e all’uopo, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.

La Corte di merito, valutando nel complesso il materiale probatorio acquisito, ha dato sufficientemente conto della decisione adottata, con una motivazione congrua, coerente e priva di vizi logico-giuridici, pervenendo alla conclusione che il licenziamento fosse giustificato.

Resta solo da osservare che il ricorrente, con riguardo alla contestazione relativa alla nomina, a seguito di un incidente stradale con l’autovettura aziendale, di un avvocato penalista e di un tecnico di sua fiducia, facendo porre dagli stessi direttamente a carico della società il loro compenso, ha dedotto la non corretta applicazione dell’art. 15 del contratto collettivo per i dirigenti di azienda, rilevando che tale disposizione contrattuale gli consentiva la predetta condotta.

Senonchè, il motivo in esame è sul punto improccdibile, atteso che il ricorrente non produce, unitamente al ricorso, tale contratto (cfr, art. 369, primo comma, n. 4) cod. proc. pen..

Peraltro, per quanto è dato evincere dalla disposizione contrattuale anzidetta, come trascritta in ricorso, la facoltà del dirigente di farsi assistere da un legale di propria fiducia con onere a carico dell’azienda, presuppone l’apertura di un procedimento penale nei suoi confronti, ciò che nella specie non risulta dimostrato

9. In conclusione, alla stregua di tutto quanto precede, il ricorso deve essere respinto, previa compensazione tra le parti delle spese del presente giudizi, avuto riguardo alle contrastanti decisioni assunte dai giudici di merito.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e compensa tra le parti le spese del presente giudizio.