Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 03 luglio 2015, n. 13657

Lavoro - Ditta di trasporti - Permanenza nel tempo - Obbligo del lavoratore - Elementi indicatori della natura subordinata di un rapporto

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 23-6-2010 / 1-3-2011, la Corte d’appello di Lecce - sezione distaccata di Taranto ha accolto l’appello proposto da A.L. avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Taranto, che gli aveva respinto la domanda tesa al riconoscimento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la ditta S.P. Autotrasporti ed al conseguimento delle relative retribuzioni, e per l'effetto ha riformato tale decisione condannando quest’ultima a corrispondergli l’importo di € 2272,63 in relazione al rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le stesse parti dall’8.1.1997 al 10.3 1997, con gli accessori di legge e con compensazione delle spese del doppio grado di giudizio. La Corte territoriale ha spiegato che, all'esito di una valutazione complessiva del tenore delle deduzioni difensive delle parti, del loro rispettivo comportamento processuale e delle risultanze dell'istruttoria orale, era stato possibile ritenere provata la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le stesse, oltre che la conseguente rivendicazione retributiva, ancorché in relazione al periodo più breve compreso tra il giorno otto di gennaio e dieci di marzo del 1997.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso P.S., nella qualità di titolare della omonima ditta di autotrasporti, affidando l’impugnazione ad un solo motivo di censura.

Resiste con controricorso A.L.

Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

Motivi della decisione

 

Con un solo motivo il ricorrente censura l'impugnata sentenza per violazione degli artt. 2094 cod civ., 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c.

In pratica, il ricorrente lamenta che la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del principia dell’onere della prova, gravante sul lavoratore il quale aveva rivendicato delle differenze retributive, e che avrebbe accertato la natura subordinata del rapporto in esame alla luce dei parametri espressi da una recente pronunzia di legittimità (Cass. n. 58/2009), senza considerare quelli che all’epoca di svolgimento dei fatti di causa rappresentavano gli indici rivelatori della subordinazione apprezzati dalla costante giurisprudenza di legittimità e di merito.

Il ricorso è infondato.

Invero, la Corte ha chiaramente spiegato che alcuni tratti salienti della subordinazione erano pacifici tra le stesse parti, in quanto riconosciuti dal medesimo datore di lavoro nella propria memoria di costituzione nel giudizio di primo grado con riferimento al periodo compreso tra l’8/1/97 ed il 10/3/97, cioè l’arco temporale in relazione al quale è stata accolta la domanda di A.L.

Inoltre, con valutazione di fatto congruamente motivata ed esente da rilievi di legittimità, la Corte di merito ha precisato che gli indici rivelatori della subordinazione avevano trovato riscontro negli esiti delle espletate prove testimoniali. Ne consegue che non risulta affatto violato il principio dell’onere della prova, tanto più che il periodo della rivendicazione retributiva è stato circoscritto dalla Corte a quello indicato dalla stessa difesa della parte datoriale ed ammesso dal medesimo A.

Né ha pregio la doglianza incentrata sul fatto che la Corte d’appello ha richiamato dei recenti precedenti giurisprudenziali di legittimità in tema di indici rivelatori della subordinazione, trascurando, in tal modo, di tener conto di quelli normalmente seguiti all’epoca dei fatti dalla giurisprudenza.

Invero, la Corte d’appello ha fatto menzione degli indici da sempre ritenuti essere rivelatori della subordinazione, quali il contenuto meramente esecutivo dell’attività di autotrasportatore espletata dall’appellante, la mancanza, in capo allo stesso, di autonomia operativa e decisionale, oltre che del rischio economico d’impresa, la necessità del suo coordinamento con le esigenze datoriali e della clientela, evidenziando che si trattava di aspetti fattuali pacifici tra le parti.

Quindi, il richiamo operato in sentenza alla più recente giurisprudenza, che in ordine al vincolo della subordinazione specifica che questa non ha tra i suoi tratti caratteristici indefettibili la permanenza nel tempo dell’obbligo del lavoratore di tenersi a disposizione di datore di lavoro, è stato svolto dai giudici d’appello, nell’ambito della formazione del loro libero convincimento, a conforto della riscontrata sussistenza in punto di fatto dei tratti salienti della subordinazione.

E’, pertanto, inconferente il richiamo operato dal ricorrente al principio "tempus regit actum", posto che non si versa nell’ipotesi di avvenuta applicazione di una norma regolatrice del caso concreto non più operante "ratione temporis", né in quella di una questione di carattere processuale diversamente interpretata dalla Corte di merito in conseguenza dello "ius superveniens", bensì nella ordinaria situazione della citazione di un indirizzo giurisprudenziale di tipo evolutivo su un particolare aspetto della subordinazione a supporto del convincimento sulla ravvisata sussistenza degli altri elementi tipici di rapporto di lavoro subordinato, situazione di merito, questa, ben diversa dalla necessità di individuazione della norma regolatrice del rapporto all’epoca della sua esistenza.

Tra l’altro è interessante rilevare che la giurisprudenza più recente cui sì riferisce il ricorrente registra già al suo attivo un precedente di dieci anni prima, vale a dire quello recante il numero 7304 del 10/7/1999 della Sezione Lavoro di questa Corte, in base al quale "il vincolo della subordinazione non ha tra i suoi tratti caratteristici indefettibili la permanenza nel tempo dell'obbligo del lavoratore di tenersi a disposizione del datore di lavoro. Ne consegue che la scarsità e saltuarietà delle prestazioni rese da un lavoratore come cameriere ai tavoli di un ristorante, così come il fatto che sia lo stesso ad offrire la propria opera (della quale il titolare del ristorante può o meno avvalersi), non costituiscono elementi idonei a qualificare come autonomo il rapporto di lavoro intercorso tra le parti."

In realtà, quel che rileva è che l'esistenza del suddetto vincolo va concretamente apprezzata dal giudice di merito con riguardo alla specificità dell'incarico conferito al lavoratore e al modo della sua attuazione, fermo restando che, in sede di legittimità, è censurabile soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti da applicare al caso concreto, mentre costituisce accertamento di fatto - come tale incensurabile in tale sede se sorretto da motivazione adeguata e immune da vizi logici e giuridici la valutazione delle risultanze processuali che hanno indotto il giudice di merito ad includere il rapporto controverso nello schema contrattuale del rapporto di lavoro subordinato anziché in quello autonomo.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Le spese di lite del seguente giudizio seguono la soccombenza del ricorrente e vanno liquidate come da dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente ai pagamento delle spese del presente giudizio nella misura di € 3000,00 per compensi professionali e di € 100,00 per esborsi, oltre accessori di legge.