Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 02 luglio 2015, n. 27849

Tributi - Reati fiscali - Emissione di fatture per operazioni inesistenti - Prescrizione - Decorrenza

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con sentenza del 13/12/2013 la Corte di Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal G.u.p. del Tribunale di Milano in data 10/01/2011, con la quale G.V., applicata la riduzione per la scelta del rito abbreviato, era stato condannato per i reati ai cui all'art. 8 D.L.vo 74/2000 ascritti, unificati sotto il vincolo della continuazione, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell'imputato in ordine ai reati di cui ai capi A), A1), B), C), D), E), F), L), M), nonché in ordine ai reati di cui al procedimento riunito, limitatamente alle fatture emesse da D.B. s.r.l., perché estinti per prescrizione e rideterminava la pena per i restanti fatti-reato in anni 1 e mesi 8 di reclusione.

Premetteva La Corte territoriale che il G.u.p. aveva fondato l'affermazione di responsabilità del V. sugli accertamenti eseguiti dalla G.d.F. di Ferrara e riportati nella notizia di reato del 6/2/2007 in ordine all'emissione di numerose fatture relative ad operazioni inesistenti da parte del V., quale rappresentante legale delle società indicate nei capi di imputazione, soprattutto a beneficio della società E. s.r.l., nonché sulle dichiarazioni di Z.L. coimputato del V. nel procedimento riunito, e S.M. impiegata addetta alla contabilità della E. Tanto premesso, riteneva che i rilievi contenuti nell'atto di appello non scalfissero rimpianto accusatorio delineato dal G.u.p., non risultando peraltro neppure contestata la natura fittizia delle operazioni.

Per alcune delle violazioni era però maturata la prescrizione.

Non potevano essere concesse le circostanze attenuanti generiche per la gravità della condotta, reiterata per almeno due anni, e la pena andava rideterminata, tenendo conto di quella base indicata dal primo giudice, con applicazione di sei aumenti per la continuazione e con la riduzione per il rito.

2. Ricorre per cassazione G.V. a mezzo di difensore, denunciando, con il primo motivo, l'erronea applicazione dell'art. 8 D.L.vo 74/2000 ed il difetto di motivazione.

La Corte territoriale, in palese contrasto con il dato normativo, ha ritenuto che dovesse considerarsi una sola condotta per ciascuna società emittente e per ogni periodo di imposta.

Il legislatore ha, invero, considerato, in modo unitario, il comportamento dell'agente in relazione ad un determinato periodo di imposta, a prescindere dall'eventuale difforme intestazione dell'emittente delle fatture stesse.

Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione alla determinazione della pena base, non avendo la Corte di merito tenuto conto che gran parte degli episodi era stata dichiarata prescritta e non avendo considerato che non potevano essere apportati gli aumenti per la continuazione.

 

Considerato in diritto

 

1. Il ricorso è manifestamente infondato.

2. Non c'è dubbio che, a norma dell’art. 8 comma 2 D.L.vo n. 74/2000, ai fini dell’applicazione della disposizione prevista dal comma 1, l'emissione o il rilascio di più fatture o documenti per operazioni inesistenti nel corso del medesimo periodo di imposta si consideri come un solo reato.

Sotto l’imperio della precedente disciplina di cui alla L. 516/1982 la prevalente giurisprudenza riteneva che il reato di cui al n.m 5 dell'art. 4 si consumasse "appena la fattura falsa è emessa o utilizzata; se le fatture sono più d’una, i reati sono molteplici, anche se unificabili nel vincolo della continuazione" - cfr. Cass. pen. sez. 3, 13/11/1997 n. 10207 - (In motivazione si precisava che la tesi contraria, secondo cui il reato è unico per tutte le fatture emesse nello stesso periodo di imposta, sarebbe sostenibile soltanto se la frode fiscale fosse un reato di evento a dolo generico, integrato solo con il conseguimento del risultato tributario-evasione o indebito rimborso).

I dubbi interpretativi manifestatisi non hanno più ragion d'essere alla luce del chiaro disposto normativo di cui al comma 2 dell'art. 8 D.L.gvo 74/2000 che, come si è visto, considera "unitario" il reato anche in presenza della emissione, nel corso del medesimo periodo di imposta, di una pluralità di fatture per operazioni inesistenti.

Tale unitarietà del reato non può che ripercuotersi sul momento di consumazione e quindi sulla decorrenza della prescrizione.

Questa Corte ha infatti affermato che "ai fini della individuazione del momento di consumazione del delitto di emissione di fatture per operazioni inesistenti, previsto dall'art. 8 del Decreto Legislativo 10 marzo 2000 n. 74, non rileva il momento dell'accertamento, ma quello in cui è avvenuta l'emissione della singola fattura ovvero dell'ultima di esse, quando vi sia stata pluralità di emissioni nel corso del medesimo periodo di imposta" (cfr. Cass. sez. 3 n. 20787 del 18/4/2002).

Tale principio costituisce attuazione della chiara disposizione che, al D.Lgs.10 marzo 2000 n. 74, art. 8, in deroga agli ordinari principi previsti dall’art. 81 cpv. c.p. in tema di continuazione, prevede un regime di favore per l’imputato mediante la riconduzione ad unità dei plurimi episodi di emissione di fatture per operazioni inesistenti commessi nell'arco del medesimo arco di imposta. A fronte di tale regime favorevole, che riconduce la pluralità ad unico reato e in tal modo esclude l'aumento di pena che sarebbe applicato in via ordinaria, corrisponde la conseguenza che il termine prescrizionale non decorre dalla data di commissione di ciascun episodio, bensì dall'ultimo di essi" (cfr. Cass. pen.sez.3 n. 6264 del 14/1/2010).

3. La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, riconducendo ad unità tutte le fatture emesse nel medesimo periodo di imposta da ognuna delle società indicate nei capi di imputazione.

Trattandosi di persone giuridiche "distinte" ed "autonome" non ha alcuna rilevanza che per tutte il rappresentante legale fosse la stessa persona fisica.

E' del tutto evidente che li legislatore ha inteso far riferimento alla emissione, da parte di uno stesso soggetto (sia esso persona giuridica o persona fisica), di una pluralità di fatture nello stesso periodo di imposta.

4. Anche in ordine alla determinazione della pena la Corte territoriale ha correttamente operato.

La determinazione della pena base è stata fatta in relazione al reato più grave, a prescindere dalla intervenuta declaratoria di prescrizione per alcuni reati, e la Corte territoriale ha ritenuto di confermare quella indicata in primo grado, in considerazione della gravità della condotta, protrattasi per almeno due anni.

Ha quindi escluso gli aumenti ex art. 81 cod.pen. apportati in relazione ai reati dichiarati prescritti, mentre ha determinato in mesi 1 di reclusione l'aumento per ciascuno dei residui reati ritenuti in continuazione.

5. Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento in favore della cassa delle ammende di sanzione pecuniaria che pare congruo determinare in euro 1.000,00, ai sensi dell’art. 616 c.p.p.

Va solo aggiunto che l'inammissibilità del ricorso preclude la possibilità di dichiarare la prescrizione, maturata dopo l'emissione della sentenza impugnata.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.