Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 23 giugno 2015, n. 12990

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Revocatoria fallimentare - Atto anomalo - Prova della sproporzione tra prestazioni - Mancata prova dell’adempimento dell’acquirente - Irrilevanza

 

Ragioni in fatto e in diritto della decisione

 

1.- Con la sentenza impugnata (depositata il 26.2.2008) la Corte di appello di Catanzaro interessa - ha confermato la decisione del tribunale con la quale era stata accolta la domanda ex art. 67, comma 1, l. fall., proposta dal curatore del fallimento di M.M. nei confronti della s.n.c. M.G. & S. ed era stata dichiarata inefficace la vendita di beni strumentali del fallito stipulata prima del 30.4.1993 (epoca di emissione di due fatture), ossia oltre un anno prima del fallimento del M., dichiarato il 30.4.1994.

In estrema sintesi, la corte di merito ha disatteso il motivo di appello con il quale la società appellante aveva dedotto che il tribunale aveva erroneamente posto a carico della convenuta l'onere della prova dell'inscientia decoctionis pur in mancanza della prova della sproporzione delle prestazioni. Invero, secondo la corte di merito, trattandosi di azione proposta ai sensi del primo comma dell'art. 67 l. fall, spettava alla convenuta dimostrare l'inscientia decoctionis; prova in concreto non fornita. Quanto alla sproporzione, poi, la corte di merito ha condiviso il giudizio del tribunale per il quale, non essendo stata fornita la prova del pagamento non era possibile accertare la sproporzione.

Contro la sentenza di appello la società convenuta ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

Non ha volto difese la curatela fallimentare intimata.

2.1. - Con il primo motivo parte ricorrente denuncia vizio di motivazione, formulando ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, la seguente sintesi: «se vi è stata violazione dell'art. 360 n. 5 c.p.c., avendo la corte territoriale ritenuto provata la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 67, I cpv. l. fall. n. 1 sulla base di sole presunzioni, deducendo la proporzione tra le controprestazioni da fatti solamente supposti e non provati>>.

2.2. - Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione di norme di diritto e vizio di motivazione. Formula il seguente quesito ex art. 366 bis c.p.c.: «se vi è stata falsa applicazione dell'art. 67, I cpv. n. 1 l. fall, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. per aver ritenuto la Corte d'Appello di Catanzaro che le compravendite di cui alle fatture nn. 16 e 18 del 30.4.1993 sono caratterizzate da prestazioni eseguite o obbligazioni assunte dal fallito che sorpassano notevolmente ciò che a lui è stato dato o promesso; violazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., 116 c.p.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 4 c.p.c., per avere il giudice del gravame ritenuto provata la notevole sproporzione tra le controprestazioni di cui al negozio dichiarato inefficace nei confronti della massa dei creditori del fallimento di M.M., pur non avendo quest'ultimo assolto all'onere probatorio gravante sull'attore circa la c.d. sproporzione tra le prestazioni».

2.3. - Con il terzo motivo parte ricorrente denuncia violazione di norme di diritto e vizio di motivazione. Formula il seguente quesito: «se vi è stata falsa applicazione dell'art. 67 I cpv. n. 1 l. fall, in relazione all'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. per avere la Corte territoriale valorizzato - contro il dictum inequivoco della legge fallimentare - l'omessa prova in capo al convenuto di un elemento irrilevante (pagamento del prezzo) ai fini dell'accertamento della sussistenza dei presupposti voluti dalla norma per accogliere l'azione revocatoria fallimentare».

3.- Osserva la Corte che il primo e il secondo motivo sono inammissibili per violazione dell'art. 366 bis c.p.c., posto che i quesiti formulati sono meramente tautologici oppure affermano assiomaticamente l'avvenuta violazione di legge denunciata. Si tratta, comunque, di censure inammissibili in quanto attengono al merito della decisione impugnata.

Quanto al terzo motivo, se è vero che, per la mancanza del momento di sintesi ex art. 366 bis c.p.c., è inammissibile la censura denunciante un vizio di motivazione, è fondata, per contro, la censura che denuncia la falsa applicazione dell'art. 67, comma 1, n. 1) l. fall.

Infatti, la corte di merito, dopo avere rilevato che, trattandosi di azione proposta ai sensi del primo comma dell'art. 67 l. fall., spettava alla convenuta dimostrare l'inscientia decoctionis; prova in concreto non fornita, ha erroneamente condiviso il giudizio del tribunale per il quale, non essendo stata fornita la prova del pagamento, non era possibile accertare la sproporzione.

Sennonché, ciò che rileva ai fini della norma in esame è la sproporzione notevole tra "le prestazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito" rispetto a "ciò che a lui è dato o promesso", mentre l'inadempimento delle obbligazioni del contraente in bonis non dà luogo a revoca dell’atto, bensì ad azione di condanna.

Già in passato, peraltro, è stato affermato il principio per il quale nell'ipotesi di revocatoria ai sensi dell'art. 67, primo comma, n. 1, legge fallim. la proporzionalità tra le prestazioni delle parti deve essere verificata considerando le obbligazioni dedotte nel contratto, senza tener conto di successivi inadempimenti e del danno che ne sia eventualmente derivato, atteso che l'inadempimento di talune di dette obbligazioni è accadimento successivo all'accordo delle parti ed estraneo all'assetto dato, con il negozio concluso, ai loro interessi (Sez. 1, Sentenza n. 5058 del 05/03/2007).

Sì che, tenuto conto che, secondo quanto afferma il ricorrente (pag. 5 e s. del ricorso) sarebbe stata espletata in primo grado una consulenza tecnica per accertare il valore dei beni (lire 41.252.000) e l'eventuale sproporzione del prezzo indicato nelle fatture (lire 41.043.100), il giudice del merito non avrebbe dovuto valorizzare la mancata prova del pagamento del prezzo bensì "l'assetto dato, con il negozio concluso, ai loro interessi" dalle parti (salvo ipotizzare una simulazione, che non risulta posta a base della domanda).

La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata in accoglimento del terzo motivo, con rinvio alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, per nuovo esame e per il regolamento delle spese.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibili il primo e il secondo motivo, accoglie il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di appello di Catanzaro, in diversa composizione, per nuovo esame e per il regolamento delle spese.