Giurisprudenza - COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE TRIESTE - Sentenza 26 maggio 2015, n. 201

Tributi - IVA - Noleggio carrelli elevatori - Qualificazione come mezzi di trasporto - Esclusione - Equiparazione al noleggio di mezzi di trasporto - Operazioni imponibili - Non sussiste - Operazioni esenti

 

Con sentenza n. 105/01/13, pronunciata e depositata il 22.7.2013, la Commissione Tributaria Provinciale di Pordenone ha accolto il ricorso presentato dalla V. s.r.l. contro l’avviso di accertamento notificatole il 13.12.2012 con il quale l’Agenzia delle Entrate di Pordenone aveva contestato alla contribuente l’omessa applicazione dell’IVA (relativamente al 2007) su operazioni imponibili costituite dal noleggio di carrelli elevatori, sostenendo che tali carrelli dovevano essere qualificati come "mezzi di trasporto", con conseguente applicazione della lettera f) dell’art. 7, comma 4, del DPR 633/72, per il quale le prestazioni di noleggio di mezzi di trasporto, se effettuate da soggetti residenti in Italia, si considerano effettuate nel territorio dello Stato, con conseguente imponibilità ai fini dell’IVA.

Nel ricorso di primo grado la società innanzitutto sosteneva, sulla scorta di vari argomenti e dati normativi, che i carrelli elevatori non costituivano mezzi di trasporto, con la conseguenza che il loro noleggio andava considerato come noleggio di beni mobili materiali diversi da tali mezzi, per il quale la lettera d) del comma 4 dell’art. 7 del DPR 633/72 disponeva l’imponibilità IVA nello Stato del soggetto committente non residente in Italia; in secondo luogo, lamentava che l’Amministrazione avesse sotto vari profili violato lo Statuto del contribuente, sia per omessa comunicazione dell’inizio della verifica, sia per la mancata redazione di un processo verbale a chiusura delle operazioni di verifica fiscale, sia per mancato rispetto, in assenza di particolari ragioni d’urgenza, del termine di 60 giorni dalla chiusura delle operazioni di verifica prima dell’emanazione dell’avviso di accertamento. Per queste ragioni la società concludeva chiedendo, in via principale, la dichiarazione di nullità o di illegittimità, in tutto o in parte, dell’avviso impugnato, con riduzione, se del caso, dell'ammontare delle imposte richieste; in via subordinata, la dichiarazione di nullità o illegittimità dell'atto di irrogazione delle sanzioni; in via ancor più subordinata, la dichiarazione di non debenza, in tutto o in parte delle sanzioni irrogate ed in ogni caso con rimborso delle somme eventualmente percepite e vittoria di spese.

L’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Pordenone, si costituiva in giudizio con controdeduzioni del 26.3.2013, nelle quali chiedeva la reiezione del ricorso e la conferma della legittimità del proprio operato, sia per le pretese impositive che per quelle sanzionatorie, con vittoria di spese. L’Ufficio ribadiva le ragioni per le quali i carrelli elevatori noleggiati dalla contribuente dovevano considerarsi mezzi di trasporto e negava ogni pregio alle censure di violazione del diritto di difesa del contribuente, facendo valere la sentenza della Cassazione del 26.9.2012, n. 16354, che restringe il dovere dell’Amministrazione di rispettare le garanzie di cui all’art. 12 della legge n. 212/2000 al caso accessi, ispezioni e verifiche eseguiti nei locali destinati all’esercizio delle attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali, escludendolo quando i controlli e le verifiche siano effettuate in base a dichiarazioni fiscali, questionari, documenti del contribuente acquisiti su richiesta, segnalazioni, rapporti, comunicazioni di altre autorità. Poiché nel caso di specie non vi era stato alcun accesso o ispezione nei luoghi in cui si svolge l’attività della società, per l’Agenzia non poteva ravvisarsi alcuna violazione dei diritti di difesa del contribuente.

I giudici di primo grado, pur ricordando i contrasti giurisprudenziali sul punto ed il fatto che la questione era stata sottoposta al vaglio delle Sezioni Unite della Cassazione, hanno condiviso l’interpretazione dell'Agenzia restringendo l’applicazione delle vane espressioni del diritto di difesa del contribuente al caso di accesso, ispezione o verifica presso i locali nei quali il contribuente esercita la propria attività, così respingendo il primo motivo del ricorso.

La sentenza della Commissione Provinciale ha accolto, invece, il secondo motivo, quello di merito, affermando che i carrelli elevatori e le piattaforme elevatrici non devono essere considerati mezzi di trasporto. La contraria opinione dell’Agenzia delle Entrate era ritenuta il frutto di un errore ermeneutico. L’Ufficio, infatti, da un lato, si era attardato ad ancorarsi alla Risoluzione ministeriale 187/E del 20.7.2009, che aveva richiamato una formulazione provvisoria e poi abbandonata dal Comitato IVA presso l’Unione Europea, e dall'altro, aveva concentrato l’attenzione sul solo paragrafo primo del Regolamento UE 282/2011, senza soffermarsi sul paragrafo due, dove i carrelli e le piattaforme elevatori non compaiono nell’elenco analitico dei mezzi di trasporto. Per i contrasti interpretativi in materia, la Commissione Provinciale ha compensato le spese.

Questa sentenza è stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate con appello depositato il 20.3.2014, nel quale si chiede, in totale riforma della decisione impugnata, la conferma della legittimità dell'avviso, con vittoria di spese di entrambi i gradi.

Con memoria depositata il 28.4.2014 la V. srl si è costituita nel giudizio d’appello, chiedendo la conferma della sentenza di primo grado e, in via subordinata, la dichiarazione di nullità o illegittimità dell’irrogazione delle sanzioni, con vittoria di spese, e proponendo appello incidentale sul capo della sentenza che ha respinto le eccezioni preliminari avanzate in primo grado dalla contribuente e concernenti la violazione, sotto vari profili, dei diritti previsti dall’art. 12 della legge n. 212/2000.

Ciò che la contribuente chiama appello incidentale non è che la riproposizione nel giudizio di secondo grado dei motivi di censura dell’avviso impugnato concernenti la mancata applicazione dei diritti di difesa del contribuente nella fase che ha preceduto l’emissione dell’avviso stesso, motivi non accolti dalla Commissione Provinciale, la quale, però, ha accolto la domanda principale della società sotto il profilo del merito. Anche per questa Commissione la suddetta censura, che per ragioni di logica va esaminata per prima, non è fondato.

La Commissione è consapevole dei profondi contrasti giurisprudenziali circa l’applicabilità dei diritti di difesa sanciti a favore del contribuente dall’art. 12 della legge n. 212/2000 anche al caso delle cosiddette "verifiche a tavolino", che non richiedono accessi ed ispezioni sul luogo di attività del contribuente, ma non è convinta che la sentenza delle Sezioni Unite n. 19667/2014 li abbia definitivamente risolti. Questa pronuncia, infatti, si riferisce ad un’ipotesi particolare, diversa da quella, molto più frequente, di cui si discute nella presente causa. Le Sezioni Unite hanno sancito che l’esattore, per procedere all’espropriazione forzata a seguito di una iscrizione ipotecaria sui beni del contribuente che non abbia pagato gli importi indicati nella cartella esattoriale non più impugnabile, deve previamente comunicare al debitore l’iscrizione ipotecaria, nel senso che "la comunicazione.. .deve necessariamente precedere la concreta effettuazione dell’iscrizione ipotecaria" (n. 13.4. della sentenza), e "ciò sulla base di un principio generale, caratterizzante qualsiasi sistema di civiltà giuridica, che assume la doverosità della comunicazione di tutti gli atti lesivi della sfera giuridica del cittadino, comunicazione che sostituisce il presupposto imprescindibile per la stessa impugnabilità dell'atto, in particolare nel processo tributario che è strutturato come processo di impugnazione di atti in tempi determinati rigidamente" (n. 13.3.). È vero che la sentenza in esame esamina anche le norme dello Statuto del contribuente, traendo da esse il diritto al contraddittorio, "ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo", in coerenza con gli artt. 24 e 97 Cost. (n. 15) e con i principi fondamentali del diritto dell’Unione europea (15.2.), ma rimane incerto se la pronuncia in esame valga anche per il caso in cui l’Amministrazione proceda in base ad atti in suo possesso, o comunicati dal contribuente o da terzi, già noti al contribuente, e con successiva possibilità di impugnazione giudiziale dell’atto pregiudizievole.

Questa incertezza ha trovato espressione nella recente ordinanza della Sezione Sesta civile, Sottosezione Tributaria, della Corte di Cassazione, depositata il 14.1.2015, co l n. 527, nella quale non si ritiene che i principi affermati dalle Sezioni Unite, sia nella sentenza sopra citata del 2014 sia nella precedente pronuncia n. 26635/2009, possano essere applicati agli accertamenti c.d. "a tavolino", in assenza di alcuna norma che ne specifici modalità, termini e conseguenze, in un contesto, per di più, in cui i principi comunitari non sono ritenuti di portata assoluta e incondizionata: per queste ragioni il collegio ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite.

La Commissione ritiene, invece, illegittimo l’avviso impugnato sotto il profilo del merito, laddove cioè ha ritenuto che i carrelli elevatori noleggiati dalla V. costituissero mezzi di trasporto, dovendo anche su questo punto confermare la sentenza impugnata con conseguente reiezione dell’appello.

L’Agenzia censura la decisione dei primi giudici perché non ha adottato una nozione ampia del concetto di "mezzi di trasporto". Tale concetto -rileva l’Agenzia- non è specificato nell’art. 38 del Regolamento UE 282/2011, che si riferisce genericamente a "veicoli, motorizzati o no, e altri dispositivi e attrezzature concepiti per il trasporto di persone od oggetti da un luogo all’altro", ma risulta specificato, da una parte, nelle linee guida del Comitato IVA del marzo 2009 che, recependo l’invito ad una interpretazione estensiva espresso dalla Corte di Giustizia nella sentenza del 15.3.1989, causa C-51/88, include tra i "mezzi di trasporto" anche i carrelli elevatori a forcale; e dall’altra, dalla conseguente Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 187/E del 20.7.2009, la quale ha considerato mezzo di trasporto una piattaforma aerea autocarrata. Ciò che rileva, per l’appellante, sarebbe il fatto che in entrambi i casi si tratterebbe di attrezzature destinate al sollevamento e allo spostamento aereo di merci, assolvendo alla specifica funzione di movimentazione di beni e, quindi, di "mezzi di trasporto. Questa concezione sarebbe poi confermata dalla nota del Ministero dei Trasporti del 10.6.2013, n. 14906 che ammette la possibilità che i carrelli elevatori siano abilitati alla circolazione su strada. Quanto, infine, alla normativa dell’Unione europea, l’appellante nega ogni pregio alle linee guida del luglio 2009 che, modificando quelle del marzo precedente, non contengono più i carrelli elevatori a forcale nell’elenco dei "mezzi di trasporto", in quanto tali linee giuda sarebbero prive di portata vincolante.

Questi argomenti non sono fondati. Come già osservato dall'appellata, bisogna rilevare, infatti, che la sentenza impugnata non ha considerato vincolanti le indicazioni delle linee giuda del Comitato IVA. D’altra parte, è palesemente contraddittorio il ragionamento dell’Agenzia la quale contesta il carattere vincolante delle linee del luglio, ma si affida fortemente su quelle, precedenti, di marzo. Inconsistente è anche il riferimento alla citata sentenza della Corte di Giustizia del 1989, dato che l’ipotesi da essa decisa riguardava panfili a vela destinati alla pratica sportiva, indubbiamente mezzi di trasporto, ma completamente diversi dal carrelli elevatori. La nota del Ministero dei trasporti del 2013, infine, ha un significato molto diverso dall’equiparazione dei carrelli elevatori ai mezzi di trasporto. La nota in questione, in vero, da una parte, richiede, per la possibile circolazione su strada, una formale immatricolazione degli stessi, in difetto della quale non è possibile alcuna circolazione su strada; dall’altra, sembra evidenziare che le modifiche al codice della strada da essa considerate non alterino di molto la sostanza delle finalità delle norme nuove rispetto a quelle delle vecchie, intendendo consentire, ad esempio in caso di due stabilimenti divisi da una strada o poco distanti tra loro, una circolazione su strada breve e saltuaria.

Per decidere se i carrelli elevatori noleggiati dall’appellata siano o no "mezzi di trasporto" ai fini dell’applicazione dell’IVA nel nostro Paese o in quelli dei committenti non residenti, la Commissione ritiene rilevante muovere innanzitutto dal Regolamento UE del 15.3.2011, n. 282. Nel precisare, all’art. 38, quali siano i "mezzi di trasporto", il Regolamento non include tra di essi i carrelli elevatori. Il che ha un certo rilievo, perché altri macchinari, la cui inclusione potrebbe essere discutibile, sono stati, invece, ricompresi, come accade per i veicoli a propulsione meccanica o elettrica per persone disabili". A questo primo elemento se ne aggiunge un secondo, e cioè la precedente modifica delle linee giuda nel senso della non menzione tra i mezzi di trasporto dei carrelli elevatori. Per la Commissione tutto ciò già pone più di un ostacolo all’accoglimento dell'interpretazione lata fatta valere dall’appellante.

Ogni dubbio sulla non fondatezza dell’appello scompare, peraltro, se si considera la nozione logica e giuridica di mezzo di trasporto. Come ben colto dalla difesa dell’appellata, anche sulla scorta del parere del prof. A.A., ordinario di Diritto dei Trasporti, i carrelli elevatori hanno come naturale funzione quella di movimentare le merci all’interno di un capannone o di un piazzale, e cioè all’interno di uno spazio chiuso, mentre i mezzi di trasporto sono naturalmente destinati a trasferire persone o cose da un luogo ad un altro, e cioè a trasportare persone o cose da un luogo di partenza ad un luogo di arrivo dopo aver compiuto un certo tragitto per strada, acqua od aria. La funzione intrinseca dei carrelli elevatori non è quella di uscire dagli stabilimenti o dai piazzali e di percorrere tragitti lungo le strade. I carrelli non sono mezzi idonei al trasporto, e cioè pensati e costruiti per trasferire persone o cose; sono mezzi pensati e costruiti per muovere cose in spazi ristretti, per sistemare nel magazzino merci che giungono nello stabilimento su mezzi di trasporto o per prelevarle e farle uscire dallo stesso su mezzi di trasporto. Queste considerazioni spiegano perché le linee guida europee siano mutate e perché il Regolamento non includa i carrelli elevatori tra i mezzi di trasporto.

L’appello va, dunque, respinto. Le spese del presente grado seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Respinge l’appello e per l’effetto conferma l’impugnata decisione. Condanna l’appellante al pagamento delle spese del giudizio, che liquida in euro 5.000,00, oltre ad accessori di legge.