Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 maggio 2015, n. 9112

Contributi previdenziali ed assicurativi - Retribuzione imponibile - Lavoratori soci di società cooperative - Determinazione ex art. 6 del D.P.R. n. 602/1970 - Riferimento a decreti ministeriali - Poteri del giudice ordinario - Disapplicazione - Ammissibilità - Cartella di pagamento conseguente - Illegittimità derivata - Sussiste

 

Svolgimento del processo

 

1. - La sentenza attualmente impugnata, in accoglimento dell’appello proposto dall’INPS - anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a. - e in riforma della sentenza n. 1158/06 del Tribunale di Ancona, rigetta l’opposizione alla iscrizione a ruolo esattoriale proposta da C. società cooperativa.

La Corte d’appello di Ancona, per quel che qui interessa, precisa che:

a) in base alla giurisprudenza di legittimità i decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale emessi ai sensi del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 602 ed in attuazione dell’art. 35 della legge 21 luglio 1965, n. 903 hanno natura di regolamenti delegati e costituiscono fonte di diritto oggettivo cui si estende il sindacato della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ.;

b) è incontroverso, nella specie, che tali decreti non sono stati impugnati davanti al giudice amministrativo e che quindi sono divenuti inoppugnabili e, come tali, non soggetti a disapplicazione per asseriti vizi di legittimità, non fatti valere nella sede propria;

c) è pacifico che i verbali redatti dai funzionari degli enti previdenziali e assistenziali o dell’Ispettorato del lavoro fanno piena prova dei fatti che i funzionari stessi attestino avvenuti in loro presenza, ne consegue che, nella specie, si deve fare riferimento a quanto accertato dai funzionari di vigilanza INPS, tramite riscontri documentali;

d) ne consegue l’accertamento della legittimità del recupero a contribuzione, con le relative conseguenze.

2. - Il ricorso di C. società cooperativa - illustrato da memoria - domanda la cassazione della sentenza per sei motivi; resiste, con controricorso, l’INPS, che preliminarmente deduce la tardività della notifica del ricorso.

 

Motivi della decisione

 

I - Profili preliminari

1.- Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di tardività della notifica del ricorso, proposta dall’Istituto controricorrente.

Infatti, dall’ultima pagina del ricorso medesimo risulta che la notificazione - che si è perfezionata il 24 maggio 2012 - è stata, però richiesta dalla ricorrente all’Ufficio UNEP della Corte d’appello di Ancona il 21 maggio 2012, cioè nell’ultimo giorno utile, visto che la sentenza è stata notificata il 22 marzo 2012 e il sessantesimo giorno successivo era proprio lunedì 21 maggio 2012.

Questo è sufficiente per considerare la notifica tempestiva per la notificante, essendo noto che, a partire dalle sentenze della Corte costituzionale n. 477 del 2002 e n. 28 del 2004 - cui sono seguite numerose pronunce conformi di questa Corte - si è statuita la scissione fra i due momenti di perfezionamento, per il richiedente la notifica e per il notificatario, di tutte le notificazioni degli atti processuali, comprese quelle realizzate per il tramite dell’ufficiale giudiziario.

II - Sintesi dei motivi di ricorso

2 - Il ricorso è articolato in sei motivi.

2.1- Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione: a) dell’art. 6, primo comma, del d.P.R. 30 settembre 1970, n. 602, in riferimento alla statuizione della Corte d’appello secondo cui gli eventuali vizi di acquisizione del parere delle organizzazioni sindacali interessate non potrebbero invalidare la determinazione finale, relativa all’adozione del decreto ministeriale in oggetto; b) degli artt. 2909 cod. civ. e 324 cod. proc. civ., per il mancato rispetto delle statuizioni interne rese in sede di incidente di falso - e ormai coperte dal giudicato, in assenza di impugnazione - relative alla omessa regolare convocazione delle organizzazioni sindacali e alla natura vincolante, ai fini della legittimità della procedura di emanazione dei decreti ministeriali di fissazione dei minimali contributivi su base zonale, dell’acquisizione del parere delle organizzazioni sindacali interessate.

2.2 - Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all'art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione degli artt. 4 e 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, allegato E, con riferimento alla affermazione della Corte anconetana secondo cui il DM in oggetto, non essendo stato impugnato davanti al giudice amministrativo sarebbe divenuto inoppugnabili e, come tale, non soggetto a disapplicazione per asseriti vizi di legittimità, non fatti valere nella sede propria.

2.3 - Con il terzo motivo si denuncia: 1) in relazione all’art. 360, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ.: a) violazione degli’artt. 416 e 414, n. 4, cod. proc. civ., che prevedono l’obbligo di specifica allegazione dei fatti posti a fondamento di eccezioni impeditive della domanda, quale è, nella specie, l’eccezione di omessa impugnazione davanti al giudice amministrativo del D.M. in oggetto;

b) conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per ultrapetizione nell’indicato punto della decisione; 2) infine, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., carente motivazione sul punto stesso.

2.4.- Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2697 cod. civ., con riguardo alla ritenuta idoneità delle verbalizzazioni degli Ispettori del lavoro a fornire prova dei fatti costitutivi della pretesa creditoria dell’INPS.

2.5 - Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., contraddittoria e comunque insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, derivante dalla omessa ricostruzione dei fatti costitutivi della pretesa previdenziale.

2.6 - Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., contraddittoria e comunque insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, costituito dall’avere la Corte territoriale tratto motivo di convincimento - in modo del tutto apodittico - dalla esistenza tra le parti del presente giudizio di "analoga contestazione ispettiva in data 18 ottobre 1996".

IlI - Esame delle censure

3. - I motivi di ricorso - da esaminare insieme, data la loro intima connessione - sono fondati, per le ragioni e nei limiti di seguito indicati.

4. - Per una migliore comprensione delle questioni da affrontare in questa sede è opportuna una breve premessa sui passaggi essenziali dell’intero processo.

4.1. - La presente controversia ha origine da una opposizione a cartella di pagamento di contributi previdenziali, con somme aggiuntive e sanzioni, proposta, nei confronti dell’INPS, dalla C.

Nel ricorso l’opponente, fra l’altro, evidenziava che: a) essendo una cooperativa di lavoro svolgente attività di facchinaggio e pulizia, si avvaleva dei benefici di cui al d.P.R. 30 settembre 1970, n. 60 (ndr d.P.R. 30 settembre 1970, n. 602), calcolando i contributi previdenziali sulla base dei dati retributivi convenzionali, anziché sulla base della retribuzione effettiva; b) pertanto, aveva sempre effettuato il suddetto calcolo in base ai minimali stabiliti in sede nazionale con decreti del Ministero del Lavoro, come prescritto dall’art. 4 del suddetto d.P.R.; c) in sede di accertamento effettuato il 13 settembre 1999 gli Ispettori di vigilanza dell’INPS avevano contestato alla cooperativa di aver pagato i contributi facendo riferimento ai minimali fissati su base nazionale, anziché ai minimali fissati su base zonale, come prescritto dall’art. 6 del medesimo d.P.R. n. 602 cit.; d) i decreti ministeriali di cui avrebbe dovuto fare applicazione, a tale ultimo riguardo, erano il d.m. 24 marzo 1988 e il d.m. 31 luglio 1990.

La società opponente eccepiva, però, l’illegittimità di tali decreti ministeriali - e, in via derivata, dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento opposta - per irregolarità del relativo procedimento di formazione, costituita dalla riscontrata - in assenza di prove al riguardo - mancanza della prescritta convocazione delle organizzazioni sindacali interessate e rappresentative dei contrapposti interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro (secondo quel che stabilisce l’art. 6 del d.P.R. n. 602 cit.).

Nel successivo corso del giudizio di primo grado la società proponeva querela di falso dei verbali di approvazione dei due suddetti decreti ministeriali, nelle parti relative alla attestazione della regolare effettuazione della suddetta convocazione. E tale procedimento incidentale si concludeva con sentenza n. 1102/2006, con la quale il Tribunale di Ancona ha dichiarato la falsità dei documenti oggetto della anzidetta querela.

Il giudizio di primo grado "principale" si concludeva, quindi, con sentenza n. 1158/2006, con la quale il Tribunale di Ancona ha accolto il ricorso della cooperativa e, per l’effetto, ha dichiarato non dovuti i contributi richiesti, sul principale duplice assunto sia della "illegittimità" - da intendere come ragione di disapplicazione, in parte qua - dei decreti ministeriali in oggetto (posti a base della quantificazione dei contributi azionati), a causa della omessa preventiva audizione delle organizzazioni sindacali di cui si è detto, sia della mancanza della prova da parte dell’INPS dei criteri in concreto utilizzati dall’Istituto per la determinazione dei contributi richiesti (in ordine a nomi dei soci, zone di lavoro, periodi di contribuzione etc.).

4.2. - Con la sentenza qui impugnata la Corte d’appello di Ancona in accoglimento dell’appello proposto dall’INPS - anche quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a. - ha totalmente riformato la sentenza di primo grado, rigettando l’opposizione alla iscrizione a ruolo esattoriale della C..

5. - La Corte territoriale, pur muovendo dall’esatta premessa secondo cui in base alla giurisprudenza di legittimità i decreti del Ministro del lavoro e della previdenza sociale emessi ai sensi del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 602 ed in attuazione dell’art. 35 della legge 21 luglio 1965, n. 903 hanno natura di regolamenti delegati e costituiscono fonte di diritto oggettivo cui si estende il sindacato della Corte di cassazione ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ. (vedi, per tutte: Cass. 28 giugno 2004, n. 11979; Cass. 1 gennaio 2012, n. 1435; 24 febbraio 2003 n. 2790), tuttavia non ha fatto di questo principio applicazione in modo coerente con la giurisprudenza di questa Corte consolidatissima - e come tale assurta al rango di "diritto vivente" - in materia di disapplicazione degli atti amministrativi illegittimi.

Va, infatti, osservato che - come, del resto, si desume implicitamente dalla stessa indicata configurazione dei decreti ministeriali in argomento come regolamenti delegati, cui si estende il sindacato della Corte di cassazione - risulta non conseguente con il richiamo del suddetto principio - oltre che errata in diritto - l’affermazione - che assume carattere centrale nell’iter argomentativo della sentenza impugnata - secondo cui il d.m. 24 marzo 1988 e il d.m. 31 luglio 1990, in contestazione, non essendo stati impugnati avanti al giudice amministrativo sarebbero divenuti "inoppugnabili" e, come tali, non sarebbero neppure soggetti a disapplicazione per asseriti vizi di legittimità, non essendo stati tali vizi fatti valere nella sede propria.

6. - Al riguardo deve essere ricordato che la giurisprudenza di questa Corte, quanto meno a partire da Cass. SU 21 settembre 1970, n. 1646 è ferma nel ritenere che il controllo sulla legittimità degli atti amministrativi e dei regolamenti devoluto al giudice ordinario, sia pure al solo fine della loro disapplicazione, è consentito per accertare non solo se la PA da cui l’atto promana avesse in astratto il potere di emetterlo, ma anche se ricorressero i presupposti di legge per la sua emissione, nonché per accertare l’osservanza della legge durante lo svolgimento del procedimento amministrativo, "estendendosi cosi sia alla forma, sia al contenuto degli atti". Al predetto potere di controllo va ravvisato un solo limite, quello della impossibilita per l’AGO di sindacare le valutazioni della P.A., che involgano apprezzamenti discrezionali (vedi, tra le tantissime: Cass. 16 giugno 1983, n. 4143; Cass. 21 marzo 1985, n. 2066 e di recent, in senso analogo: Cass. 1 aprile 2010, n. 7997; Cass. SU 30 novembre 2011, n. 2273; Cass. 7 luglio 2014, n. 15427).

Orbene, l’art. 6, primo comma, del citato d.P.R. n. 602 del 1970 stabilisce che: "In attuazione dell’art. 35 della legge 21 luglio 1965, n. 903, ai fini dell’applicazione dei contributi base ed integrativi per l’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti gestita dall’istituto nazionale della previdenza sociale, per i lavoratori soci di società cooperative e di organismi di fatto di cui al primo comma dell’art. 1, possono essere determinate, per provincia o per zona nonché per settori di attività merceologiche, con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali interessate, la classe iniziale di contribuzione e la corrispondente retribuzione imponibile, riferite alla vigente tabella delle classi di contribuzione ed alle successive variazioni della stessa".

Poiché, nella specie è pacifica - specialmente dopo l’accoglimento della querela di falso della società ricorrente - la avvenuta omissione di un passaggio fondamentale della procedura di approvazione dei decreti ministeriali in oggetto rappresentato dalla convocazione delle organizzazioni sindacali (richiesto dall’art. 6, primo comma, cit), la Corte anconetana - in conformità con l’indicato diritto vivente - avrebbe dovuto considerare tale elemento sufficiente per procedere alla disapplicazione dei decreti ministeriali stessi, ovviamente per quanto rileva nella presente controversia (vedi, in tal senso, anche: Cass. 28 luglio 2009, n. 17504).

7. - Conseguentemente, il Giudice d’appello avrebbe dovuto affermare, per via derivata dalla suddetta disapplicazione, illegittimità dell’iscrizione a ruolo e della cartella di pagamento opposta, visto che la relativa emissione è stata effettuata sull’assunto che la cooperativa aveva pagato i contributi facendo riferimento ai minimali fissati su base nazionale, anziché ai minimali fissati su base zonale dai decreti ministeriali previsti dall’art. 6 del medesimo d.P.R. n. 602 cit.

Le suddette osservazioni sono sufficienti per l’accoglimento del presente ricorso e assorbono qualunque altro profilo di censura.

8. - Peraltro, nell’esercizio della funzione di nomofilachia che compete a questa Corte, deve essere anche soggiunto che in ogni caso - e, quindi, a prescindere dalla ritualità o meno della relativa eccezione dell’INPS nel presente giudizio - è errato in diritto il collegamento operato dalla Corte anconetana tra la mancata impugnazione dei decreti ministeriali in argomento avanti al giudice amministrativo - impugnazione che avrebbe avuto un oggetto diverso rispetto a quello di cui si discute nel presente giudizio e che, inoltre, avrebbe dovuto, presumibilmente, essere introdotta da soggetti diversi rispetto all’attuale ricorrente, visto che si sarebbe dovuta incentrare sull’indicata omessa convocazione - e la disapplicazione degli atti.

Infatti, gli effetti della disapplicazione sono molto diversi da quelli di un ipotetico annullamento dell’atto amministrativo da parte del giudice amministrativo, sicché tra tali due atti non è ipotizzabile alcun diretto collegamento.

Del resto, in via esemplificativa, basta considerare che, portando alle estreme conseguenze l’affermazione della Corte territoriale di cui si discute, per effetto della scadenza dei brevi termini per l’impugnazione davanti al giudice amministrativo l’atto, in ipotesi rilevante in un giudizio ordinario, sarebbe inattaccabile e, in particolare, non soggetto a disapplicazione (per quel che serve nel giudizio ordinario), anche se palesemente illegittimo.

IV - Conclusioni

9. - In sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le ragioni e nei limiti precisati e con assorbimento di ogni profilo altro di censura.

La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito nel senso stabilito dalla sentenza del Tribunale di Ancona n. 1158/2006, cioè, con l’accoglimento del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e la dichiarazione di non debenza dei contributi, somme aggiuntive e sanzioni richiesti dall’INPS con la cartella di pagamento opposta.

La peculiarità fattuale della controversia in esame, la natura delle questioni trattate e la diversa soluzione, rispettivamente, adottata dai giudici dei due gradi di merito giustificano la compensazione, tra le parti delle spese dell’intero processo.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decide nel merito nel senso stabilito dalla sentenza di primo grado. Compensa, tra le parti, le spese dell’intero processo.