Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 maggio 2015, n. 10046

Inpgi - Obbligazioni contributive - Accordi conciliativi - Ridimensionamento degli organici della società - Incentivo all’esodo

 

Svolgimento del processo

 

1. Con ricorso depositato In data 18.4.2007, la (...) SpA proponeva appello avverso la sentenza del 26 giugno 2006, con la quale il Tribunale di Roma aveva accolto la opposizione proposta dalla società avverso il decreto emesso il 21.7.2002 per la ingiunzione, in favore dell'INPGI, del pagamento della somma di euro 25.305.904,00 e condannato la opponente al pagamento della minor somma di euro 24.246.983,00 oltre alla rifusione delle spese di giudizio.

La società appellante chiedeva, in riforma della sentenza, l'accoglimento integrale della opposizione.

Si costituiva l’INPGI per resistere al gravame.

Nel corso del giudizio venivano assunte le prove testimoniali ammesse.

Sì costituiva con atto di intervento (...) aderendo alle tesi dell’INPGI.

2. Con sentenza del 27.11.2012 la Corte d'appello di Roma - dichiarato inammissibile l'intervento di (...) - ha accolto l'appello e, in riforma della sentenza appellata, nel pronunciare la cessazione della materia del contendere in ordine alle obbligazioni contributive oggetto della domanda di condono presentata dalla (...) SpA in data 20.1.2010, ha dichiarato non dovute dalla (...) SpA le ulteriori somme richieste dall'INPGI a titolo di contribuzione e somme aggiuntive; ha compensato integralmente tra te parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.

3. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione l'Istituto con due ricorsi, di analogo contenuto, il secondo sostitutivo del primo, articolati in nove motivi. Resiste con controricorso la parte intimata.

Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il ricorso, articolato in nove motivi, l'Istituto ricorrente deduce la nullità del procedimento per violazione delle disposizioni sul giusto processo, nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 345, 414, 416, comma 3, 420, commi 5 e 7, 421, comma 2, 437, comma 2, c.p.c. Denunciando la violazione e falsa applicazione di plurime disposizioni di legge l'Istituto censura la sentenza per avere, nella interpretazione del contenuto degli accordi conciliativi, trascurato di considerare le delibere del Consiglio di amministrazione, dirette al ridimensionamento degli organici della società. La Corte territoriale non aveva tenuto nel dovuto conto il margine di discrezionalità nella determinazione degli incentivi, circostanza questa di cui era stata offerta prova testimoniale. In particolare nei verbali di transazione (tranne che per 15 verbali) vi era l’espressa indicazione delle delibere relative all'esodo incentivato. Deduco altresì l’Istituto la liceità e necessita della adozione del negozio giuridico della rinuncia/transazione ex art. 2113 cod. civ., al fine di conferire certezza e definitività alle risoluzioni dei rapporto di lavoro; la irrilevanza della variabilità degli incentivi; la rilevanza in senso contrario a quello sostenuto dal primo giudice della entità delle somme erogate che, in assenza dì rivendicazioni di carattere patrimoniale da parte del giornalista interessato all’esodo trovava giustificazione nell’interesse della società a risolvere consensualmente il rapporto di lavoro. L'Istituto sostiene altresì la erroneità dell’argomento ulteriore posto a base della decisione relativo alla collocazione delle transazioni in epoca successiva alla cessazione del rapporto di lavoro, poiché la causa della attribuzione economica restava l'accordo sulla risoluzione del rapporto di lavoro, condizionato dal beneficio dell’esodo incentivato. Inoltre l'Istituto censura la sentenza impugnata per aver escluso la ricorrenza di una vicenda no vati va del rapporto. Ed altresì deduce la erroneità della sentenza per avere ritenuto, per quanto riguarda svariati verbali di conciliazione, la assoggettabilità a contribuzione delle somme erogate "una tantum" sul rilievo delta insussistenza delle condizioni che, a norma dell'art. 12 legge 1969 n. 153, sono previste per le cd liberalità. Sostiene, al riguardo, la irrilevanza del nomen iuris utilizzato e la riferibilità, per le ragioni svolte, delle somme corrisposte all’esodo del lavoratore. L’Istituto infine deduce la erroneità del capo della sentenza che ha rigettato la eccezione di prescrizione per le somme corrisposte ai giornalisti il cui rapporto di lavoro si era risolto tra il 31 ottobre ed il 31 dicembre 1996; sostiene anche la erroneità della statuizione che ha ritenuto la inapplicabilità del regime sanzionatorio introdotto dalla legge n. 388 del 2000.

2. Preliminarmente va rigettata la eccezione di inammissibilità del secondo ricorso, in sostituzione del primo, quale proposta dalla difesa della società resistente.

Deve infatti ribadirsi il principio più volte affermato da questa Corte (Cass., sez. III, 17 maggio 2013, n. 12113) secondo cui nel caso in cui siano esperiti mezzi di impugnazione di specie diversa, non operando il principio di consumazione dell’impugnazione, ciò che importa ai fini dell’ammissibilità della seconda impugnazione è unicamente la sua tempestività, irrilevante essendo l'eventuale declaratoria di inammissibilità della prima impugnazione, Cfr anche Cass., sez. IlI, 23 maggio 2011, n. 11308, che parimenti ha affermato che il principio di consumazione dell’impugnazione non esclude che, sino a quando non intervenga una declaratoria d'inammissibilità dell'appello preventivamente notificato, possa essere esperito un ricorso per cassazione avverso la sentenza relativa all'opposizione agli atti esecutivi, a condizione che la seconda impugnazione risulti tempestiva, dovendo la tempestività valutarsi, anche in caso di mancata notificazione della sentenza, in relazione al termine breve decorrente dalla data di proposizione della prima impugnazione.

3. Nel merito il ricorso i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente - è infondato.

La questione oggetto della controversia riguarda la assoggettabilità a contribuzione delle somme erogate dalla (...) SpA in relazione a 173 verbali di conciliazione in sede sindacale sottoscritti negli anni dal 1996 al 2000. La tesi della società, che ha sostenuto che tali somme, erogate come trattamento aggiuntivo in riferimento alla cessazione del rapporto, costituivano un incentivo all'esodo in un complessivo quadro di riduzione dell'organico del personale - tesi avversata dalI'INPGI che al contrario ha sostenuto trattarsi di mero trattamento di miglior favore rispetto alle spettanze di fine rapporto - è stata ritenuta dalia Corte d'appello (oltre che dal giudice di primo grado) avvalorata dalle risultanze processuali e dalla lettura dei documenti depositati dalle parti.

Trattasi di tipica valutazione di merito che, essendo sufficientemente e non contraddittoriamente motivata, non apre la strada al ricorso per cassazione che non consente il riesame di questioni di merito.

4. Va comunque rilevato che l'art. 4, comma 2 bis, del d.l. n. 173 del 1988, convertito nella legge n. 291 del 1988 (in vigore fino al 31.12.1007), prevede che: "La disposizione recata nel secondo comma, n. 3, del testo sostitutivo di cui all'art. 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153, va interpretata nel senso che dalla retribuzione imponibile sono escluse anche le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, ai fine di incentivare l'esodo dei lavoratori". Tale disposizione ha il dichiarato fine dì favorire l'esodo dei lavoratori eccedentari; fine può essere indifferentemente conseguito sia con l'uscita simultanea di un gran numero di lavoratori dall'azienda sia con la uscita in tempi diversi di uno o più lavoratori. Successivamente l'art. 36 d.lgs, 1997 n. 314 ha previsto che sono esclusi dalla retribuzione imponibile le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, nonché quelle la cui erogazione trae origine dalla predetta cessazione, fatta salva l’imponibilità della indennità sostitutiva del preavviso. Quindi rientrano tra le somme che vanno escluse dalle retribuzione imponibile in quanto corrisposte, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, ai fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, non solo quelle conseguite con un apposito accordo per la erogazione dell’incentivazione anteriore alla risoluzione del rapporto, ma tutte le somme che risultino erogate in occasione della cessazione del rapporto dì lavoro ai fini di incentivare l'esodo, potendo risultare ciò sia da una indicazione in tal senso nell'atto unilaterale di liquidazione delle spettanze finali, sia da elementi presuntivi.

In proposito questa Corte (Cass. Sez. lav.13 dicembre 2004, n. 23230) ha affermato - e qui ribadisce - che rientrano tra le somme che, ai sensi dell’art. 4, 2° comma bis, d.l. n. 173 del 1988, convertito nella I. n. 291 del 1988, vanno escluse dalla retribuzione imponibile in quanto corrisposte, in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l'esodo dei lavoratori, non solo quelle, conseguite con un apposito accordo per l'erogazione dell’incentivazione anteriore alla risoluzione del rapporto, ma tutte le somme che risultino erogate in occasione della cessazione del rapporto di lavoro ai fini di incentivare l'esodo, potendo risultare ciò sia da una indicazione in tal senso nell’atto unilaterale di liquidazione delle spettanze finali, sia da elementi presuntivi.

5. Ciò posto, mette conto osservare che la Corte territoriale ha ammesso la produzione, già richiesta dalla società nel corso del giudizio di primo grado, di 156 domande di esodo incentivato, depositate unitamente al ricorso in appello, presentate dai giornalisti che avevano sottoscritto i verbali di conciliazione.

Per quanto riguarda la ammissibilità della produzione documentale, correttamente la Corte territoriale ha osservato che il giudice, anche in grado di appello, ex art. 437 cod. proc. civ., ove reputi insufficienti le prove già acquisite, può in via eccezionale ammettere, anche di ufficio, le prove indispensabili per la dimostrazione o la negazione di fatti costitutivi dei diritti in contestazione, sempre che tali fatti siano stati puntualmente allegati o contestati e sussistano altri mezzi istruttori, ritualmente dedotti e già acquisiti, meritevoli di approfondimento.

Nel caso in esame, gli atti prodotti facevano riferimento alla circostanza della adesione, da parte dei giornalisti interessati, al programma di esodo incentivato previsto nelle varie e richiamate delibere del consiglio di amministrazione. Tale documentazione, quindi, era da ritenersi integrativa rispetto agli atti già depositati e non introduceva alcuna modifica dei fatti dedotti dalla società nell'atto di opposizione e si poneva in termini di indispensabilità ai fini del decidere.

Peraltro, nel ricorso in opposizione al decreto ingiuntivo, la (...) aveva dedotto che, tra gli obiettivi fissati annualmente nei piani industriali della società,  figurava quello tendente ad ottenete una consistente riduzione dell'organico aziendale mediante la incentivazione all'esodo del personale, anche dei giornalisti in esubero. La concreta operatività ed esecutività del programma di esodo era stata disposta nei confronti dei soli dipendenti che avessero deciso di concordare la risoluzione consensuale anticipata dei rapporti di lavoro entro una certa data. La deduzione della avvenuta risoluzione incentivata dei rapporti di lavoro con i giornalisti in relazione alle delibera del consiglio di amministrazione, come riportato nelle premesse dei verbali di conciliazione, non aveva costituito oggetto di contestazione da parte dell'INPGI, sicché correttamente la Corte d'appello ha ritenuto che si trattasse di un fatto incontroverso ed acquisito al processo.

Nel caso in esame, la (...) ha prodotto le delibare consiliari e relative disposizioni attuati ve che dimostrano la approvazione, per i periodi in cui si collocano sia le risoluzione dei rapporti di lavoro che i conseguenti verbali di conciliazione, dei progetti di incentivazione, mirata e selettiva, all’esodo di personale, appartenente alla categoria del giornalisti, che avesse concordato la risoluzione consensuale del rapporto entro date prefissate.

Motivatamente quindi la Corte territoriale ha coonestato la tesi della secondo cui le somme corrisposte trovavano causa nell’incentivo all’esodo dei giornalisti, nell'ambito del programma della società di riduzione dell'organico e di risanamento del bilancio, da realizzarsi secondo le delibere del Consiglio di amministrazione anche attraverso, come nei casi in esame, la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro; la quantificazione dell'incentivo all'esodo era rimessa alla gestione del singolo caso concreto, con facoltà di discostarsi dai parametri economici indicati nelle delibere; i giornalisti non avevano avanzato nei confronti della società richieste o rivendicazioni di sorta; le transazioni, in ogni caso, rivestivano contenuto novativo, avendo le parti inteso comporre il conflitto sostituendo al titolo originale un nuovo titolo rappresentato dall'interesse reciproco di evitare il rischio di una lite ovvero estinguere la lite in essere, restando così quest’ultimo negozio l'unica fonte dei diritti e degli obblighi delle parti.

La Corte d'appello ha fatto riferimento alle istanze sottoscritte dagli interessati che riportavano la richiesta del lavoratore di risolvere consensualmente il proprio lavoro con (...)  ad una certa data, beneficiando degli incentivi. La stessa Corte, inoltre, ha evidenziato che nei singoli verbali di conciliazione in sede sindacale era riportato che il giornalista interessalo aveva chiesto risolvere il rapporto di lavoro, "beneficiando degli incentivi" stabiliti dal Consiglio di amministrazione della (...)

Era quindi ravvisabile la comune volontà delle parti di risolvere il rapporto di lavoro nell’ambito dei programmi deliberati dal Consiglio di amministrazione, diretti al ridimensionamento del personale giornalistico.

6. In conclusione la Corte d'appello, con una tipica valutazione di merito ad essa riservata e con una motivazione ampiamente sufficiente e nient'affatto contraddittoria, ha ritenuto che effettivamente l’emolumento aggiuntivo in questione fosse finalizzato all'esodo anticipato del personale con conseguente esonero contributo in forza della normativa speciale sopra richiamata.

Il ricorso va quindi rigettato.

Sussistono giustificati motivi (in considerazione dell'evoluzione giurisprudenziale sulle questioni dibattute, nonché della soccombenza della parte resistente quanto alla eccezione di inammissibilità del secondo ricorso) per compensare tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Poiché il ricorso è stato proposto successivamente ai 30 gennaio 2013 ed è dichiarato inammissibile, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della legge 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, il 115, art. 13, comma 1 -quater - della sussistenza dell'obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione integralmente rigettata.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; compensa tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

Ai sensi del d.P.R, n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 - quater, inserito dalla legge n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’istituto ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.