Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 15 maggio 2015, n. 20370

Reati societari - Fallimento - Scissione societaria - Operazione finalizzata a sottrarre i beni al fisco - Bancarotta fraudolenta per distrazione - Configurabilità

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con decreto in data 05/12/2014, il Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Cagliari ha disposto il sequestro preventivo di una serie di beni nell'ambito del procedimento che vede S.P. preliminari, quale amministratore unico di S.G. fallita il 05/06/2014), in ordine al reato di bancarotta fraudolenta per distrazione realizzata attraverso un'operazione di scissione a favore di altra società - A. Immobiliare s.r.l. - mediante la quale a quest'ultima venivano trasferiti beni immobili (oggetto della misura reale) per un valore economico di circa 4 milioni di euro in assenza di corrispettivo e con la sola giustificazione economica di sottrarre detti beni ad esecuzione da parte del fisco, nonché in ordine al reato di cui all'art. 11 d. Igs. n. 74 del 2000.

Investito delle richieste di riesame proposte nell'interesse di S.P. e di A.B. quale amministratore unico di Immobiliare s.r.l., il Tribunale del riesame di Cagliari, con ordinanza deliberata il 30/12/2014, ha confermato l'indicato decreto di sequestro preventivo.

2. Avverso l'ordinanza del Tribunale del riesame di Cagliari hanno proposto ricorso per cassazione, con un unico atto e attraverso il difensore avv. L. Concas, S.P. e A.B. , denunciando, nei termini di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, dis. Att. Cod. proc. pen. violazione ed erronea applicazione dell'art. 321 cod. proc. pen. in relazione agli artt. 216 e 223 I. fall., all'art. 11 d. Igs. n. 74 del 2000 e agli artt. 2506, 2506 bis, 2053, richiamato dall'art. 2506 ter, 2506 quater e 2562 cod. civ. Pur aderendo alla tesi sostenuta dalla sentenza della Corte di cassazione n. 10201 del 2013 e non avendo messo in dubbio né la regolarità dell'operazione di scissione, né la perdurante disponibilità dei beni acquisiti da A Immobiliare s.r.l. a seguito della scissione (beni dunque aggredibili dai creditori di S.G. s.r.l.), il Tribunale del riesame ha ritenuto che l'atto di scissione dovesse essere valutato alla luce di altre condotte di P., quali l'affitto di azienda che non ha privato S.G. s.r.l. della proprietà dei beni aziendali (non trattandosi di un contratto con effetti reali) e l'esercizio del diritto di riscatto di vari autoveicoli che non riguarda il patrimonio delle società coinvolte nella scissione. Sulla base delle imputazioni provvisorie, sia il reato fallimentare, che quello tributario sono stati ipotizzati con esclusivo riferimento all'operazione di scissione, nella quale non è ravvisabile un fatto di distrazione penalmente rilevante, con la conseguente impossibilità di configurare l'ipotizzato reato tributario che sarebbe stato commesso proprio con il presunto fatto di distrazione.

 

Considerato in diritto

 

I ricorsi non sono fondati. Il tema della configurabilità della scissione di società quale fatto di bancarotta fraudolenta per distrazione è stato esaminato funditus da una recente pronuncia di questa Corte (Sez. 5, n. 42272 del 13/06/2014 - dep. 09/10/2014, Alfano e altri, Rv. 260393), condivisa dal Collegio. Posto che, come osservato da Sez. 5, n. 10201 del 18/01/2013 - dep. 04/03/2013, P.G. e p.c. in proc. Marzona e altri, Rv. 254788, richiamata dai ricorrenti, l’operazione societaria di scissione è disciplinata dall’art. 2506 e ss. cod. civ., in termini che consentono anche, come segnatamente disposto dall'art. 2506 bis, comma 2, l'assegnazione alla società beneficiaria dell'intero patrimonio della società scissa e che l'ordinamento prevede tutele per ì creditori della società scissa (da un lato, con la possibilità di opposizione degli stessi al progetto di scissione e, dall'altro, con la previsione della responsabilità della società beneficiaria, nei limiti del suo patrimonio netto, per gli elementi del passivo non assegnati, ai sensi dell'art. 2506 bis, comma 3, cod. civ. e comunque per i debiti della società scissa dalla stessa non soddisfatti, secondo l'art. 2506 quater, comma 3, cod. civ.), da ciò, tuttavia, ha rilevato la sentenza non deriva «una conclusione in termini generali, per la quale la scissione non assumerebbe connotazioni di rilevanza penale in materia fallimentare, con particolare riguardo all’ipotesi della bancarotta fraudolenta per distrazione». Ciò che rileva, infatti, è che una determinata operazione, anche astrattamente riconducibile ad una categoria di atti gestionali leciti e disciplinati dall'ordinamento (l'affitto di azienda, in determinate condizioni, quale l'avere ad oggetto l’intero complesso aziendale della fallita, in modo da privare quest’ultima della concreta possibilità di proseguire nella propria attività, il mancato accollo dei debiti della locatrice da parte dell'affittuario o l'assenza di una clausola di gradimento per la curatela a fronte di un'elevata durata del contratto), «per le modalità con le quali è stata realizzata, si presenti come produttiva di effetti immediatamente e volutamente depauperativi del patrimonio (...) ed in prospettiva pregiudizievoli per i creditori laddove si addivenga ad una procedura concorsuale». Con particolare riferimento alla scissione, ha osservato ancora la sentenza n. 42272 del 2014, le tutele normative accordate ai creditori risultano inidonee ad escludere interamente il danno o quanto meno il pericolo per le ragioni dei creditori, in quanto se è vero che ad essi è riconosciuto il diritto di rivalersi sui beni conferiti alle società beneficiarie, che rimangono obbligate per i relativi debiti, «è vero altresì che un pregiudizio per gli stessi è comunque ravvisabile nella necessità di ricercare detti beni» e che, soprattutto, «all'esito di tale ricerca i creditori potranno trovarsi nella condizione di dover concorrere con i portatori di crediti nel frattempo maturatisi nei confronti delle società beneficiarie, con la concreta possibilità che tanto riduca le possibilità di un effettivo soddisfacimento delle loro pretese»; ai fini del giudizio sulla ravvisabilità del reato, dunque, è necessaria «una valutazione in concreto», che tenga conto della «effettiva situazione debitoria in cui versava la società poi fallita al momento della scissione».

L’ordinanza impugnata ha operato la valutazione indicata, ritenendo la configurabilità della condotta distrattiva alla luce della concreta situazione della società poi fallita: la scissione, infatti, nella ricostruzione non contestata operata dai giudici cautelari, è intervenuta dopo l'accertamento tributario e quando S.G. s.r.l. si trovava in uno stato di insolvenza - elementi, questi, idonei a dar conto della grave situazione debitoria della società - e ha comportato l'assegnazione ad A. Immobiliare s.r.l., riferibile al nucleo famigliare dell'indagato (alle figlie G.P. e alla moglie A.B.), del cospicuo patrimonio immobiliare della fallita. La riconducibilità all'operazione di scissione di effetti immediatamente e volutamente depauperativi del patrimonio ed in prospettiva pregiudizievoli per i creditori laddove si addivenga ad una procedura concorsuale trova ulteriore giustificazione, nell'Iter argomentativo dell'ordinanza impugnata, dalla valutazione dell'operazione stessa nel quadro di ulteriori operazioni quali l'affitto di azienda concluso dalla fallita in favore di L. s.r.l. (le cui quote appartengono alle figlie di P.), in forza del quale sono stati ceduti tutti i contratti di appalto per un corrispettivo irrisorio e il riscatto di vari automezzi, sempre da parte di L. s.r.l., per una somma insignificante.

Nei termini indicati,, rileva il Collegio che l'ordinanza impugnata ha dato conto del fumus della fattispecie distrattiva e del reato tributario contestati, sicché i ricorsi devono essere rigettati e ciascun ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.