Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 11 maggio 2015, n. 9477

Licenziamento per giusta causa - Atti di nonnismo - Riduzione della lista testimoniale - Potere discrezionale del giudice

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 6 giugno 2011 la Corte d'appello di Milano confermava la decisione, emessa dal Tribunale, di rigetto della domanda proposta da A.V. contro la datrice di lavoro s.p.a. I. ed intesa alla dichiarazione d'illegittimità di alcune sanzioni disciplinari conservative nonché del licenziamento, anch'esso disciplinare, inflitto il 3 agosto 2007 per ripetuti comportamenti ingiuriosi e minacciosi, rivolli contro un lavoratore somministrato fin dal suo primo giorno di ingresso in azienda. Quanto alle sanzioni conservative, la Corte confermava la dichiarazione d'inammissibilità del ricorso introduttivo del processo per imprecisione della causa petendi: infatti il V. aveva indicato una serie di sanzioni, irrogate fra il novembre 2005 e l'agosto 2007, ma le doglianze erano confuse e non riferite alla singola punizione, sì da impedire la difesa della convenuta.

Quanto al licenziamento, tempestivamente inflitto su altrettanto tempestiva contestazione dell’incolpazione, la sua giustificazione era dimostrata da concordi deposizioni testimoniali relative ai fatti qui sopra detti. Né l'appellante aveva mai chiesto la testimonianza del collega, vittima dei comportamenti ingiuriosi e minacciosi.

Contro questa sentenza ricorre per cassazione il V. mentre la s.p.a.

I. resiste con controricorso.

 

Motivi della decisione

 

Col primo motivo il ricorrente lamenta la violazione degli artt. 245 e 421 cod. proc. civ., per avere la Corte d'appello ritenuto che il giudice di primo grado avesse il potere di escutere alcuni soltanto dei testimoni indicati da parte convenuta in giudizio, ossia dalla datrice di lavoro, senza che la riduzione della lista testimoniale, in ipotesi voluta dalla stessa parte fosse stata accettata dal ricorrente. Questi aggiunge di avere chiesto invano l'ammissione di testi in controprova, tra cui il proprio odontoiatra.

Il motivo non ha fondamento.

Il potere discrezionale di ridurre le liste testimoniali spetta al giudice di merito anche nel corso del giudizio ossia quando una parte dei testimoni sia stata già sentita (Cass. 22 aprile 2009 n. 9551, 10 giugno 2009 n. 13375) ed il suo esercizio non è sindacabile in sede di legittimità.

Quanto alla doglianza di non ammissione della prova testimoniale, essa è inammissibile perché generica, ossia non riferita ad una specifica e tempestiva richiesta avanzata nel giudizio di merito. Il riferimento all’odontoiatra è probabilmente connesso ai fatti che dettero luogo alle sanzioni conservative, e non a quelli che causarono il licenziamento.

Il secondo motivo, con cui il ricorrente prospetta vizi di motivazione, non è ammissibile poiché concerne in realtà la valutazione delle prove testimoniali e non denuncia alcuna lacuna o contraddizione della sentenza impugnata. Con esso il ricorrente tenta inutilmente di ottenere da questa Corte di legittimità nuove ed impossibili valutazioni di merito.

Rigettato il ricorso, le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in euro cento/00, oltre ad euro quattromila/00 per compensi professionali, più accessori di legge.