Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 febbraio 2015, n. 3418

Tributi erariali indiretti (riforma tributaria del 1972) - Imposta sul valore aggiunto (i.v.a.) - Determinazione dell'imposta - Detrazioni - Enti pubblici - Soggetti passivi IVA - Attività esercitata in quanto "pubblica autorità" - Configurabilità - Esclusione - Limiti - Attività svolta come operatori privati - Sussistenza - Fattispecie

 

Fatto

 

Con avviso di rettifica relativo ad iva per l’anno 1988, l’Agenzia delle Entrate richiedeva al Comune di Napoli l’importo di £ 2.510.166.000 a titolo di iva indebitamente detratta con riguardo a spese sostenute dal Comune che, ad avviso dell'Ufficio, non rivestivano natura di attività commerciale. Nella specie si trattava di: 1. Servizi cimiteriali gestiti dal Comune; 2. Servizi di costruzione alloggi di edilizia popolare, 3. Servizi polifunzionali; 4. Servizi dell’ex Atan e della disciolta centrale del latte 4. Costruzione della rete ferroviaria metropolitana.

La Commissione tributaria provinciale di Napoli n. 359/36/2001 respingeva il ricorso.

Il Comune impugnava la sentenza davanti alla CTR della Campania che dichiarava inammissibile l’impugnazione per essere stato sottoscritto l’atto di appello dal Dirigente servizio entrate del Comune e non dal Sindaco.

La Corte di cassazione, con sentenza n. 11050/07, accoglieva le censure dell’Ente rinviando per il merito ad altra sezione della CTR della Campania Con sentenza n. 77/29/09, depositata il 4.5.2009 la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva parzialmente l'appello proposto dal Comune di Napoli con riferimento all’Iva versata per la costruzione della parte dei centri polifunzionali non destinata ad attività istituzionali, previa sua determinazione in concreto ovvero attraverso un rapporto proporzionale tra valore di tale parte non destinata ad attività istituzionali e valore dell’intero centro, confermando, nel resto, la sentenza impugnata.

Il Comune di Napoli impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale deducendo i seguenti motivi:

a) violazione dell’art. 4 n. 5, comma secondo della VII direttiva del Consiglio dell’Unione Europea n. 77/338/CEE (ndr direttiva del Consiglio dell’Unione Europea n. 77/388/CEE) (trasfuso nell’art. 13 della direttiva 2006/112/CEE, falsa ed erronea interpretazione degli artt. 4 e 19 DPR 633/72, 17, n. 2 della Direttiva n. 77/388CEE, violazione dei principi contenuti nella sentenza della Corte di giustizia 14.12.2000, nella causa C-446/98, rilevando come erroneamente la CTR non abbia ritenuto esercizio di attività commerciale, svolta ai sensi dell’art. 4, comma 4, DPR 633/72 la gestione di servizi cimiteriali e l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica da parte del Comune, come tali assoggettabili al regime IVA, anche per quanto attiene al diritto alle detrazioni per l’imposta assolta sulle prestazioni di servizi e cessione di beni inerenti allo svolgimento di detti servizi;

b) violazione dell’art. 4 n. 5, comma secondo della VII direttiva del Consiglio dell'Unione Europea n. 77/338/CEE (ndr direttiva del Consiglio dell’Unione Europea n. 77/388/CEE), in relazione al requisito della esclusione degli Enti pubblici dalla non assoggettabilità al regime iva, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., violazione dei principi contenuti nella sentenza della Corte di giustizia UE (Grande sezione) 16.9.08, nella causa C-288/07,rilevando come debba essere assoggettata ad iva l’attività commerciale di un Ente erogatore di servizi avente veste di Pubblica Autorità ove al deroga alla regola di cui all’art. 2, punti n. 1 e 4 e n. 1 e 2 della direttiva provochi una non trascurabile distorsione della concorrenza potenziale nei confronti degli operatori economici abilitati ad accedere a tali mercati;

c) motivazione contraddittoria e parzialmente omessa, in relazione all’art. 360, n. 5 c.p.c. sul punto controverso della nozione di Autorità pubblica in capo al Comune avendo al CTR ritenuto che la sola cura di interessi pubblici evidenzi l’agire dell’Ente in quanto autorità, ancorché siano erogati servizi e non siano esercitate funzioni, non avendo, inoltre, i giudici di merito esaminato profili potenzialmente concorrenziali da parte di operatori privati ai fini della detraibilità dell’iva chiedendo in via subordinata che venga proposta questione di interpretazione pregiudiziale innanzi alla Corte di giustizia, ai sensi dell’art. 234 Trattato UE.

La Agenzia delle Entrate non ha svolto attività difensiva.

Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 7.1.2015, in cui il P.G. ha concluso come in epigrafe.

 

Motivi della decisione

 

I motivi di ricorso, in quanto logicamente connessi, vanno trattati unitariamente.

La questione controversa concerne, anche alla luce dei principi comunitari, se costituiscano esercizio di attività commerciale per il Comune, come tale assoggettabile ad iva e alle relative detrazioni: 1. Servizi cimiteriali gestiti dal Comune; 2. Servizi di costruzione alloggi di edilizia popolare, 3. Servizi polifunzionali.

Secondo il combinato ex art. 4, comma 2 n. 2; comma 4, d.p.r. n. 633 cit. sono esenti IVA le attività commerciali effettuate dagli enti pubblici "in conformità" alle finalità istituzionali.

Essendo pacifica la natura di enti pubblici dei Comuni occorre stabilire se nella concreta fattispecie il Comune abbia o no agito "in conformità alle finalità istituzionali", e se l'assegnazione costituisca o no attività "distorsiva" del mercato.

La Direttiva CE 28 novembre 2006, n. 112, con la quale è stata operata la rifusione della Direttiva CEE del 17 maggio 1977, n. 77/388, all’articolo 13, paragrafo 1, (già art. 4, paragrafo 5, della Direttiva 77/388/CEE), prevede che "gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni", ad eccezione dei casi in cui il loro mancato assoggettamento ad imposizione provocherebbe "distorsioni della concorrenza di una certa importanza".

L’art. 13 della Direttiva n. 112 del 2006 dispone che gli enti pubblici, fra i quali sono compresi i Comuni, non sono soggetti passivi ai fini IVA per le "attività od operazioni" poste in essere dagli stessi in veste di "pubbliche autorità", ad eccezione dell’ipotesi in cui il loro mancato assoggettamento all’imposta provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza.

Pertanto, ai fini della non assoggettabilità ad IVA degli enti di diritto pubblico, ai sensi del citato art. 13, paragrafo 1, della Direttiva 112/2006, occorre verificare:

a) che l’ente pubblico agisca in veste di pubblica autorità;

b) che il mancato assoggettamento a tributo non comporti una distorsione della concorrenza di una certa importanza;

c) che l’attività esercitata non rientri tra quelle indicate all’Allegato I della Direttiva. Le attività esercitate in quanto "pubblica autorità" sono quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell’ambito del loro regime giuridico, con esclusione delle attività che essi svolgono soggette alla stessa normativa applicabile ai privati.

Sono attività poste in essere nella qualità di "pubblica autorità" quelle riconducibili ad atti e provvedimenti tipici delle autorità localmente preposte alla cura delle funzioni pubbliche.

Quando, invece, tali enti agiscono in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, non si può ritenere che svolgano attività in quanto pubbliche Autorità, e conseguentemente devono essere considerati soggetti passivi ai fini Iva.

La tematica sulla "soggettività passiva" dei Comuni deve essere analizzata anche alla luce del dettame normativo comunitario, al quale ci si deve attenere in funzione del disposto dell'art.-13 Direttiva del Consiglio dell'Unione Europea 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE (Gazz. Uff. UE n. L 347 dell’ 11 dicembre 2006), relativo al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, che ha sostituito l'art. 4, paragrafo 5, della precedente nota Sesta Direttiva Cee del 17 maggio 1977 n. 77/388/CEE, il quale espressamente prevede che " Gli Stati, le regioni, le province, i comuni e gli altri enti di diritto pubblico non sono considerati soggetti passivi per le attività od operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività od operazioni, percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni. Tuttavia, allorché tali enti esercitano attività od operazioni di questo genere, essi devono essere considerati soggetti passivi per dette attività od operazioni quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsioni della concorrenza di una certa importanza. In ogni caso, gli enti succitati sono considerati soggetti passivi per quanto riguarda le attività elencate nell'allegato I quando esse non sono trascurabili", la Corte di Giustizia della CEE, chiamata a pronunciarsi sul significato e sulle portate delle norme comunitarie, al fine di accertare l’aderenza o meno della legislazione nazionale, con propria sentenza in data 17 ottobre 1989 ha dichiarato:

1) l’art. 4, n. 5, primo comma della sesta direttiva va interpretato nel senso che le attività esercitate "in quanto pubblica autorità" ai sensi di tale norma sono quelle svolte dagli enti di diritto pubblico nell’ambito del regime giuridico loro proprio, escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori privati. Spetta a ciascuno Stato membro scegliere la tecnica normativa più consona per trasporre nel diritto nazionale il principio del non assoggettamento sancito da detta norma;

2) l’art. 4, n. 5, secondo comma, della sesta direttiva, va interpretato nel senso che gli Stati membri sono tenuti a garantire l’assoggettamento degli enti di diritto pubblico per le attività che esercitano in quanto pubbliche autorità allorché tali attività possono essere pari esercitate da privati in concorrenza con essi e qualora il loro non assoggettamento sia atto a provocare distorsioni di concorrenza di una certa importanza, ma non hanno l’obbligo di recepire letteralmente tale criterio nel loro diritto internazionale, né di precisare limiti quantitativi di non assoggettamento;

3) l’art. 4, n. 5, terzo comma, della sesta direttiva, va interpretato nel senso che non impone agli Stati membri l’obbligo di recepire nella loro normativa tributaria il criterio del carattere non trascurabile, inteso come condizione per l’assoggettamento delle attività elencate all’allegato D.

La definizione di "pubblica autorità" non può, quindi, essere fondata sull’oggetto o sul fine dell’attività dell’ente pubblico, ma occorre individuare il regime giuridico applicato in base al diritto nazionale.

Per concludere, dovranno essere ricondotte nell'ambito della categoria delle attività svolte in veste di pubblica autorità quelle che costituiscono cura effettiva di interessi pubblici, poste in essere nell'esercizio di poteri amministrativi, fondate quindi sul cosiddetto ius imperii, mentre dovranno comprendersi nelle attività di natura commerciale quelle di carattere privatistico, espressione dello iure gestionis.

Non è stata fornita prova alcuna che la attività del Comune fosse "distorsiva" del mercato, né tale valutazione può essere fatta in astratto e potenzialmente in termini positivi perché conseguente a un complesso d'interventi connotati dall'esercizio di potestà pubbliche che obiettivamente escludono che possa trattarsi dell'esercizio di un'attività d'impresa in regime di favore.

Deve, quindi, ritenersi che allorché il Comune agisce nella gestione di servizi cimiteriali di costruzione alloggi di edilizia popolare, di servizi polifunzionali destinati ad attività istituzionali la sua attività sia qualificabile come pubblica perché, ai sensi dell'art. 4, comma 4, d.p.r. n. 633 cit., il Comune agisce per la finalità pubblica di realizzare tali insediamenti d'imperio, cioè quale "pubblica autorità" e cioè al di fuori di qualsiasi attività d'impresa.

Con riferimento ai servizi cimiteriali indicati dal D.P.R. n. 803 del 1975, art. 54,come già affermato da questa Corte con le sentenze n. 2606/2607/2608/2609 del 2012, in fattispecie analoghe, in base al D.L. n. 415 del 1989, art. 26 bis, convertito con modificazioni nella L. n. 33 del 1990, trattasi di servizi indispensabili parificati alle opere di urbanizzazione primaria, e il D.L. n. 417 del 1991, art. 1, comma 14, convertito con modificazioni nella L. n. 66 del 1992, d'interpretazione autentica del predetto art. 26 e, per quanto rileva, le concessioni di aree, di loculi cimiteriali e di altri manufatti per sepoltura, non costituiscono attività di natura commerciale agli effetti dell'imposta sul valore aggiunto.

Tale interpretazione è confermata altresì dal dettato della VI Direttiva ed è conforme ai principi enunciati, con la decisione del 17.10.1989 emessa dalla Corte di Giustizia nelle cause riunite C - 231/87 e 129/88.

Con detta decisione la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, adita in via pregiudiziale in relazione, tra l'altro, a concessioni di loculi cimiteriali da parte di alcuni Comuni italiani per l'interpretazione dell'art. 4, n. 5 della sesta direttiva, relativo ai "soggetti passivi", ha rilevato la natura di eccezione alla regola dell' esenzione dell'assoggettamento ad IVA delle attività di carattere economico (produzione, commercio e prestazione di servizi), ed ha ribadito che "per l'applicazione dell'esenzione devono essere congiuntamente soddisfatte due condizioni, vale a dire l'esercizio di attività da parte di un ente pubblico e l'esercizio di attività in veste di pubblica autorità" nell'ambito del regime giuridico loro proprio escluse le attività da essi svolte in forza dello stesso regime cui sono sottoposti gli operatori economici privati, rinviando a ciascuno Stato membro di trasporre, nel modo più consono, nel diritto interno il principio del non assoggettamento sancito da detta norma.

La Corte di giustizia della Cee con la sentenza del 17 ottobre 1989 n. 231/87, in particolare ha ricompreso tale attività tra quelle svolte dagli enti pubblici in veste di pubblica autorità, considerandola, di conseguenza, esclusa dal campo di applicazione dell'imposta, in base a quanto previsto dall'articolo 4, paragrafo 5, della sesta direttiva Cee.

Proprio come conseguenza della posizione dell'organismo comunitario, il D.I. 417/1991 ha stabilito espressamente la non commercialità ai fini dell'Iva delle attività di concessione a privati dei loculi cimiteriali e degli altri manufatti per la sepoltura.

Il D.L. n. 417 del 1991, art. 1, comma 14, costituisce la trasposizione in ambito nazionale di detto principio, in quanto lascia esente dall'imposta le sole concessioni, che, per definizione, riguardano un soggetto di diritto pubblico (ad es. Comune) in veste di pubblica autorità (emissione di provvedimenti autoritativi), e, per converso, esclude che un'attività svolta da un privato possa andare esente dall'imposta - pur se consista nel compimento di atti rientranti nelle attribuzioni della P.A. - operando, in tal caso, la presunzione di commercialità prevista dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 4; Dalla pronuncia della Corte di Giustizia e dalla normativa italiana vigente pertanto deve ritenersi la non detraibilità dell’iva da parte del Comune che, come rilevato, ha agito, per quanto concerne il servizio di manutenzione generale e ampliamento delle infrastrutture cimiteriali quale Pubblica autorità in mancanza del requisito dell’attività commerciale, mentre rientrano nel campo di applicazione dell’Iva i servizi relativi alla manutenzione delle tombe, all’illuminazione elettrica con lampade votive e in genere tutti gli altri servizi disciplinati da disposizioni di natura privatistica.

Alla luce della giurisprudenza comunitaria, che appare chiara e non necessita di rinvio pregiudiziale di interpretazione, la disposizione contenuta nell'articolo 1, comma 14, del DI 417/1991, che prevede l'esclusione dall'Iva delle concessioni in uso a privati di loculi e cappelle e altri manufatti cimiteriali, infatti, può trovare applicazione solo nei confronti dei soggetti espressamente previsti dall'articolo 4, n. 5) della sesta direttiva. Si tratta degli Stati, delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri organismi di diritto pubblico, non considerati soggetti passivi Iva per le attività o operazioni che esercitano in quanto pubbliche autorità, anche quando, in relazione a tali attività percepiscono diritti, canoni, contributi o retribuzioni.

Parimenti deve essere considerata svolta in veste di Pubblica autorità e, quindi per fini istituzionali, la costruzione di alloggi destinati a soggetti privi di abitazione e in condizioni economiche precarie, non rilevando la successiva instaurazione di un rapporto privatistico di locazione al fine di far assumere all’Ente la soggettività passiva agli effetti dell’Iva.

Medesime argomentazioni valgono con riferimento ai centri multifunzionali, per la parte destinata ad attività istituzionali.

Con riferimento alla costruzione della metropolitana l’iva sarà detraibile ove la stessa sia stata realizzata per offrire un servizio in concorrenza con altri operatori, mentre sarà indetraibile ove l’Ente abbia inteso realizzare una infrastruttura per l’erogazione di un servizio istituzionale.

Non è stata contestata la valutazione della CTR che ha ritenuto che la relativa realizzazione non è stata effettuata per offrire un servizio in concorrenza con altri operatori bensì per realizzare una infrastruttura destinata ad erogare un servizio strettamente istituzionale. Diverso è il trasporto di persone che rientra nel campo di applicazione dell’Iva ma che non è oggetto di censura nel caso di specie.

Il Comune deve, quindi, ritenersi escluso dal tributo, perché i servizi in questione, nei limiti evidenziati, sono stati resi nella loro veste di pubblica autorità.

Va, conseguentemente, rigettato il ricorso.

Nessuna pronuncia va emessa sulle spese in mancanza di attività difensiva dell’intimata.

 

P.Q.M.

 

Rigetto il ricorso.