Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 08 maggio 2015, n. 9359

Tributi - Studi di settore - Presunzioni semplici

 

Svolgimento del processo

 

A seguito di controllo della dichiarazione dei redditi e della elaborazione di studio di settore presentata dal contribuente in sede di istanza di accertamento con adesione, venne emesso nei confronti di N.G. avviso di accertamento in rettifica ai sensi dell'art. 39 d.p.r. n. 600/1973 relativamente all'anno d'imposta 1999, anche alla luce dell'applicazione dei parametri di cui all'art. 3, comma 181, I. n. 549/1995. Il ricorso del contribuente venne accolto dalla CTP. L'appello dell'Ufficio venne disatteso dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia sulla base della seguente motivazione.

"Osserva la Commissione che l'appello dell'Ufficio non è meritevole di accoglimento, in quanto i giudici di primo grado hanno correttamente e legittimamente giudicato. Infatti, nel caso in esame, l'A.F. non è stata in grado di enucleare quali condomini avessero corrisposto compensi non dichiarati e non è stata in grado di formulare alcuna violazione contabile, limitandosi ad affidarsi al mero utilizzo dei parametri. In proposito, va sottolineato che l'utilizzo dei parametri deve essere invece considerato come l'estremo rimedio da utilizzare per contrastare il diffuso fenomeno della evasione fiscale; ma non sono, comunque, da soli sufficienti a creare delle presunzioni gravi, precise e concordanti se non sono accompagnati da altri elementi inequivocabili per comprovare la fondatezza delle risultanze che emergono dalla mera applicazione dei parametri stessi. Spettava, quindi, all'Ufficio, utilizzando elementi certi ed inconfutabili dimostrare la inattendibilità dei ricavi denunciati dal contribuente cosa che, nel caso in esame, non è stata fatta".

Ha proposto ricorso per cassazione l'Agenzia delle Entrate sulla base di tre motivi. Resiste con controricorso il contribuente.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.p.c., in combinato disposto con l'art. 39 d.p.r. n. 600/1973, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Lamenta la ricorrente che la CTR ha errato nel ritenere che, in relazione ad accertamento induttivo del reddito ai sensi dell'art. 39 d.p.r. n. 600/1973, ed in presenza dell'applicazione dì parametri, fosse onere dell'Ufficio provare il maggior reddito accertato, senza che fosse sufficiente inferire i fatti costitutivi della pretesa tributaria sulla base di presunzioni semplici, e che non fosse onere del contribuente dedurre i fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa medesima.

Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 2697 c.p.c., in combinato disposto con l'art. 39 d.p.r. n. 600/1973 e con l'art. 3, comma 181, I. n. 549/1995, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c. Lamenta la ricorrente che la CTR ha errato nel ritenere non idonei a fondare la pretesa impositiva gli strumenti parametrici, i quali costituiscono presunzione semplice, mentre resta onere del contribuente documentare le ragioni in base alle quali la dichiarazione dei ricavi e dei compensi, in misura inferiore a quella accertata, possa ritenersi in tutto o in parte giustificata.

Con il terzo motivo si denuncia insufficiente motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c. Espone la ricorrente di avere nell'atto di appello evidenziato le seguenti anomalie della elaborazione dì studio di settore presentata dal contribuente: nella dichiarazione dei redditi non vi era alcuna indicazione relativa al valore dei beni strumentali mentre nello studio di settore elaborato dal contribuente veniva indicato un valore di beni strumentali pari ad euro 5.000,00; nel modello 770/2000 risultavano corrisposte retribuzioni per lavoro dipendente pari a £18.000.000, al lordo dei contributi previdenziali, retribuzioni che risultavano completamente omesse nello studio di settore; nell'indicazione del numero degli edifici amministrati il contribuente indicava il numero di otto edifici per un totale complessivo di unità abitative pari a ventisei, in contrasto con quanto indicato nella dichiarazione dei redditi, ove risultavano nove condomini amministrati. Aggiunge che nell'atto di appello era stato evidenziato che, essendo il condominio tenuto a nominare un amministratore quando i condomini sono più di quattro, te unità immobiliari avrebbero dovuto essere complessivamente almeno quaranta e non ventisei e che lo studio dì settore era inattendibile in quanto sottodimensionato. Lamenta quindi la ricorrente che, a fronte di tali rilievi, la CTR non ha chiarito per quali ragioni abbia ritenuto inidonei i suddetti elementi indiziari a fondare la legittimità della pretesa impositiva.

Va preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art. 366 c.p.c. Nel ricorso vi è puntuale indicazione degli atti processuali, ove rilevante, alla base del motivo di censura.

I primi due motivi sono fondati. Deve premettersi che, come affermato da questa Corte, l'accertamento fiscale mediante applicazione degli studi di settore" sebbene richieda - ai fini dell’avvio della procedura finalizzata all'accertamento tributario standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore - che lo scostamento dal parametro del reddito dichiarato denoti una "grave incongruenza" (espressamente prevista dal D.L 30 agosto 1993, n. 331, art. 62 sexies, aggiunto dalla legge di conversione 29 ottobre 1993. n. 427), presupposto che sembra accomunare tale accertamento a quello di tipo induttivo che presuppone la inattendibilità parziale o totale delle scritture contabili, tuttavia tale accertamento costituisce un sistema unitario che non si colloca all'interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma la affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili, la cui regolarità, per i contribuenti in contabilità semplificata, non impedisce l'applicabilità dello standard, né costituisce una valida prova contraria, laddove, per i contribuenti in contabilità ordinaria, l'irregolarità della stessa costituisce esclusivamente condizione per la legittima attivazione della procedura standardizzata (Cass. 18 dicembre 2009, n. 26635; 14 dicembre 2012, n. 23096).

Sempre secondo quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema di presunzioni semplici, la cui gravità, precisione e concordanza non è ex lege determinata in relazione ai soli standard in sé considerati, ma nasce procedimentatmente in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente, pena la nullità dell'accertamento, con il contribuente (che può tuttavia, restare inerte assumendo le conseguenze, sul piano della valutazione, di questo suo atteggiamento), esito che, essendo alla fine di un percorso di adeguamento della elaborazione statistica degli standard alla concreta realtà economica del contribuente, deve far parte (e condiziona la congruità) della motivazione dell’accertamento, nella quale vanno esposte le ragioni per le quali i rilievi del destinatario dell'attività accertativa siano state disattese. Il contribuente ha, nel giudizio relativo all’impugnazione dell’atto di accertamento, la più ampia facoltà dì prova, anche a mezzo di presunzioni semplici, ed il giudice può liberamente valutare tanto l’applicabilità degli standard al caso concreto, che deve essere dimostrata dall'ente impostore, quanto la controprova sul punto offerta dal contribuente (Cass. 18 dicembre 2009, n. 26635; conforme, fra le tante, Cass. 15 maggio 2013, n. 11633).

Contrariamente al principio dì diritto affermato da questa Corte, la CTR ha escluso che l'applicazione dei parametri o degli studi dì settore possa costituire un sistema di presunzioni semplici, avendo enucleato l'erronea regola probatoria secondo cui all'applicazione dei parametri, in sé strumento insufficiente per sostenere la pretesa tributaria, deve accompagnarsi la presenza di "elementi certi ed inconfutabili". Lungi dal far riferimento ad elementi presuntivi, il giudice dì merito ha infatti richiesto l'identificazione dì "quali condomini avessero corrisposto compensi non dichiarati", disattivando così la ratio del meccanismo presuntivo. Va quindi affermato il principio di diritto secondo cui la procedura di accertamento standardizzato mediante l'applicazione dei parametri o degli studi di settore, caratterizzata dal contraddittorio obbligatorio con il contribuente, costituisce un sistema di presunzioni semplici.

L'accoglimento dei primi due motivi determina l'assorbimento del terzo motivo. La motivazione, di cui si denuncia l'insufficienza, presuppone l'applicazione di un'illegittima regola sull'onere della prova, secondo quanto accertato con l'accoglimento dei primi due motivi. La sentenza d’appello va dunque, cassata con rinvio al giudice competente che si atterrà agli enunciati principi di diritto.

 

P.Q.M.

 

Accoglie i primi due motivi ricorso, con assorbimento del terzo motivo; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.