Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 07 maggio 2015, n. 9193

Procedure concorsuali - Fallimento - Revisore contabile - Bilanci certificati - - Amministratore della società - Risarcimento danni - Non sussiste

 

Svolgimento del processo

 

1. — V.F., già amministratore della P.C. S.p.a., convenne in giudizio la R.E. S.p.a., per sentirla condannare al risarcimento dei danni cagionati dal mancato impiego della dovuta diligenza nella certificazione del bilancio al 31 dicembre 1990, della situazione patrimoniale al 31 marzo 1991 e del bilancio al 31 dicembre 1991.

Premesso che nella redazione delle relazioni di certificazione, ed in particolare nella valutazione di alcuni marchi, la società di revisione non aveva rispettato le procedure previste dalla normativa vigente, espose che, a causa della predetta condotta e della successiva dichiarazione di fallimento della P egli era stato sottoposto ad azione di responsabilità ed al conseguente sequestro dei beni mobili ed immobili, nonché indagato per il reato di bancarotta fraudolenta.

Costituitasi in giudizio, la convenuta fu autorizzata a chiamare in causa la T.A. S.p.a., la R.A. S.p.a., l’A. - Le A.D. S.p.a., le A.G. S.p.a., la U.l. S.p.a., la S. S.p.a., la L.A. S.p.a., la R.M. S.p.a., la F. S.p.a., la V.A. S.p.a., la R.A. S.p.a., La P. S.p.a., l'A. S.p.a., la N.U.F. S.p.a., presso le quali era assicurata per la responsabilità civile derivante da colpa professionale.

1.1. — Con sentenza del 24 luglio 2002, il Tribunale di Roma rigettò la domanda.

2. — L’impugnazione proposta dal F. nei confronti della R., della A.A. S.p.a. (succeduta a seguito di fusione per incorporazione alla U.A.P, S.p.a., già C.I.A. S.p.a., a sua volta succeduta per incorporazione alla UAP), della F. - S. S.p.a. (già S. S.p.a., succeduta alla F. a seguito di fusione per incorporazione), della M.A. S.p.a. (già P.), della C.U.I.

S.p.a. (già N ) e delle altre compagnie assicuratrici è stata rigettata dalla Corte d1 Appello di Roma con sentenza del 20 ottobre 2009.

Premesso che la responsabilità fatta valere dall'attore aveva natura extracontrattuale, traendo origine dai danni asseritamente cagionati dall’attività di controllo e certificazione dei bilanci svolta dalla R su incarico di un soggetto diverso, e precisato che tale responsabilità non è esclusa dal d.P.R. 31 marzo 1975, n. 136, che nel disciplinare la predetta attività le attribuisce un unico contenuto ed un'unica ratio, consistente nel garantire l’interesse pubblico all'affidabilità delle contrattazioni e del mercato mobiliare, la Corte ha ritenuto corretta l'osservazione del Giudice di primo grado, secondo cui l'attore, non essendo un terzo estraneo alla società sottoposta a revisione, ma un componente del consiglio di amministrazione, tenuto alla corretta gestione ed alla conservazione della situazione economico- patrimoniale della società, non poteva dolersi che in sede di certificazione dei bilanci la R. non avesse rilevato che la P. aveva interamente perduto il capitale sociale, in quanto l'attività di revisione attiene ad una fase successiva alla formazione del bilancio, con la conseguenza che i danni cagionati dalla falsità del bilancio sono riconducibili innanzitutto alla condotta degli amministratori e dei sindaci che hanno concorso a formarlo. Precisato che, in quanto entrato a far parte del consiglio d'amministrazione fin dai 3 dicembre 1991, il F. aveva sottoscritto il bilancio relativo al 1991 come amministratore in carica, la Corte ha ribadito che le negligenze e le omissioni commesse dalla società di revisione costituivano solo il riflesso di quelle imputabili agli amministratori ed ai sindaci, ritenendo irrilevante la circostanza che la falsità del bilancio traesse origine da una sopravvalutazione dei marchi di cui era titolare la P., in quanto gli amministratori non possono ritenersi esonerati dal dovere di perizia, essendo tenuti alla conoscenza delle regole fondamentali ed essenziali alla professionalità della loro funzione. In ordine al bilancio al 31 dicembre 1990 ed alla situazione patrimoniale al 31 marzo 1991, pur riconoscendo che la gestione era stata curata dai precedenti amministratori, ha invece osservato che l'affidamento in ordine all'attività posta in essere da questi ultimi non esonerava i nuovi amministratori dall'obbligo di diligenza e vigilanza, e quindi dalla responsabilità per aver omesso, dopo l'assunzione della carica, gli adempimenti necessari per eliminare le precedenti irregolarità. Ha rilevato al riguardo che le voci contestate erano state riprodotte nei bilanci successivi alla nomina del F. precisando comunque che la perizia di stima richiamata nelle certificazioni della R. avrebbe dovuto essere ricontrollata dai successivi amministratori alla luce della progressiva diminuzione del fatturato della P., non potendo essere mantenuta inalterata nel tempo l'iscrizione dei marchi. Ha pertanto escluso la responsabilità della R., affermando che la condotta successiva del F., avendo rappresentato una causa di per sé sola sufficiente a determinare l'evento dannoso, aveva comportato l'interruzione del nesso causale tra lo stesso ed il fatto della società di revisione.

3. — Avverso la predetta sentenza il F. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi, illustrati anche con memoria. La A., I'A. S.p.a. (già R., anche in qualità di avente causa della L con atto di conferimento d'azienda per notaio FG 32921), le A.G. del 27 settembre 2007, rep. n. la G S p.a. (succeduta alla R. con atto di cessione d'azienda del 2 maggio 2007), la V., l'A e l’A. hanno resistito con controricorsi, proponendo la prima ricorso incidentale condizionato, affidato ad un solo motivo, e le altre, ad eccezione dell'A., ricorso incidentale, articolato in due motivi, anch'essi illustrati con memorie. Le altre intimate non hanno svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

1. — Con il primo motivo d'impugnazione, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2043 cod. civ., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nell'escludere la responsabilità della R in virtù della partecipazione di esso ricorrente alla formazione dei bilanci, la sentenza impugnata non ha tenuto conto dell'incidenza della certificazione sulla sua decisione di accettare la carica di amministratore. Essa, infatti, non ha considerato che, ove in sede di revisione fossero emerse le perdite artificiosamente occultate nei bilanci relativi agli anni 1990 e 1991 c nella situazione patrimoniale al 31 marzo 1991, la cui entità risultava tale da rendere vano il tentativo di salvataggio della P , egli avrebbe rifiutato l'incarico, il cui conferimento aveva avuto luogo su richiesta della G.E.P.I., proprio in funzione dell'intervento pubblico di salvataggio della società. Nell'affermare che la sua partecipazione alla formazione del bilancio al 31 dicembre 1992 aveva determinato l'interruzione del nesso causale tra il danno e la condotta della società di revisione, la Corte di merito non ha poi tenuto conto che il predetto bilancio era stato redatto successivamente all'accettazione della carica, per effetto della quale, d'altronde, la R. era tenuta anche nei suoi confronti a svolgere l'attività di certificazione secondo i principi di veridicità, scienza e coscienza.

2. — Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione dell'art. 2392 cod. civ., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, osservando che, nell'escludere che la negligenza della R nello svolgimento dell'attività di revisione esonerasse i nuovi amministratori dal dovere di porre rimedio alle irregolarità precedentemente commesse, la sentenza impugnata non ha considerato che il rassicurante tenore delle relazioni rilasciate dalla società di certificazione aveva impedito ad esso ricorrente di avere conoscenza dell'intervenuta alterazione delle voci più significative dei bilanci, e quindi dello stato di decozione in cui versava la P. Nell'escludere la responsabilità della R., la Corte di merito ha poi omesso di rilevare che la responsabilità dell'amministratore nei confronti della società, dei creditori e dei terzi per la falsità dei bilanci non esclude quella della società di revisione nei confronti dell’amministratore per aver certificato dati falsi ed errati.

3. — Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1176 e 2392 cod. civ., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso che la sopravvalutazione dei marchi esonerasse gli amministratori dal dovere di perizia. Sostiene infatti che l'obbligo degli amministratori di vigilare sull’andamento generale della gestione, implicando la necessità di avvalersi di consulenti e periti ai fini dell'assunzione di decisioni ponderate, comporta che, nel caso in cui debbano essere compiute attività o accertamenti tecnici, la responsabilità dell'amministratore non esclude quella dell'esperto delegato. Precisa al riguardo che, in quanto consapevole di non avere competenza tecnica in materia di marchi, egli si era determinato a sottoscrivere il bilancio al 31 dicembre 1991 facendo affidamento sulle relazioni di certificazione del bilancio al 31 dicembre 1990 e della situazione patrimoniale al 31 marzo 1991, esplicitamente richieste per garantire la veridicità e la validità delle elaborazioni contabili.

4. — Con il quarto motivo, il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 1227 cod. civ. e degli artt. 40 e 41 cod. pen., nonché l'omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, affermando che. nell'attribuire alla sua condotta un'efficacia interruttiva del nesso eziologico tra il fatto della società di revisione e l'evento dannoso, la Corte di merito ha irrazionalmente modificato il ciclo causale, avendo irragionevolmente ravvisato a carico degli amministratori il dovere di riesaminare risultati consolidati ai quali era ripetutamente e senza incertezza pervenuta la società di revisione. Nel riconoscere alla partecipazione di esso ricorrente all'approvazione dei bilanci efficacia causale esclusiva nella produzione dell'evento dannoso, la sentenza impugnata non ha considerato che tale approvazione s'inseriva in una catena causale il cui primo anello era costituito proprio dalla condotta della R. Essa, oltre ad aver ignorato gli effetti del comportamento della società di revisione sulla dichiarazione d'insolvenza della P., ha omesso di rilevare che, quando anche gli amministratori non avessero confidato nella certificazione dei bilanci, il loro intervento non sarebbe risultato idoneo ad impedire il verificarsi dell'evento, in considerazione del risalente stato di decozione della società, che aveva indotto il curatore del fallimento ad esercitare l'azione di responsabilità nei loro confronti.

5. - Così riassunto il contenuto del ricorso, non meritano accoglimento le eccezioni sollevate dalla difesa della R., secondo cui le censure proposte dal ricorrente risultano prive di autosufficienza e specificità, in quanto, oltre a cumulare in un unico contesto la denuncia di violazioni di legge e vizi di motivazione, non sono accompagnate dalla trascrizione delle statuizioni impugnate e dei passi salienti degli scritti difensivi né dalla precisa individuazione dei lamentati vizi di motivazione.

La congiunta indicazione, nella rubrica di ciascun motivo, di profili di censura riconducibili rispettivamente ai nn. 3 e 5 dell'art. 360, primo comma, cod. proc. civ. non costituisce infatti ragione d'inammissibilità dell'impugnazione, non rinvenendosi nell'ordinamento processuale alcuna disposizione che prescriva la separata deduzione dei due vizi, la cui specificazione, imposta dalla natura del ricorso per cassazione, quale mezzo d'impugnazione a critica vincolata, esige soltanto che le critiche mosse alla sentenza impugnata siano articolate in modo tale da consentire la distinta individuazione degli aspetti concernenti la ricostruzione dei fatti e di quelli riguardanti l'interpretazione o l'applicazione delle norme giuridiche (cfr. Cass., Sez. II, 23 aprile 2013, n. 9793; Cass,, Sez. I, 18 gennaio 2008, n. 976). L’identificazione di tali aspetti risulta nella specie agevolata dall'enunciazione, a corredo dei singoli motivi, di distinti quesiti di diritto, la cui formulazione, pur risultando superflua ai fini della ritualità del ricorso, per effetto dell'intervenuta abrogazione dell’art. 366-bis cod. proc. civ., si traduce in una chiara localizzazione delle questioni giuridiche sottoposte all'esame di questa Corte, in tal modo isolate dalle residue problematiche inerenti all’accertamento dei fatti. L’illustrazione delle censure è poi accompagnata dalla fedele riproduzione dei passi della motivazione investiti dalle critiche del ricorrerne e del contenuto dei documenti invocati, che, escludendo la necessità di un accesso diretto agli atti processuali, ammesso soltanto nel caso in cui vengano denunciati vizi processuali, consente di concludere per l'insussistenza del lamentato difetto di autosufficienza.

6. — I predetti motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto aventi ad oggetto questioni intimamente connesse, sono peraltro infondati.

Non può infatti condividersi la tesi secondo cui nel l'accertamento della responsabilità della R. avrebbe dovuto tenersi conto dell’incidenza che la falsa rappresentazione della situazione economico-patrimoniale della P., ingenerata dalla negligenza nello svolgimento dell’attività di revisione contabile e certificazione dei bilanci, aveva spiegato ai fini non già dell'esercizio delle funzioni di amministratore da parte del ricorrente, ma della sua decisione di accettare l'incarico: indipendentemente dalla sua novità, questo tema d'indagine, che non risulta essere mai stato prospettato nelle precedenti fasi processuali, doveva considerarsi assolutamente ininfluente, alla luce dell'osservazione, avente portata risolutiva, che l'assoggettamento all'azione di responsabilità, in cui il ricorrente ha individuato il pregiudizio arrecatogli dalla condotta della società di revisione, non traeva origine dalla mera assunzione della carica di amministratore, ma dall'inosservanza degli obblighi dalla stessa scaturenti.

L’azione di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ai sensi dell'art. 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, che cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 cod. civ. in favore dei soci e dei creditori sociali, pur presupponendo che il convenuto abbia rivestito la carica di amministratore della società fallita, non trova infatti fondamento nell'oggettiva titolarità della stessa, ma, al pari delle predette azioni, nell'inadempimento degli obblighi specifici che ne derivano ai sensi della legge o dell'atto costitutivo, oppure nell'inosservanza dell'obbligo generale di diligenza nell'espletamento dell'incarico e dei doveri di vigilanza e d'intervento posti a carico dell'amministratore dall'art. 2392 cod. civ. Correttamente, pertanto, la Corte di merito si è astenuta da qualsiasi accertamento in ordine alle ragioni che avevano indotto il ricorrente ad accettare l'incarico di amministratore ed all'incidenza che su tale scelta aveva spiegato la rappresentazione della situazione emergente dai bilanci della società, ponendo invece in risalto il modo in cui il F. aveva esercitato le predette funzioni, ed in particolare le irregolarità commesse nella redazione del bilancio relativo all'anno 1992, avvenuta in epoca successiva all'assunzione dell'incarico, nonché quelle che inficiavano la contabilità relativa agli esercizi anteriori, per la cui sanatoria il ricorrente avrebbe dovuto tempestivamente attivarsi, in adempimento del dovere di vigilare sull'andamento della gestione e d'intervenire per porre rimedio ad errori od omissioni, senza limitarsi a fare affidamento sul corretto operato della società di revisione.

6.1. — E' proprio la riconducibilità dell'azione di responsabilità all'inosservanza dei predetti doveri a rendere ragione del l'affermata interruzione del nesso di causalità tra la condotta negligente della R. ed il pregiudizio lamentato dal ricorrente, rispetto alla quale non assumevano alcun rilievo l'eventuale configurabilità di un vincolo giuridico tra la società di revisione e l'amministratore e la conseguente affermazione della natura contrattuale della responsabilità dell'una nei confronti dell’altro, dal momento che, come ha correttamente affermato la sentenza impugnata, il ricorrente non era stato chiamato a rispondere dei danni arrecati alla società per fatto altrui, ma per fatto proprio, consistente nella violazione dell'obbligo di redigere un bilancio corretto e veritiero e d'informare prontamente l'assemblea dell'intervenuta perdita del capitale sociale (art. 2447 cod. civ.), nonché di promuovere le iniziative necessarie per la ricostituzione dello stesso o per la liquidazione della società, astenendosi nel frattempo dall'intraprendere nuove operazioni (art. 2449 cod. civ.).

6.2. — In linea più generale, non merita consenso l'assunto da cui muove la difesa del ricorrente, secondo cui l'attività di controllo e certificazione demandata alla società di revisione, collocandosi a valle della tenuta della contabilità e della formazione dei bilanci relativi agli esercizi anteriori all'assunzione della carica di amministratore, avrebbe garantito la correttezza e la veridicità dei dati dagli stessi risultanti, in tal modo dispensandolo da qualsiasi verifica in ordine alla loro corrispondenza alla reale situazione economico-patrimoniale della società, tanto ai fini della redazione del bilancio successivo, quanto ai fini dell'individuazione dei provvedimenti da adottare per far fronte allo stato di difficoltà in cui versava la società. In quanto volte ad esprimere un'opinione in ordine all'attendibilità della contabilità sociale e del bilancio, in funzione delle esigenze informative dei soci e dei terzi, le relazioni periodiche della società di revisione e quella annuale sul bilancio di esercizio non attribuiscono alle relative risultanze un carattere di certezza tale da tradursi in un'attestazione legale d'idoneità dei predetti atti a rappresentare fedelmente la situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società. La loro finalità, consistente essenzialmente nel fornire elementi di valutazione in ordine allo stato di salute della società ed alla correttezza della gestione, consente di escludere dal novero dei diretti destinatari gli amministratori, i quali, disponendo di tutti gli elementi necessari per la formazione della contabilità e la predisposizione dei bilanci, sono perfettamente in grado di rendersi conto di eventuali irregolarità, anche se ascrivibili alla precedente amministrazione.

Non merita pertanto censura la sentenza impugnata, nella parte in cui ha ritenuto che, nonostante l'esito positivo della revisione, la riconducibilità delle irregolarità denunciate dal curatore del fallimento all'attività dei precedenti amministratori della società non comportasse l'esonero del ricorrente dalla responsabilità, non essendosi egli adoperato, in adempimento dei propri doveri di vigilanza e diligenza, per eliminare le predette irregolarità, ma avendo pedissequamente riprodotto, nei bilanci successivi alla sua nomina, l’iscrizione delle poste attive contestate, in particolare quelle inerenti al valore dei marchi, senza procedere ad una stima, resa necessaria anche dalla progressiva riduzione del fatturato. Tale conclusione trova conferma nell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'amministratore che, succedendo ad altri nella gestione di una società affetta da gravi irregolarità, ometta d'informarne l'assemblea dei soci e di adottare i provvedimenti necessari per il ripristino di una corretta amministrazione, è responsabile non già dell'attività dei precedenti amministratori, ma della propria colpevole omissione (cfr. Cass., Sez. I, 23 febbraio 2005, n. 3774; 22 giugno 1990, n. 6278). Nella specie, la predetta responsabilità non poteva ritenersi esclusa dalla circostanza che i bilanci redatti dai precedenti amministratori avessero riportato il giudizio positivo della società di revisione, in quanto, indipendentemente dall'eventuale responsabilità di quest'ultima verso i soci ed i terzi, la tenuta della contabilità e la formazione del bilancio restano pur sempre attività proprie degli amministratori, i quali debbono provvedervi nel rispetto delle norme di legge e con la diligenza richiesta dalle funzioni esercitate, senza confidare acriticamente nell'operato di terzi, sulla cui attività sono anzi tenuti a vigilare, anche quando gli adempimenti demandati a tali soggetti trovino giustificazione nel possesso di particolari competenze tecniche (cfr. Cass., Sez. I, 11 luglio 2008, n. 19235).

7. — Il ricorso principale va pertanto rigettato, restando conseguentemente assorbito il ricorso incidentale condizionato, con cui la R. ha dedotto la violazione e la falsa applicazione dell'art. 112 cod. proc. civ., in relazione all'art. 360, primo comma, n. 4 cod, proc. civ., censurando la sentenza impugnata per non aver dichiarato la cessazione della materia del contendere, da essa fatta valere sia in primo grado che in appello, in virtù dell'intervenuta definizione in via transattiva del giudizio di responsabilità promosso dal curatore del fallimento della P. nei confronti degli amministratori e dei sindaci della società e di quello promosso dal F. nei confronti del fallimento per il risarcimento dei danni derivanti dall’azione di responsabilità e dal sequestro conservativo.

8. - Con il primo motivo del loro ricorso incidentale, le compagnie assicuratrici lamentano la violazione e la falsa applicazione dell'art. 91 cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato interamente compensate le spese processuali tra esse controricorrenti ed il F , senza tener conto della soccombenza di quest’ultimo e della pretestuosità della domanda da lui proposta, la quale escludeva la possibilità di ravvisare nelle questioni trattate quella peculiarità che ha indotto la Corte di merito ad escludere la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.

8.1. — Il motivo è inammissibile.

In sede di legittimità, la statuizione riguardante la compensazione delle spese di lite è infatti censurabile per violazione di legge esclusivamente nell'ipotesi in cui sia rimasto inosservato il principio che esclude la possibilità di porre, anche parzialmente, le spese processuali a carico della parte che sia risultata totalmente vittoriosa, restando altrimenti devoluta alla discrezionalità del giudice di merito, sindacabile soltanto per vizio di motivazione, la valutazione dell'opportunità di disporre in tutto o in parte la compensazione, sia in caso di soccombenza reciproca che, come nella specie, quando ricorrano giustificati motivi (cfr. Cass., Sez. V, 19 giugno 2013, n. 15317; Cass., Sez. I, 18 giugno 2008, n. 16575; Cass., Sez. IlI, 29 settembre 2007, n. 20584).

9. — Con il secondo motivo, le Compagnie assicuratrici denunciano l'insufficiente e inadeguata motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, sostenendo che, nel dichiarare interamente compensate le spese processuali tra esse controricorrenti e la R , la Corte di merito non ha tenuto conto della fondatezza delle eccezioni d'inoperatività delle garanzie assicurative da esse sollevate nei confronti della società di revisione, la quale, d'altronde, avrebbe potuto anche evitare di chiamarle in causa, senza pregiudizio per i propri diritti.

9.1. — Il motivo è infondato.

Il giudizio in esame risulta infatti introdotto in data anteriore al 1° marzo 2006, e pertanto, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, della legge 28 dicembre 2005, n. 263, come modificato dall'art. 39-quater del decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273, convertito in legge 23 febbraio 2006, n. 51, ad esso si applica l'art. 92 cod. proc. civ., nel testo anteriore alle modifiche introdotte dal primo comma dell'art. 2 cit., in virtù del quale il potere di disporre la compensazione delle spese processuali può ritenersi legittimamente esercitato ogni qualvolta risulti affermata e giustificata la sussistenza dei relativi presupposti, i quali devono emergere, se non da una motivazione esplicitamente specifica, almeno da quella complessivamente adottata a fondamento dell'intera pronuncia (cfr. Cass., Sez. Un., 30 luglio 2008, n. 20598; Cass., Sez. VI, 12 gennaio 2012, n. 316; 2 dicembre 2010, n. 24531). Nella specie, tali presupposti sono stati puntualmente ravvisati nella peculiarità delle questioni trattate, la cui natura e complessità, ritenute tali da giustificare un complessivo riesame della controversia, devono considerarsi di per sé sufficienti a sorreggere la decisione adottata dalla Corte di merito anche nei confronti delle società chiamate in causa, indipendentemente dal l'intervenuto assorbimento delle eccezioni formulate da queste ultime, in conseguenza del rigetto della domanda proposta in via principale.

10. — Le spese processuali, che si liquidano come dal dispositivo, seguono la soccombenza nei rapporti tra il ricorrente e la R., nei rapporti tra il F. e le Compagnie assicuratrici costituite in giudizio, nonché nei rapporti tra queste ultime e la R., la novità e la peculiarità delle questioni trattate giustifica, anche in riferimento alla presente fase, la dichiarazione d'integrale compensazione delle spese processuali.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato proposto dalla R.E. S.p.a., e rigetta il ricorso incidentale proposto dall’A. S.p.a., dalle A.G. S.p.a., dalla G. S.p.a., dalla V.A. S.p.a. e dall'A. S.p.a.; condanna F.V. il pagamento delle spese processuali in favore della R.E. S.p.a., che si liquidano in complessivi Euro 10.200,00, ivi compresi Euro 10.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge; dichiara interamente compensate le spese processuali tra F.V. e l’A. S.p.a., le A.G. S.p.a., la G. S.p.a., la V.A. S.p.a., l’A.A. S.p.a. e l’A S.p.a., nonché tra queste ultime e la R.E.