Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 aprile 2015, n. 7914

Società - Trasformazione - In genere - Scissione parziale con trasferimento di beni in favore di società personale - Relazione ex art. 2343 cod. civ. - Necessità - Esclusione - Fondamento - Allegazione di situazione patrimoniale delle società partecipanti all'operazione - Sufficienza

 

Svolgimento del processo

 

In accoglimento della azione instaurata ex art. 146 l.fall. dalla Curatela del fallimento della C. s.r.l. dinanzi al Tribunale di Monza che nel marzo 2004 aveva dichiarato il fallimento, il tribunale accertava la responsabilità di P.D., già amministratore unico della società fallita, per inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell'integrità del patrimonio sociale, in relazione alla operazione di scissione parziale tra la C. s.r.l. e la società di nuova costituzione B. s.a.s., operazione approvata dalla assemblea dei soci il 29.6.2000 ed eseguita con atto del 13 dicembre 2000. Lo condannava pertanto a risarcire il danno causato, che liquidava in € 396.587, 25 pari alla differenza tra il valore dei beni trasferiti indicato nel progetto di scissione (€ 21.845,08) e quello effettivo (€ 396.587,25) risultante da una perizia fatta eseguire dalla stessa C. qualche tempo prima della operazione. Riteneva il Tribunale che l'operazione, sia pur formalmente regolare, avesse chiaramente lo scopo, effettivamente raggiunto, di depauperare il patrimonio sociale con la dismissione da parte della società fallita di una porzione di capannone industriale e di impianti, macchinari ed attrezzature - che restavano peraltro nella disponibilità dei soci, avendo le due società la medesima compagine sociale - senza alcuna contropartita per la società scissa, e quindi in pregiudizio dei suoi creditori, anteriori e successivi, non potendo, da un lato, ritenersi che la responsabilità dell'amministratore nei confronti di questi venisse meno in virtù della approvazione unanime della scissione da parte dei soci, né d'altro lato affermarsi che la responsabilità solidale della società beneficiaria per i debiti non soddisfatti della società scissa, prevista dall'art. 2504 decies cod.civ. (nel testo ratione temporis applicabile, anteriore alla riforma del 2003), potesse valere da sola ad elidere completamente l'intrinseca dannosità della operazione.

La Corte d'appello di Milano, investita del gravame proposto dal D., cui resisteva la Curatela del Fallimento C. s.r.l., in riforma della sentenza di primo grado rigettava la domanda proposta nei confronti dell'appellante.

Osservava la Corte distrettuale: a)che non vi era stata da parte dell'appellante alcuna illegittima sottovalutazione dei beni trasferiti alla beneficiaria, giacché la situazione patrimoniale allegata al progetto di scissione parziale era stata redatta - conformemente al dettato dell'art. 2501 ter cod.civ. vecchio testo - con l'osservanza delle norme sul bilancio di esercizio, in particolare dell'art. 2426 cod.civ. che prescrive l'iscrizione in bilancio delle immobilizzazioni al costo di acquisto; b) che, dunque, in presenza di una operazione legittima quale quella in esame doveva escludersi che da essa potesse derivare una responsabilità patrimoniale, né d'altra parte vi era prova che essa, in concreto, fosse diretta a sottrarre i beni trasferiti alle azioni esecutive dei creditori della società scissa, i quali piuttosto ben avrebbero potuto, in base al disposto dell'art. 2504 decies cod.civ., aggredire i beni stessi, per il loro effettivo valore, anche dopo l'atto di scissione parziale, una volta rimasti insoddisfatti dal patrimonio residuo della C.; c) che, del resto, di eventuali iniziative infruttuose in tal senso - e quindi di un danno effettivamente subito dai creditori stessi - non vi era alcuna prova.

Avverso la sentenza d'appello, resa pubblica il 5 luglio 2010 e notificata il 2 marzo 2011, la Curatela del fallimento C. s.r.l., con atto notificato il 21 aprile 2011, ha proposto ricorso per cassazione, cui resiste con controricorso il D.

 

Motivi della decisione

 

1. Il ricorso si basa su cinque motivi.

1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2391, 2392 e 2393 cod.civ.: il D. avrebbe omesso di agire con la diligenza professionale, la prudenza e la perizia richieste dalle sue funzioni, non avendo allegato al progetto di scissione la relazione di stima di cui all'art. 2343 cod.civ., e quindi - sottacendo in tal modo l'effettivo valore dei cespiti immobiliari trasferiti - attuato un atto di scissione parziale della C. s.r.l. che, non comportando per la società stessa alcuna contropartita economica e patrimoniale del trasferimento immobiliare posto in essere, ne avrebbe provocato il fraudolento depauperamento patrimoniale in danno ai creditori della società stessa e a vantaggio della società beneficiaria, partecipata peraltro anche dal D., con conseguente violazione anche del divieto di agire in conflitto di interessi.

1.2. Con il secondo motivo si censura il richiamo, nella sentenza impugnata, al disposto dell'art. 2426 cod.civ., secondo cui nella redazione del bilancio di esercizio le immobilizzazioni debbono iscriversi al costo di acquisto e non in base al valore del momento: tale norma, proprio perché dettata per la redazione del bilancio, sarebbe falsamente applicata alla fattispecie in esame, nella quale i beni immobili fuoriescono dal patrimonio della società.

1.3. Con il terzo motivo viene denunciata la violazione o falsa applicazione dell'art. 2394 cod. civ.: la responsabilità verso i creditori della società scissa per una operazione da ritenersi intrinsecamente dannosa non potrebbe considerarsi elisa per la sussistenza della responsabilità solidale della beneficiaria prevista dall'art. 2504 decies cod.civ. in quanto: a) i creditori della società scissa anteriori alla scissione potrebbero solo limitare il danno qualora riuscissero in concreto a soddisfare le proprie ragioni aggredendo il patrimonio della società beneficiaria; b) i creditori della società stessa successivi alla scissione resterebbero danneggiati dal fatto che si sia consentito ad una società già in crisi di continuare ad operare contraendo altri debiti privi di garanzia.

1.4. Analoghe considerazioni vengono svolte nel quarto motivo sotto l'ulteriore profilo del vizio di motivazione circa la ritenuta assenza di danno al patrimonio sociale della scissa per effetto della responsabilità solidale sussidiaria della società beneficiaria prevista dall'art. 2504 decies cod.civ. in difetto di ogni considerazione in ordine all'onere di previa escussione del patrimonio della scissa.

1.5. Anche il quinto motivo denuncia il vizio di motivazione circa la mancata prova di un danno effettivamente subito dai creditori della società scissa, che invece sarebbe insito nell'intervenuto fallimento della stessa.

2. Tali doglianze sono prive di fondamento.

3. La violazione - cui fanno riferimento i primi due motivi - dei doveri generali posti a carico dell'’amministratore dall'art. 2392 cod.civ. (la violazione del dovere di non agire in conflitto di interessi è questione del tutto nuova, che non può dunque essere esaminata per la prima volta in questa sede di legittimità) viene dal ricorrente collegata, da un lato, alla omissione di un adempimento (la allegazione al progetto della relazione di stima di un esperto di cui all'art. 2343 cod.civ.) in realtà non dovuto nella fattispecie in esame, dall'altro ad una condotta (la considerazione, nella situazione patrimoniale allegata al progetto, dei beni trasferiti al valore iscritto in bilancio, basato sul costo storico) del tutto conforme a quanto prescritto espressamente dall'art. 2501 ter comma secondo cod.civ. (nel testo all'epoca vigente).

3.1. Invero, la relazione di stima predisposta da esperti nominati dal presidente del tribunale, prevista dall'art. 2343 cod.civ. per l'ipotesi di conferimento di beni in natura in una società di capitali, non può ritenersi necessaria nel caso, qui ricorrente, di trasferimento di beni che trova causa in un atto di scissione parziale in favore di società di persone: la ratio della suddetta previsione di legge (verificare l'effettiva esistenza della garanzia del capitale sociale indicato nelle società di capitali destinatarie di conferimenti di beni in natura) non viene evidentemente in gioco quando non di conferimento bensì di trasferimento di beni si tratti, e in favore di una società di persone. Di ciò del resto si trae conferma nelle norme codicistiche regolanti puntualmente il procedimento necessario per la valida conclusione dell'atto di scissione, che (cfr. artt. 2504 novies e 2501 ter cod.civ.) non fanno alcun riferimento alla necessità di una stima del patrimonio trasferito dalla scissa alla beneficiaria, bensì considerano sufficiente la allegazione di una situazione patrimoniale delle società partecipanti all'operazione redatta dagli amministratori con l'osservanza delle norme sul bilancio di esercizio. Né può in contrario richiamarsi la relazione degli esperti di cui all'art. 2501 quinquies cod.civ., perché questa ha tutt'altro scopo rispetto alla relazione prevista dall'art. 2443. Infatti, vertendo sulla congruità del rapporto di cambio delle azioni o quote della società partecipanti all'operazione, ha lo scopo di tutelare i soci della società scissa nel loro interesse a mantenere intatto il valore reale delle loro azioni o quote nella attribuzione - che, a norma dell'art. 2504 septies comma 1, costituisce l'unico "corrispettivo" della scissione - delle azioni o quote della beneficiaria: il che spiega perché - a norma dell'art. 2504 novies - tale relazione non è richiesta nei casi, come quello in esame, nei quali la suddetta attribuzione delle azioni o quote della beneficiaria segua la stessa proporzione con cui sono ripartite le azioni o quote del capitale della scissa. Casi nei quali è dunque da escludere che i soci della scissa possano comunque subire pregiudizio dalla scissione, peraltro nella specie da essi approvata all'unanimità. 3.2.

Quanto poi alla considerazione, nella situazione patrimoniale allegata al progetto di scissione, dei beni trasferiti al valore iscritto in bilancio, basato sul costo storico, la sentenza impugnata ha rettamente osservato come ciò sia conforme al criterio prescritto dalle norme sul bilancio di esercizio -in particolare dall'art. 2426 n. 1 dal codice civile - la cui osservanza nella redazione della situazione patrimoniale è espressamente imposta dagli artt. 2501 ter e 2504 novies comma 1) cod.civ. La applicazione nella specie delle norme sul bilancio - e quindi del criterio valutativo prudenziale basato sul c.d. costo storico - è dunque frutto non già di una deduzione dell'interprete bensì di una scelta inequivocamente espressa dal legislatore; avverso la quale appare, in definitiva, diretta non utilmente la critica del ricorrente.

4. Analoghe considerazioni si impongono con riguardo alla responsabilità nei confronti dei creditori della società scissa, nella quale la Curatela insiste con gli altri tre motivi, la cui stretta connessione ne giustifica l'esame congiunto.

4.1. In primo luogo, poiché il pregiudizio ai creditori della società scissa viene posto in relazione, nel ricorso, con una "intrinseca dannosità" dell'atto posto in essere, a sua volta collegato con il fatto che il trasferimento di beni è avvenuto "senza alcuna contropartita economica e patrimoniale, come si sarebbe invece avuto con una vendita...o con un conferimento", è giocoforza dedurre che la responsabilità dell'amministratore viene dal ricorrente fatta derivare dalla stessa scelta di avvalersi dello strumento della scissione. Ma, con tale prospettazione, si fuoriesce dall'ambito proprio della responsabilità degli amministratori: la scissione non può invero considerarsi atto gestorio dell'impresa amministrata, imputabile all'amministratore, essendo invece atto della stessa società amministrata, ai cui soci spetta la scelta di procedervi (art. 2502 e 2504 novies cod.civ.).

4.2. In secondo luogo, ove pure potesse superarsi questa obiezione di fondo, non potrebbe comunque negarsi che la responsabilità in questione postula la prova che dalla dedotta violazione da parte dell'amministratore dei suoi doveri sia derivato un danno effettivo, non meramente ipotetico, ai creditori sociali. Al riguardo, va infatti osservato come proprio per porre rimedio alla "intrinseca dannosità" della scissione (cui fa riferimento il ricorrente considerando in sé il trasferimento patrimoniale) per i creditori della società scissa il legislatore ha previsto, nell'art. 2504 decies comma II cod.civ (nel testo ante riforma), la responsabilità solidale della società beneficiaria, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa trasferito, per i debiti non soddisfatti dalla società cui essi fanno carico. Posto cioè che, in base a tale norma di legge, i creditori della società scissa continuano, anche dopo l'atto di scissione, a confidare sulle medesime garanzie patrimoniali che assistevano prima dell'atto le loro ragioni (a differenza dei creditori successivi, i quali certo non possono aver fatto affidamento su un patrimonio che la società non aveva più), non può ritenersi sufficiente alla affermazione di una responsabilità dell'amministratore alla stregua del disposto dell'art. 2394 cod.civ. il solo fatto della diminuzione patrimoniale della società scissa conseguente alla scissione, occorrendo invece che chi afferma tale responsabilità dimostri la sussistenza di un danno effettivamente subito dai creditori a causa dell'atto stesso. Prova che la sentenza impugnata ha motivatamente escluso sia stata offerta dal Fallimento.

4.3. Tali considerazioni non sono validamente contrastate in ricorso.

4.3.1. Infatti se è vero che la responsabilità solidale prevista dalla legge non esclude il rischio per i creditori (anteriori) della società scissa di non riuscire in concreto a soddisfare le proprie ragioni aggredendo il patrimonio della società beneficiaria, è tuttavia evidente che, ben potendo anche la società scissa (al pari di ogni debitore) spogliarsi del suo patrimonio prima che questo venga aggredito dai creditori, al medesimo rischio i creditori della scissa erano già esposti prima dell'atto di scissione.

4.3.2. Né può condividersi la critica alla motivazione della sentenza impugnata per non aver considerato l'onere di preventiva escussione del patrimonio della scissa, per far valere la suddetta responsabilità solidale sussidiaria della beneficiaria, che renderebbe più gravosa l'azione esecutiva della massa dei creditori nei confronti di quest'ultima. Trattasi invero di elemento non decisivo, giacché il problema sollevato non può porsi nel caso in cui agisca il fallimento della società scissa, che in quanto liquidazione concorsuale ha già - per definizione - assolto l'onere di preventiva escussione del patrimonio della società fallita, e tuttavia non risulta (come puntualmente evidenziato dalla Corte di merito senza ricevere sul punto censura alcuna) aver agito nei confronti della beneficiaria.

4.3.3. Tantomeno merita condivisione l'ulteriore critica alla motivazione per non aver considerato che il fatto stesso del fallimento della società scissa dimostrerebbe il danno subito dai suoi creditori. Anche qui la prospettazione di tale elemento (che peraltro non risulta esser stata effettuata in sede di merito) si mostra non decisiva, giacché mancherebbe comunque la prova, incombente sul fallimento attore, del nesso di causalità tra tale evento (successivo peraltro di oltre tre anni all'atto di scissione) e le pretese violazioni contestate all'amministratore.

5. Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese di questo giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il Fallimento C. s.r.l. al rimborso in favore della controparte delle spese di questo giudizio di cassazione, in € 12.200,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.