Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 06 maggio 2015, n. 9068

Tributi - Reddito d’impresa - Agevolazioni fiscali - Deducibilità dei costi dei servizi - Esercizio in cui viene ultimata la prestazione

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con separati ricorsi introduttivi, poi riuniti dall'adita commissione tributaria provinciale di Firenze, la Soc. U.S. esercente l'attività di commercio di autoveicoli, ha impugnato tre avvisi di accertamento relativi a imposte dirette per gli anni 1999-2000-2001 e un quarto avviso relativo a IVA e imposte dirette relative all'anno 2002. Le contestazioni del fisco riguardavano la deducibilità di costi per prestazioni di servizi vari e spese pubblicitarie e promozionali, nonché la deducibilità di talune quote di ammortamento. Il primo giudice accoglieva integralmente i ricorsi per gli anni d'imposta 1999-2000-2001 e parzialmente quello per l'anno d'imposta 2002. La decisione era impugnata da entrambe le parti.

2. Con sentenza dell'11 dicembre 2009, la commissione tributaria regionale della Toscana ha rigettato l'appello principale dell'Ufficio, centrato sulla scorretta imputazione di esercizio di spese per talune prestazioni servizi e sulla qualificazione di altre spese ritenute di rappresentanza. Il giudice d'appello ha osservato che, per le prime prestazioni, il momento in cui si determinava la certezza del costo, era quello del cd. "progetto di notula", il che significava che i servizi richiesti o pattuiti erano stati erogati nella misura ivi indicata e che da quel momento si conosceva l'entità del costo a carico della contribuente. Quanto alle seconde ha ritenuto di condividere la decisione del giudice provinciale.

Contestualmente il giudice di appello ha accolto in parte il gravame incidentale della Soc. U.S. rilevando che l'esclusione della quota di ammortamento dei terreni dai componenti negativi del reddito, operata dai fisco, era illegittima essendo i terreni appartenenti alla società strumentali all'esercizio dell'attività da essa svolta.

3. Per la cassazione di tale decisione, l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato a tre motivi; la Soc. U.S. resiste con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Con il primo motivo, denunciando la violazione dell'art. 75 (ora 109) del TUIR, la ricorrente censura la sentenza d'appello laddove, riferendosi all'epoca del pagamento fatto a seguito del cd. "progetto di notula", consente che i costi sostenuti nel 2002 per l'acquisizione di servizi di vario genere (legali, consulenze, provvigioni, utenze, etc.), ma relativi a prestazioni ricevute in anni diversi, siano deducibili, in deroga al criterio legale di competenza dell'esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate. Il motivo è fondato.

1.1. I costi relativi a prestazioni di servizio sono - ai sensi dell'art. 75 (ora 109), comma 2, lett. b), TUIR - di competenza dell'esercizio in cui le prestazioni medesime sono ultimate, senza che abbia rilevo alcuno il momento in cui viene emessa la relativa fattura o effettuato il pagamento (Cass. 27296/14), con l'unica eccezione per i contratti di locazione, mutuo, assicurazione o altri contratti da cui derivino corrispettivi periodici, in relazione ai quali le spese per i corrispettivi sono imputabili all'esercizio di maturazione degli stessi (Cass. 9096/12). Tuttavia, i componenti negativi che concorrono a formare il reddito possono essere imputati all'anno di esercizio in cui ne diviene certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare, qualora di tali qualità fossero privi nel corso dell’esercizio di competenza (Cass. 3368/13). Dunque, dalla complessiva prescrizione dell'art. 75 cit. si desume che, anche per le spese e gli altri componenti negativi di cui non sia ancora certa l'esistenza o determinabile in modo obiettivo l'ammontare, il legislatore considera come esercizio di competenza quello nel quale nasce e si forma il titolo giuridico che costituisce la fonte di ciascuna di tali voci, limitandosi soltanto a prevedere una deroga al principio della competenza, col consentire la deducibilità di dette particolari spese e componenti nel diverso esercizio nel quale si raggiunge la certezza della loro esistenza ovvero la determinabilità, in modo obiettivo, del relativo ammontare. (Cass. 17568/07). Tale determinabilità deve ritenersi non collegata alla mera volontà delle parti sulla scelta dell'esercizio cui il costo è imputato, ma deve essere desumibile, oltre che dall'indicazione contrattuale del corrispettivo, da strumenti diversi, quali, ad esempio, la parametrazione ad altre operazioni simili ovvero al valore di mercato (Cass. 24526/09).

1.2. Nella specie il riferimento del giudice d'appello al cd. "progetto di notula", ovverossia a un imprecisato documento preparatorio immediatamente precedente l'effettivo saldo del corrispettivo, tende a spostare il criterio verso il momento della fattura, anche pro- forma, e/o del pagamento rispetto al periodo di competenza coincidente con quello in cui le prestazioni sono ultimate. La sentenza d'appello - richiamando a un dato temporale, ossia quello del cd. "progetto di notula" e del conseguente pagamento, estraneo alla disciplina dettata dall'art. 75 cit. - è incorsa nella denunciata violazione di norma di diritto sostanziale.

2. Con il secondo motivo, lamentando violazione dell'art. 67 (ora 102) del TUIR in relazione al d.m. 31 dicembre 1988, la ricorrente censura il capo di sentenza relativo all'ammortamento dei terreni riconosciuto dal giudice d'appello in  accoglimento parziale dell'appello incidentale.

Osserva che l'accertamento fiscale ha correttamente scomputato dal fondo generale di ammortamento la quota relativa ai terreni non ammortizzabili. Rileva sul punto che, in base alla normativa civilistica e fiscale e ai principi contabili nazionali e internazionali, i terreni hanno - di norma - una vita illimitata. Il motivo è fondato.

2.1. L'art. 67, comma 2, TUIR, applicabile "ratione temporis" e disciplinante l'ammortamento dei beni materiali, dispone che la deduzione delle quote di ammortamento è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze. Si tratta di coefficienti stabiliti per categorie di beni omogenei in base al normale periodo di deperimento e consumo nei vari settori produttivi. Infatti, l'ammortamento è il processo tecnico contabile diretto a calcolare il consumo subito dai beni strumentali destinati all'esercizio dell’impresa i cui costi vanno ripartiti in quote pluriennali. La giurisprudenza di legittimità ritiene, in tema di determinazione del reddito d'impresa, e con riguardo ai presupposti per l'ammortamento, che esso può effettuarsi con beni suscettibili di deperimento e consumo dopo un certo numero di anni, sì da dover essere sostituiti quando non risultino più funzionali allo scopo per il quale sono stati acquistati. Dal reddito d'impresa sono, infatti, detraibili le quote di ammortamento dei beni utilizzabili per un limitato periodo di tempo, perché soggetti a logorio fisico o economico, tant'è che la disciplina fiscale dei diversi coefficienti di ammortamento tiene espressamente conto dell'effettivo tasso di usura al quale sono soggetti i beni strumentali in relazione all'impiego cui vengono singolarmente destinati (Cass. 1404/13; conf. 22021/06). Ai sensi delle tabelle ministeriali (d.m. 31 dicembre 1988; d.m. 28 marzo 1996), emesse in base all'art. 67, comma 2, TUIR , non sono ammortizzabili i terreni, non risultando prevista tale possibilità fatta eccezione per alcune ipotesi del tutto peculiari riguardo a imprese di trasporti e di comunicazione ("trasporti aerei, marittimi, lacuali, fluviali e lagunari - pista, moli e terreni ad essi adibiti", "terreni adibiti alle linee e ai servizi ferroviari", "terreni adibiti ad autostrada"; v. Cass. 1404/13 e 9497/08; cfr. CTC 2928/95). Pertanto, siccome i terreni edificabili, non sono soggetti a logorio fisico o economico, né a usura, non rientrano nella nozione fiscale di beni ammortizzabili (v. anche art. 30 D.Iva), mentre ad esempio i capannoni industriali, ivi eventualmente costruiti, essendo strumentali per natura, rivestono indubbiamente la qualificazione di bene ammortizzabile per l'impresa proprietaria (Cass. 1404/13). E' vero che, riguardo all'iscrizione nel registro dei beni ammortizzabili, il d.P.R. n. 600 del 1973 - art. 16, comma 2 - parla in generale di "ciascun immobile", ma il riferimento successivo al "coefficiente di ammortamento effettivamente praticato" riporta il tutto alle tabelle ministeriali che, come si è già visto, non contemplano affatto i terreni edificabili ma solo le costruzioni sovrastanti.

2.2. Le conclusioni raggiunte sono confermate dalla dottrina e dai principi contabili nazionali (Doc. n. 16) e internazionali (IAS 16), che separano contabilmente gli edifici dai terreni, in quanto - salvo eccezioni - non possono essere ammortizzati, diversamente da quanto accade per gli edifici, "i quali la loro limitata vita utile devono essere oggetto di ammortamento con riferimento al loro valore".

L'assetto delineato da dottrina, prassi e giurisprudenza è confermato dalla sopravvenienza della c.d. "legge Bersani 2006" (D.L. n. 223 del 2006 conv. L. n. 248 del 2006) che all'art. 36, comma 7 (sost. D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 18), razionalizzando la materia, stabilisce: "Ai fini del calcolo delle quote di ammortamento deducibili il costo complessivo dei fabbricati strumentali è assunto al netto del costo delle aree occupate dalla costruzione e di quelle che ne costituiscono pertinenza. Il costo da attribuire alle predette aree, ove non autonomamente acquistate in precedenza, è quantificato in misura pari al maggior valore tra quello esposto in bilancio nell'anno di acquisto e quello corrispondente al 20 per cento e, per I fabbricati industriali, al 30 per cento del costo complessivo stesso. Per fabbricati industriali si intendono quelli destinati alla produzione o trasformazione di beni".

2.3. Ai superiori principi di diritto (sostanzialmente confermati anche da Cass. 12924/13 e n. 16690/13) l'odierno collegio ritiene di dover dare ulteriore continuità rilevando che il giudice d'appello se ne è completamente discostato nel l'accogliere parzialmente il gravame incidentale della contribuente.

3. Col terzo motivo la ricorrente denuncia vizio di omessa motivazione (art. 360 n.5 cod. proc. civ.) e censura la sentenza d'appello laddove, senza ulteriori precisazioni, si limita ad affermare: "per gli altri punti la decisione appellata è corretta e la motivazione adeguata in ogni suo punto, nulla di pregio invece risulta dall'appello principale"* Rileva la ricorrente, trascrivendo in ricorso le pag. 15-18 dell'atto di appello, che i punti rigettati senza motivazione, se non meramente apparente, sono quelli relativi alle spese ritenute di rappresentanza. Il motivo è fondato.

3.1. Quella in esame è una sorta di motivazione "per relationem" del capo della sentenza d’appello mediante rinvio alla decisione di prime cure sul punto. Sennonché, la motivazione "per relationem" della sentenza pronunciata in sede di gravame è legittima, unicamente se e in quanto il giudice d’appello, facendo proprie le argomentazioni del primo giudice, esprima, sia pure in modo sintetico, le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi d’impugnazione proposti, in modo che il percorso argomentativo desumibile attraverso la parte motiva delle due sentenze risulti appagante e corretto. Deve viceversa essere cassata la sentenza d’appello allorquando, come nella specie, la laconicità della motivazione adottata, formulata in termini di mera adesione, non consenta in alcun modo di ritenere che all'affermazione di condivisione del giudizio di primo grado il giudice di appello sia pervenuto attraverso l'esame e la valutatone d'infondatezza dei motivi di gravame (Cass. 15483/08, e 2268/06, 18625/10). In sostanza, era necessario che, sia pur sinteticamente, la CTR fornisse, "per gli altri punti" ossia per le spese di rappresentanza, una risposta alle censure formulate, nell’atto di appello e nelle conclusioni, dall'Agenzia soccombente, potendo risultare solo per questa (minimale) via appagante e corretto il percorso argomentativo eventualmente desumibile attraverso l’integrazione della parte motiva delle sentenze di primo e secondo grado (Cass. 3636/07).

3.2. Invece, manca finanche graficamente qualsivoglia concreto esame dei motivi di censura per le spese di rappresentanza; di talché il generico rinvio e la conseguente adesione alla decisione di prime cure appaiono acritici, svincolati dal contenuto del gravame, indefiniti e insignificanti, attagliandosi astrattamente a qualsivoglia ipotesi. Dunque, le poche righe di motivazione, rinviante e adesiva, rendono la stessa puramente figurativa, sostanzialmente apparente e praticamente mancante (conf. Cass. 29225/11, 1970/12, 3438/12, 18776/14).

4. In conclusione, una volta accolto il ricorso, la sentenza d'appello va cassata con rinvio al giudice regionale competente, che, in diversa composizione, procederà a nuovo e motivato esame della vertenza attenendosi ai principi giuridici e regolativi sopra enunciati e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese, alla commissione tributaria regionale della Toscana, in diversa composizione.