Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 maggio 2015, n.18451

Tributi - Reati fiscali - Frode fiscale - Utilizzabilità delle dichiarazioni del coindagato - Non sussiste

 

Ritenuto in fatto

 

-1- Con decreto del 9 maggio 2013, il Gip del Tribunale di Pisa ha emesso nei confronti di F.l. decreto di sequestro preventivo, nell'ambito del procedimento penale, che coinvolge alcune decine di persone, nel quale lo stesso è indagato ex artt. 81 cpv cod. pen. e 2 d.lgs. n. 74/2000 quale legale rappresentante della " F. s.r.l." -capo A)- c della "F.lli F.L. & C. sne" -capo B)-.

Secondo l’accusa, il F., nelle richiamate qualità, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso (quanto al reato sub capo B), al fine di evadere le imposte sul reddito e sul valore aggiunto, aveva indicato:

-nella dichiarazione annuale concernente il periodo di imposta 2010, presentata ai fini II.DD. e IVA, elementi passivi fittizi avvalendosi, a tal fine, della fattura n. 24 emessa il 4.10.10 dalla "A.S.D. VSC"» relativa ad operazioni in parte inesistenti - capo A)-,

- nelle dichiarazioni annuali concernenti i periodi d’imposta 2006, 2007 e 2008, presentate ai fini II.DD. e IVA, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, al fine di evadere le predette imposte, elementi passivi fittizi avvalendosi di numerose fatture, relative ad operazioni in parte inesistenti, emesse dall’associazione sportiva "ASD VSD " e dalla società " P.C." -capo B)-.

In particolare, dalle indagini ancora in corso, sarebbe emerso un consolidato sistema finalizzato alla evasione di imposte attraverso l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di società o associazioni sportive di pallavolo femminile nei confronti di società "sponsor", alle quali le somme in precedenza erogate venivano restituite in una percentuale compresa tra il 60 e l’80 % dell'importo. Tra le società utilizzatrici del sistema di false fatturazioni vi erano le ditte di cui il F era legale rappresentante.

-2- Impugnato detto provvedimento dal F., il Tribunale di Pisa, con ordinanza del 5 giugno 2013, ha respinto la richiesta di riesame dallo stesso proposto.

-3- Su ricorso dell’interessato. la terza sezione di questa Corte, con sentenza del 21 novembre 2013, ha annullato la predetta ordinanza con rinvio al Tribunale di Pisa.

Ha osservato la stessa Corte che il tribunale non aveva fatto corretta applicazione dei principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, pur dallo stesso richiamati, in punto di verifica della sussistenza del "fumus commissi delieti", nel senso che questo era stato dal giudice del riesame ritenuto sussistente sulla base degli accertamenti eseguiti dalla Guardia di Finanza, genericamente richiamati, e delle dichiarazioni rese da B.S., S.D. (ambedue indagati) e C.M. senza specificare da quali clementi emergesse il "fumus" nei confronti dell'indagato e senza tener conto dei rilievi difensivi in ordine alla dedotta inutilizzabilità delle predette dichiarazioni.

-4- Con ordinanza del 12 maggio 2014, il Tribunale di Pisa, in accoglimento della richiesta di riesame, ha annullato il decreto di sequestro preventivo.

Ha rilevato il tribunale, con riguardo al "fumus commissi delieti", che della tesi d’accusa, secondo cui le fatture indicate nei capi d’imputazione ed utilizzate dall’indagato sono riferibili ad operazioni inesistenti, non era possibile individuare alcun riscontro.

In particolare, tale riscontro non avrebbe potuto essere individuato nelle dichiarazioni di B.S., non utilizzabili perché non assunte nelle forme di legge, trattandosi di soggetto, ab inilio indagabile, che era stato invece sentito quale persona informata sui fatti; peraltro, ha sostenuto il tribunale, si trattava di dichiarazioni prive di rilievo poiché non riguardavano la posizione del F. Ugualmente irrilevanti, seppur correttamente acquisite, dovevano ritenersi le dichiarazioni rese da S.D. (rappresentante legale o amministratore di fatto di due società dai cui conti anche bancari passavano, in tesi d’accusa, i fittizi trasferimenti di denaro), poiché lo stesso, avendo tenuto rapporti solo con C.G. (pure indagato), legale rappresentante della " P.C. srl", non aveva in realtà indicato alcun elemento idoneo a ritenere il coinvolgimento nella frode fiscale del F., che lo stesso S. non aveva mai visto né conosciuto.

Quanto alle dichiarazioni di C.M. dipendente - si precisa nell’ordinanza impugnata, della società "A.S.D. V.S.C. strettamente legata al C., il quale le aveva conferito delega ad eseguire le operazioni bancarie relative alla " P.C. (di una rilevante percentuale delle cui quote societarie, superiore a quella detenuta dallo stesso C. era proprietaria), mai iscritta nel registro degli indagati - ha rilevato il tribunale che costei, interrogata quale persona informata sui fatti, aveva reso dichiarazioni ritenute di rilevante interesse investigativo circa il meccanismo utilizzato per porre in essere le frodi fiscali.

Secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato, la C. ha sostenuto che, di regola, superata la soglia dei 10.000,00 euro annui, le società " P.C. s.r.l." e "A.S.D. V.S.C.", restituivano alle società sponsor ed alle società che avevano richiesto servizi pubblicitari una parte dell’imponibile, che variava da 2/3 a 3/4, L'operazione si svolgeva nei seguenti termini: le società sportive emettevano la fattura ed arrivava il pagamento con accredito bancario, C. dava, quindi, disposizione alla C. di prelevare una determinata somma, che la donna ritirava in contanti e consegnava al C. che provvedeva a restituirla alle società. Successivamente interrogata, la C. ha in parte modificato quanto in precedenza dichiarato, confermando il prelievo delle somme di denaro dai conti della "P.C." e la consegna al C., aggiungendo di non sapere dove, quando ed a chi tali somme veni vano consegnate.

Tanto chiarito, il tribunale ha osservato che tali dichiarazioni dovevano ritenersi inutilizzabili, in ragione del fatto che la donna, al momento in cui era stata escussa, non poteva essere qualificata come persona informata sui fatti, bensì quale persona indagabile.

A giudizio del tribunale, la C., dipendente della "A.S.D", socia della " PC ", delegata dal C. ad operare sui conti sociali, dai quali prelevava i contanti poi consegnati a costui per la restituzione alle società sponsorizzatrici, aveva dimostrato, con tale comportamento, concreta adesione al sistema, al quale aveva fornito un sostanziale apporto causale, di guisa che ella avrebbe dovuto essere sentita quale soggetto indagato.

È stata la donna, d’altra parte, ha soggiunto lo stesso tribunale, a chiarire il meccanismo con cui avveniva la frode, ad indicare talune delle società sponsorizzatrici, nonché le percentuali di restituzione delle somme versate, essendosi quindi resa parte attiva nell’operazione, alla quale aveva evidentemente aderito.

Ed allora, ha conclusivamente osservato il tribunale, espunte anche le dichiarazioni della C., gli ulteriori elementi d’indagine, rappresentati dagli accertamenti bancari e dalla documentazione extracontabile rinvenuta nella disponibilità del C. presentavano valenza del tutto neutra e nulla rilevavano circa un meccanismo criminoso, non esplicato né esplicabile nei suoi elementi costitutivi, e dunque non legittimavano l’adozione della misura cautelare reale in esame.

In ogni caso, secondo il giudice del riesame, ove anche si volessero ritenere utilizzabili le predette dichiarazioni, le stesse dovrebbero ritenersi irrilevanti rispetto alla posizione del F., poiché nulla in esse si osservava circa le fatture di pertinenza dell’indagato né dimostravano che costui fosse stato l’utilizzazione finale del meccanismo fraudolento.

Di qui l’annullamento del provvedimento di sequestro.

-5- Avverso detta ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pisa che deduce:

A) Violazione degli artt. 63 e 191 cod. proc. pen.

Sostiene il PM ricorrente che il tribunale ha erroneamente attribuito alla C. la qualifica di soggetto che, già al momento della sua escussione, rivestiva la qualità di indagata. Nulla, invero, giustificava un tale giudizio, che il giudice del riesame avrebbe formulato ex post, richiamando elementi probatori emersi nel corso della successiva attività d’indagine, ovvero dalle dichiarazioni rese dalla stessa C., peraltro ad oggi non indagata. In realtà, si sostiene ancora nel ricorso, gli elementi preesistenti alle dichiarazioni della donna - e cioè il fatto che la stessa fosse alle dipendenze della "A.S.D." e socia della "P.C." ed aveva delega ad operare sui conti sociali - erano del tutto irrilevanti ai fini della attribuzione alla stessa della qualità di indagata. Il tribunale, peraltro, è stato ben consapevole dell’irrilevanza di tali elementi, tanto che si è soffermato essenzialmente sugli elementi fomiti dalla stessa C., cioè sui meccanismi con i quali si svolgeva l’acquisizione delle somme e la restituzione delle stesse agli sponsor. Peraltro, soggiunge il ricorrente, ove anche volesse ipotizzarsi una concorrente responsabilità di costei nel reato commesso dal C. troverebbe applicazione il primo comma dell’art. 63 cod. proc. pen., che prevede l’inutilizzabilità delle dichiarazioni solo nei confronti di colui che le ha rese;

B) Violazione dell’art. 324 co. 5° in relazione all’art. 125 co. 3 cod. proc. pen., laddove il giudice del riesame ha osservato che, ritenuta l’inutilizzabilità di dette dichiarazioni, gli ulteriori elementi d'indagine, costituiti da accertamenti bancari e dalla documentazione rinvenuta nella disponibilità del C i abbiano perso valore ai fini della sussistenza del "fumus".

Si tratta, secondo il ricorrente, di una motivazione apparente, poiché il giudice ha del tutto tralasciato di esaminare gli indizi probatori contenuti nel decreto di sequestro, riportati dal PM nella memoria del 24.3.14, depositata nella camera di consiglio; elementi apoditticamente dichiarati dal tribunale "neutri", dai quali, viceversa, erano emersi indizi significativi in tesi d’accusa.

-6- Con memoria pervenuta presso la cancelleria di questa Corte, il difensore di F.L. contesta la fondatezza del ricorso e ne chiede il rigetto.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso è infondato, non sussistenti essendo i vizi dedotti.

-1 - Quanto al primo dei motivi proposti, osserva la Corte che, riguardo alle dichiarazioni rese da C.M. quale persona informata sui fatti, i giudici del riesame hanno indicato le ragioni della dichiarata loro inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen., in quanto rese da soggetto che avrebbe dovuto essere esaminato quale persona indagata; qualifica che, a giudizio degli stessi giudici, avrebbe dovuto alla stessa attribuirsi ab initio.

In particolare - rilevato che lo stesso tribunale, con il provvedimento di conferma del sequestro poi annullato da questa Corte, aveva individuato le ragioni della utilizzabilità delle predette dichiarazioni nella circostanza che, avendo la donna svolto il ruolo di mera esecutrice materiale delle direttive ricevute da altri, la stessa non poteva ritenersi soggetto indagabile, per cui giustamente ella era stata sentita quale persona informata sui fatti - il giudice del rinvio ha osservato che, in realtà, concreti elementi indiziari avrebbero dovuto indurre gli inquirenti a ritenere, al momento dell’esame ed allo stato delle indagini, la non estraneità della donna all’ipotesi accusatoria.

Detto giudice ha, invero, osservato che una tal conclusione doveva ritenersi giustificata:

-dalla posizione della Q. all’interno della "P.C." (ritenuta, con altre società sportive, coinvolta nella frode), in quanto titolare di una consistente quota societaria, persino superiore a quella del C., -dai suoi rapporti con costui, -dagli incarichi fiduciari che lo stesso le aveva affidato; in particolare, la delega conferitale di eseguire le operazioni bancarie riguardanti la società; comprese, quindi, quelle relative ai versamenti di somme provenienti dalle società coinvolte, in tesi d’accusa, nella frode ipotizzata ed i successivi prelievi in contanti, la cui corretta e discreta esecuzione in sostanza garantiva l’ordinario svolgimento ed il protrarsi dell’attività delittuosa ipotizzata.

Circostanze, queste, che nessuno, neanche il PM ricorrente, sostiene essere emerse solo a seguito delle dichiarazioni contestate e che devono ritenersi accertate fin dalle prime fasi delle lunghe e complesse indagini, anche bancarie e societarie, dalle quali erano evidentemente emersi, sia la posizione della donna rispetto alla " P.C. " e gli interessi di cui la stessa era partecipe in ragione della consistente quota societaria di cui era titolare, sia i rapporti con il C., sia la delega dallo stesso conferitale per operare sui conti della società.

Erano quindi certamente note, ben prima che la C. fosse escussa, le molteplici operazioni bancarie che, tramite la stessa, avevano interessato la "P.C."; comprese, naturalmente, quelle relative ai versamenti di somme provenienti dalle società sponsorizzatrici coinvolte, in tesi d’accusa, nella frode ipotizzala ed ai successivi pielievi in contanti; operazioni la cui corretta e discreta esecuzione in sostanza garantiva l’ordinario svolgimento ed il protrarsi dell’attività delittuosa ipotizzata.

Circostanze, cioè, ha legittimamente ritenuto il giudice del rinvio, che avrebbero dovuto, sin dalle prime verifiche bancarie e societarie e indipendentemente dal successivo approfondimento delle indagini e dall’esito delle stesse, indurre gli inquirenti ad individuare nella dichiarante una possibile compartecipe della frode ipotizzata e ad attribuirle, in conseguenza, la posizione, allo stato delle indagini, di persona certamente indagabile.

Non pare, dunque, giustificata l’obiezione del ricorrente, secondo cui il tribunale, per esprimere il giudizio di inutilizzabilità delle dichiarazioni della C. avrebbe richiamato i dati emersi dal suo stesso interrogatorio, in tal guisa ammettendo che prima di tali dichiarazioni nulla indicava la stessa quale possibile correa nella frode. La verità è, come già osservato, ben diversa; il tribunale ha considerato quanto emerso fin dalle prime fasi dell’indagine - cioè, come detto, la posizione societaria della C., i suoi rapporti con il C., la delega bancaria, le ripetute operazioni di versamento di somme provenienti dagli sponsor cd i successivi prelievi in contanti, peraltro per consistenti importi - per dedurne, legittimamente e motivatamente, che si trattava di elementi indiziari concreti e significativi, emersi prima che la donna fosse chiamata a rendere le dichiarazioni in questione, e che, con giudizio ex ante, alla luce delle informazioni acquisite fino a quel momento ed a prescindere dalla formale iscrizione nel registro degli indagati e dall’esito finale delle indagini, ben autorizzavano la individuazione della stessa quale soggetto partecipe della frode ipotizzata, donde la necessità di esaminarla nella veste di indagata.

Né sembrano tali valutazioni poste fondatamente in dubbio dal ricorrente, laddove lo stesso si chiede se, solo sulla base della posizione societaria e della delega bancaria un soggetto debba essere iscritto nel registro degli indagati. In realtà, il punto è di stabilire se tali circostanze, aggiunte alle molteplici operazioni bancarie, eseguite dalla C. di deposito delle somme versate dalle società sponsorizzatrici, seguite dai prelievi in contanti di una quota parte di dette somme e dalla consegna delle stesse al C. (che ne curava la restituzione agli sponsor), giustificassero o meno, nel corso delle indagini, che lo stesso ricorrente sostiene essere ancora in corso, la individuazione della C. quale persona indagabile.

A tale risposta, il tribunale ha legittimamente fornito una risposta affermativa.

Mentre il ricorrente, a giustificazione dell’opposta tesi, si confronta con il tema della responsabilità della C.; tema che va oltre la questione oggetto di esame, che non attiene alla responsabilità del soggetto, bensì alla sua ben diversa qualità di persona indagabile al momento dell’esame.

È poi vero che i giudici del rinvio hanno fatto riferimento anche alle circostanze emerse dalle rivelazioni della dichiarante ed all’indicazione delle società coinvolte nelle indagini come "nostre", e tuttavia tali considerazioni sembrano svolte in aggiunta, pur superflua e forse inopportuna, ed a conferma ilei rilievo indiziario di quegli elementi, sopra descritti, che già prima dell’esame testimoniale in discussione erano emersi.

Giustificato, dunque, coerentemente argomentato e del tutto in linea con la normativa di riferimento, si presenta il giudizio, espresso dal tribunale, di inutilizzabilità delle dichiarazioni di C.M.

Tale inutilizzabilità, d’altra parte, vale erga omnes, e non può ritenersi, come vorrebbe il ricorrente, relativa alla sola posizione della dichiarante previa verifica, ovviamente, della sussistenza di tale qualità, da condursi sulla base della situazione esistente al momento dell’assunzione delle dichiarazioni di cui trattasi (Cass. nn. 7181/98, 23776/09 rv 244360, 23211/14).

Verifica nel caso di specie puntualmente eseguita dai giudici del riesame.

Gli stessi giudici, d’altra parte, hanno anche osservato come, ove anche si volessero ritenere utilizzabili le predette dichiarazioni, le stesse dovrebbero ritenersi irrilevanti rispetto alla posizione del F., poiché nulla in esse si osservava circa le fatture di pertinenza dell’indagato né si adduceva in ordine al fatto che costui fosse stato l’utilizzazione finale del meccanismo fraudolento. Osservazione alla quale nulla ha opposto il ricorrente.

-2- Ugualmente infondato è il secondo motivo di ricorso.

Legittimamente, invero, il tribunale, preso atto della inutilizzabilità delle dichiarazioni della C., che aveva disvelato il meccanismo della frode, di quelle della B. pure ritenute non utilizzabili e di quelle dello S., giudicate irrilevanti, con decisione, quanto a queste ultime acquisizioni testimoniali, non opposta dal PM, ha concluso che ai restanti elementi offerti dall’accusa, rappresentati dagli accertamenti bancari e dalla documentazione rinvenuta nella disponibilità del C. non poteva attribuirsi, in assenza del riscontro dichiarativo, rilevanza alcuna.

Un tale giudizio, seppur espresso, con riguardo alla posizione del F., in termini, in verità, sintetici, non sembra essere adeguatamente contrastato dalle considerazioni svolte dal PM ricorrente.

A tale proposito, infatti, lo stesso ricorrente, dopo avere qualificato come meramente "apparente" la motivazione resa sul punto dai giudici del riesame, rievoca l’origine dell’indagine, indica il C. quale "evasore totale" dal 2007 e richiama documentazione contabile ed extracontabile, quest’ultima rinvenuta in possesso del C., che aveva registrato in un appunto i nomi di alcune società con accanto la indicazione di somme distinte tra "dare" ed "avere" ed altre annotazioni che lo stesso ricorrente ha ritenuto rispecchiassero i movimenti bancari della società in termini di depositi e di prelievi in contanti.

Elementi documentali che tuttavia, di per sé soli, nulla rivelano di significativo in termini d’accusa nei confronti del F.

Negli appunti del C., in realtà, riportati in copia nel ricorso, non solo non è dato di cogliere il meccanismo attraverso il quale si svolgeva la condotta delittuosa ipotizzata, ma neanche si fa riferimento alcuno all’indagato, né alle società di cui lo stesso è legale rappresentante ("F. s.r.l." e "F.lli F.L. & C. snc"), mentre dalla documentazione bancaria e dalle altre acquisizioni documentali emergono una serie di operazioni e di fatturazioni che riguardano la " P.C. " ed i suoi rapporti con diverse società, specificamente indicate nel ricorso, con indicazione delle relative operazioni, tra le quali, tuttavia, non sono ricomprese le ditte F. che fanno capo all’indagato.

Con riferimento alla posizione di costui, invero, il ricorrente si limita a richiamare talune pagine dell’informativa, nelle quali sarebbe indicata una serie di operazioni di pagamento per sponsorizzazioni effettuate dalle predette società in favore della "ASD V.", con successive restituzioni di parte delle somme ricevute. Richiamo la cui pertinenza e rilevanza ai fini che qui interessano, nei generici termini in cui è stato proposto, questa Corte non è in grado di apprezzare. Senza considerare, poi, che, secondo quanto sostenuto nel provvedimento impugnato, e non contestato dal ricorrente, i prelievi effettuati dalla C dai conti bancari sui quali la stessa operava e dove erano state accreditate le somme provenienti dalle società sponsorizzatrici, riguardavano fatture non riferibili al F In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.