Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 marzo 2015, n. 5641

Tributi - Contenzioso tributario - Procedimento - Annullamento in autotutela dell'atto impugnato - Cessazione della materia del contendere - Estinzione del giudizio - Effetti - Idoneità al giudicato sostanziale - Limiti

 

Ritenuto in fatto

 

1. In data 1.12.2001, veniva notificato al maestro B.C., direttore d'orchestra, un avviso dì rettifica parziale, con il quale l'Ufficio recuperava a tassazione l'IVA non versata per l'anno di imposta 1996, non riconoscendo efficacia al pagamento effettuato mediante autofattura dai teatri e dagli enti lirici committenti le prestazioni di servizi artistici effettuate dal C., mediante la procedura del cd. reverse charge, disciplinata dall'art. 17, co. 3, del d.P.R. n. 633 del 1972.

2. L'atto impositivo veniva impugnato dal contribuente dinanzi alla CTP di Firenze, che respingeva il ricorso.

3. L'appello proposto dal C. veniva, del pari, rigettato dalla CTR della Toscana con sentenza n. 50/26/2008, depositata il 2.7.2008, con la quale il giudice di seconde cure riteneva non applicabile, nella fattispecie concreta, la disciplina di cui al co. 3 dell'art. 17 succitato, essendo emerso che il contribuente, nell'anno 1996, non era residente all’estero, bensì in Italia.

4. Per la cassazione della sentenza n. 50/26/2008 ha proposto, quindi, ricorso il C. affidato a sei motivi, illustrati anche con memoria ex art. 378 c.p.c. L'Agenzia delle Entrate ha replicato con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Va rilevata, in via pregiudiziale, l'infondatezza dell'eccezione di giudicato esterno proposta dal C. nella memoria ex art. 378 c.p.c. Deduce il ricorrente che la sentenza n. 35/11/2008 (passata in cosa giudicata), resa dalla CTP di Firenze In una vicenda identica a quella oggetto del presente giudizio, avrebbe dichiarato l'estinzione del processo, concernente l'annualità di imposta 2002, per cessazione della materia del contendere.

1.1. A tale pronuncia, il giudice sarebbe, invero, pervenuto a seguito dello sgravio disposto dall' Amministrazione finanziaria in conseguenza dell'avvenuto pagamento dell'IVA in contestazione da parte del Teatro Regio di Torino, committente delle prestazioni artistiche del C., in forza della procedura del reverse charge, di cui all'art. 17, co. 3, del d.P.R. n. 633 del 1972.

1.2. Ne conseguirebbe, ad avviso del ricorrente, che - essendosi anche nella fattispecie oggetto del presente giudizio verificata la medesima situazione, ossia di avvenuto pagamento dell'IVA dovuta mediante emissione di autofattura da parte degli enti e teatri lirici committenti - il giudicato formatosi sulla predetta sentenza avrebbe un'efficacia espansiva nel presente giudizio, ancorché avente ad oggetto una diversa annualità di imposta.

1.3. L'eccezione è infondata.

1.3.1. Va osservato, al riguardo, che in materia tributaria la pronuncia di estinzione del giudizio per cessata materia del contendere per effetto di una determinazione unilaterale dell'Ufficio, che abbia disposto - in via di autotutela - lo sgravio del debito fiscale azionato nel processo, comporta, da un lato, la caducazione di tutte le pronunce eventualmente emanate nei precedenti gradi di giudizio e non passate in giudicato, e, dall'altro, la sua assoluta inidoneità ad acquistare efficacia di giudicato sostanziale, diversa da quella limitata all’accertamento del venir meno dell'interesse alla prosecuzione del giudizio (cfr. Cass. 21529/2007; 16456/2008).

1.3.2. Ne deriva che tale pronuncia - avente un carattere meramente processuale - è inidonea a proiettarsi al di fuori del processo nel quale viene emessa, ed a produrre, quindi, un'efficacia espansiva in giudizi diversi.

1.4. Per tali ragioni, dunque, l'eccezione in esame non può che essere rigettata.

2. Premesso quanto precede, va rilevato che con il primo, secondo e quinto motivo di ricorso - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - il C. denuncia la violazione e falsa applicazione dell'art. 17 del d.P.R. n 633 del 1972 e del principio di non contestazione, in relazione all'art. 360, co, 1, nn. 3 e 4 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.

2.1. Avrebbe, invero, errato la CTR nel ritenere - peraltro con motivazione del tutto incongrua - fondata la pretesa impositiva, sebbene costituisse un dato pacifico in causa, poiché non contestato dall'Ufficio, l'avvenuto pagamento dell'IVA per l'anno in contestazione con autofattura emessa dai committenti, in applicazione del meccanismo del reverse charge, previsto dall'art. 17 co. 3 del d.P.R. n. 633 de 1972.

2.2. La pronuncia del giudice di appello - confermativa della legittimità del recupero a tassazione, già affermata dalla CTP - si porrebbe, peraltro, anche in evidente contrasto con il divieto di doppia imposizione, fondato sul disposto dell’art. 53 Cost., nonché con la norma di cui all'art. 17, co. 3, del decreto succitato, giacché al momento del compimento delle operazioni imponibili il contribuente appariva come un soggetto non residente, al quale tale disposto normativo era, pertanto, applicabile, laddove solo successivamente veniva accertato che il medesimo era fiscalmente residente in Italia. Siffatta erronea determinazione nella scelta delle modalità di versamento dell'IVA dovuta sulle prestazioni artistiche effettuate dal C. non potrebbe, peraltro, elidere l'efficacia del pagamento eseguito mediante autofatturazione da parte dei teatri ed enti lirici committenti, derivandone, in caso contrario, la sottoposizione delle medesime prestazioni ad una duplice, vietata, imposizione.

2.3. Le censure sono infondate.

2.3.1. Costituisce, invero, un dato del tutto pacifico in causa - essendo ammesso dallo stesso ricorrente (v. ricorso, p. 9) - il fatto che il maestro C. fosse residente in Italia nell'anno 1996, al quale si riferisce l'avviso di rettifica parziale in contestazione.

2.3.2. Orbene, ai sensi dell'art. 9, co. 1 della sesta Direttiva n. 388/1977/CE, "si considera luogo di una prestazione di servizi il luogo in cui il prestatore ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale centro di attività stabile, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale". Ed inoltre, ai sensi dell'art. 21, co. 1 della stessa Direttiva, "l'imposta sul valore aggiunto è dovuta: 1. in regime interno: a) dai soggetti passivi che eseguono un'operazione imponibile per il diritto comunitario, dunque, in via di principio, l'IVA dovuta per le prestazioni di servizi deve essere corrisposta nel proprio Stato di appartenenza da colui che le abbia effettuate, dal momento che le stesse prestazioni - per essere state rese da un soggetto ivi residente - debbono considerarsi prestate all'interno dello Stato di appartenenza del prestatore.

Nell'ipotesi in questione, dunque, - ovverosia di prestazione del servizio da parte di un residente nello Stato impositore - non trova applicazione il diverso, residuale, criterio - previsto dall'art. 9, co. 2, lett. c) - secondo cui le prestazioni di "servizi aventi per oggetto attività (....) artistiche" devono considerarsi effettuate nel luogo in cui sono state "materialmente eseguite", anche se il prestatore risiede all'estero. Ipotesi, quest'ultima, nella quale l'IVA - stante l'impossibilità a provvedere al pagamento da parte del prestatore del servizio residente al di fuori dello Stato impositore - è dovuta da "un rappresentante fiscale" o dallo stesso "destinatario dell'operazione imponibile", ai sensi dell'art. 21, co. 1, lett. a) della sesta Direttiva.

2.3.3 Principi sostanzialmente identici sono, peraltro, affermati anche dal legislatore italiano. Ed invero, ai sensi dell'art. 7, co. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972, le prestazioni di servizi "si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso o da soggetti ivi residenti che non abbiano stabilito il domicilio all'estero". In questa ipotesi, che corrisponde all'ordinario criterio di imposizione fondato sul principio di territorialità, l'IVA è dovuta - a norma dell'art. 17, co. 1, del decreto cit. - esclusivamente dal prestatore del servizio, che ne costituisce l'unico soggetto passivo e che è tenuto a versarla all'Erario, fatto salvo il diritto alla detrazione ai sensi del successivo art. 19.

Ne consegue che, nell'ipotesi - ricorrente nel caso concreto - di prestazioni di servizi effettuate da un soggetto residente in Italia, non può considerarsi applicabile il diverso criterio di imposizione derivante dal combinato disposto dell'art. 7, co. 4 del d.P.R. 633 del 1972 - secondo cui le prestazioni di servizi artistici si considerano effettuate nel territorio dello Stato, quando sono eseguite nel territorio stesso, anche se il prestatore risiede all'estero, e 17, co. 3, dello stesso decreto, a tenore del quale gli obblighi IVA "relativi alle (...) prestazioni di servizi effettuati nel territorio dello Stato da soggetti non residenti e che non abbiano nominato un rappresentante fiscale, "sono adempiuti dai cessionari o committenti residenti nel territorio dello Stato, che (...) utilizzano i servizi nell'esercizio di imprese, arti o professioni". E' di chiara evidenza, infatti che l'applicabilità del criterio prioritario fondato sul principio di territorialità, quando il prestatore del servizio artistico è domiciliato o residente in Italia, esclude in radice che possa applicarsi a tale fattispecie il criterio residuale del cd. reverse charge, previsto dal combinato disposto delle norme succitate.

2.3.4. Ne discende - con riferimento al caso di specie - che a nulla rileva il richiamo al principio di non contestazione operato dal ricorrente, posto che la circostanza, pacifica nel processo, che l'IVA afferente alle prestazioni dei servizi artistici in questione è stata assolta dai committenti, non vale ad elidere la responsabilità per il pagamento dell’imposta a carico del prestatore, unico soggetto tenuto al pagamento, ai sensi dell'art. 17, co. 1, del d.P.R. n. 633 del 1972.

2.3.5. Né può giovare al ricorrente l'invocato principio del divieto di doppia imposizione. Tale fattispecie si verifica, invero, solo quando una medesima imposta gravi sullo stesso soggetto e non quando l’ente impositore la richieda a persone diverse. In quest'ultimo caso, individuato anche in sede giurisdizionale il soggetto effettivamente debitore, l'estraneo maturerà, difatti, il diritto a richiedere il rimborso di quanto eventualmente versato (Cass. 16819/2008), fatto salvo il diritto alla detrazione del soggetto tenuto al pagamento dell'IVA, in conformità al principio di neutralità di tale imposta

2.4. Per tutte le ragioni che precedono, dunque, le censure in esame vanno disattese, restandone assorbito il quarto motivo di ricorso, con il quale il C. si duole dell'omessa pronuncia, da parte della CTR, sulla censura concernente l'illegittimità delle sanzioni irrogate dall'Amministrazione, attesa la natura meramente formale delle violazioni contestategli. Anche a prescindere dalla tardività della deduzione concernente l'illegittimità delle sanzioni, perché effettuata, non nel ricorso introduttivo, ma - come affermato dallo stesso ricorrente - nella successiva memoria illustrativa, tale doglianza è da ritenersi, infatti, assorbita dalla rilevata illegittimità del pagamento effettuato dai committenti i servizi artistici, con conseguente legittimità anche delle sanzioni irrogate dall’Amministrazione finanziaria.

3. Con il terzo e sesto motivo di ricorso - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminati congiuntamente - il C. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 10 della I. n. 212 del 2000 e 97 Cost., in relazione all'art. 360, co. 1, n. 3 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia, in relazione all'art. 360, co. 1, n. 5 c.p.c.

3.1. La CTR - a parere del ricorrente - sarebbe incorsa nella violazione dei principi di buona fede e di collaborazione, nonché di quello di buona amministrazione, sanciti dalle disposizioni succitate, non avendo tenuto conto del fatto che per l'annualità di imposta 1997, successiva a quella oggetto della presente controversia, l'Ufficio - nella definizione con adesione perfezionata con il contribuente - avrebbe escluso la residenza all'estero del C. e ritenuto legittimo il pagamento effettuato dai committenti con il menzionato sistema del reverse charge. Sicché il diverso modus operandi seguito dall'Amministrazione finanziaria integrerebbe, ad avviso del contribuente, una palese violazione dei principi, anche di rango costituzionale, summenzionati.

3.2. I motivi sono infondati.

3.2.1. È di tutta evidenza, infatti, che il contribuente non può invocare, a suo favore, il principio di buona fede e di collaborazione in relazione a determinazioni dell'Amministrazione concernenti anni successivi a quelli in discussione nel presente giudizio, e relative ad avvisi di accertamento successivi, trattandosi di atti certamente insuscettibili di ingenerare un legittimo affidamento in capo al contribuente. Tale affidamento può fondarsi, invero - com'è del tutto ovvio - solo su prassi e condotte pregresse, e che il medesimo si aspettava fossero mantenute e reiterate nel tempo.

3.2.2. D'altro canto, va tenuto conto, altresì, del fatto che l’applicazione dei principi di cui all'art. 10, co. 1, della I. n. 212 del 2000 presuppone che vi sia, in concreto, la buona fede del contribuente, rilevabile dalla sua condotta, in quanto connotata dall’assenza di qualsiasi violazione del dovere di correttezza gravante sul medesimo (Cass. 17576/2002; 23309/2011). Siffatta evenienza non può, per contro, ritenersi sussistente nel caso concreto, avendo il C. posto in essere un meccanismo di pagamento non consentito né dal diritto comunitario, né dalla legge nazionale. A fronte di tale palese violazione il ricorrente si è limitato, poi, ad allegare una, non meglio precisata, situazione di "apparenza" circa la sua residenza nel Principato di Monaco ("emergeva quale soggetto non residente", v. ricorso, p. 10), che avrebbe - a suo dire - legittimato il ricorso alla procedura del reverse charge, la cui applicazione deve fondarsi, ben al contrario, sul dato certo ed incontestabile della residenza all'estero del prestatore del servizio assoggettabile ad IVA.

3.3. Le censure suesposte non possono, di conseguenza, essere accolte.

4. Per tutte le ragioni che precedono, pertanto, il ricorso del C. non può che essere integralmente rigettato, con conseguente condanna del ricorrente alle spese del presente giudizio, nella misura di cui in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in € 5.000,00, oltre alle spese prenotate a debito.