Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 27 marzo 2015, n. 6200

Tributi - IRPEF - Redditi di impresa - Determinazione del reddito - Detrazioni - Bene strumentale all'esercizio dell'impresa - Spese di ristrutturazione - Detraibilità - Irrilevanza del titolo di detenzione

 

Ritenuto in fatto

 

1. In riferimento all'anno d'imposta 2007 la soc. V. di V. E. & Co. chiedeva il rimborso del credito IVA di 210 mila euro adducendo l'acquisto di beni ammortizzabili.

Il fisco negava il rimborso sia perché il credito d'imposta derivava da spese per la ristrutturazione di un immobile alberghiero condotto in locazione ritenute non suscettibile di ammortamento, mancando il requisito della proprietà dell'immobile, sia perché la società, all'epoca inattiva, non aveva mai attivato la preventiva procedura dell'interpello disapplicativo.

Il diniego, impugnato dalla società, era annullato in prime cure con decisione confermata in appello dalla sezione messinese della Commissione tributaria regionale della Sicilia, giusta sentenza del 14 marzo 2011.

2. Il giudice di secondo grado motivava la pronunzia ritenendo, sul primo punto controverso, che il decreto IVA (D.P.R. n. 633 del 1972), agli articoli 30 e 38-bis, non poneva alcuna distinzione tra spese inerenti a immobili appartenenti alla parte contribuente e spese inerenti ad immobile rilevato in locazione dalla parte contribuente; aggiungeva che l'elemento discriminante non era la proprietà dell’immobile bensì l'inerenza delle spese di ristrutturazione come costo d'impresa diretto a produrre in futuro maggiori ricavi e maggiori redditi.

Sulla seconda questione controversa, rilevava che, avendo il fisco riscontrato in loco che il fabbricato adibito ad albergo era in fase di completa ristrutturazione, aveva quindi appurato la ragione per la quale negli ultimi tempi la società non aveva posto in essere operazioni attive, così rientrando nel perimetro delle fattispecie disapplicative della normativa antielusiva disegnato dalla Circolare n. 5 del 2007.

3. L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione per vizi motivazionali e violazioni di norme di diritto. La società resiste con controricorso, ricorso incidentale (sulla compensazione delle spese) e memoria.

 

Considerato in diritto

 

4. L'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione per vizi motivazionali (motivo 1) e per violazioni dell'articolo 30, comma 3 - lett. c), del decreto IVA (motivo 2) e dell'articolo 30, comma 1 e comma 4- bis, della legge 724 del 1994 (motivo 3).

Con i primi due motivi la ricorrente principale censura sul piano della motivazione e della tesi giuridica la sentenza d'appello nella parte in cui trascura che ai fini (della detrazione d'imposta e quindi) del rimborso è necessario che la spesa sostenuta riguardi beni strumentali i quali, utilizzati nel ciclo produttivo direttamente dall'imprenditore, siano da questo posseduti a titolo di proprietà o di altro diritto reale e, in quanto tali, fiscalmente ammortizzabili. Per cui deve trattarsi di immobilizzazioni materiali (art. 102 TUIR) o immateriali (art. 103 TUIR), ammortizzabili ai fini delle imposte dirette, mentre le spese incrementative su beni di terzi rientrano nella diversa categoria degli oneri pluriennali quali semplici spese relative a più esercizi (art. 108, comma 3, TUIR).

Con l'ultimo motivo, la ricorrente ribadisce il proprio assunto secondo cui l'attivazione preventiva dell'interpello disapplicativo, disciplinato dal comma 8 dell'articolo 37-bis DPR n. 600 del 1973, fosse condizione indispensabile per essere esonerata dall'osservanza delle disposizioni relative alle società non operative, non bastando il semplice dato dell'impossibilità obiettiva di conseguire ricavi durante la ristrutturazione e la conseguente inagibilità dell'immobile alberghiero.

5. Riguardo ai primi due motivi, si osserva che, in virtù dell’articolo 30 del decreto IVA, «il contribuente può chiedere in tutto o in parte il rimborso dell'eccedenza detraibile, se di importo superiore a lire cinque milioni, all'atto della presentazione della dichiarazione ... limitatamente all'imposta relativa all'acquisto o all’importazione di beni ammortizzabili...».

La Direttiva CE del Consiglio n. 112 del 2006, relativa al sistema comune d'imposta sul valore aggiunto, stabilisce all'articolo 183: «Qualora, per un periodo d'imposta, l'importo delle detrazioni superi quello dell'IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l'eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite».

Indi, prevede all'articolo 187 che, «per quanto riguarda i beni d’investimento, la rettifica deve essere ripartita su cinque anni» e che, «per quanto riguarda i beni d’investimento immobiliari, la durata del periodo che funge da base per il calcolo delle rettifiche può essere prolungata sino a vent'anni».

Inoltre chiarisce all'articolo 189 che «gli Stati membri possono adottare le misure [per] definire il concetto di beni d'investimento» e all'articolo 190 che «gli Stati membri possono considerare beni d'investimento i servizi che hanno caratteristiche analoghe a quelle normalmente attribuite ai beni d'investimento».

Infine, la Corte di giustizia rammenta che i principi di neutralità e proporzionalità impongono agli Stati membri di far ricorso a mezzi che portino il minor pregiudizio possibile agli obiettivi e ai principi stabiliti dal diritto dell'UE (sentenze C-112/78 del 20/02/1979, Buitoni; C-265/87 dell'11/07/1989, Schrader, C-133/93 del 05/10/1994, Crispoltoni).

6. Il fisco si rifà alla distinzione tra ammortamento dei beni materiali e immateriali (articoli 102 e 103 TUIR), da un lato, e deduzione delle «spese relative a più esercizi» (articolo 108, comma 3, TUIR), ricavando la conclusione che solo quelle ammortizzabili ai sensi del TUIR consentono il rimborso dell'IVA assolta per l'acquisto dei relativi beni materiali e immateriali, diversamente dai costi con utilità pluriennale che, sempre secondo il TUIR, sono deducibili ma non ammortizzabili.

Si tratta di spese che, nel bilancio civilistico (articolo 2424 cod. civ.), sono classificate tra le «altre immobilizzazioni» di cui al punto B.1.7. In particolare, l'OIC 24 sulle immobilizzazioni immateriali classifica tra le «altre immobilizzazioni immateriali» (§73) tra l'altro «l'ammortamento dei costi per migliorie dei beni di terzi» (§95), precisando che esso «si effettua nel periodo minore tra quello di utilità futura delle spese sostenute e quello residuo della locazione». Ciò pare coerente con l'articolo 9 della IV Direttiva sui conti annuali delle società (n. 660 del 1978) che al §B consente alle legislazioni nazionali di prevedere le spese di ampliamento sotto le «immobilizzazioni immateriali».

Dunque, le migliorie dei beni di terzi non sono suscettibili di ammortamento fiscale secondo il TUIR, mentre sono assoggettate ad ammortamento di bilancio secondo il codice civile e la Direttiva sui conti annuali.

7. Sul plano dell'IVA si è detto in dottrina che la detassazione degli scambi situati nel ciclo produttivo e distributivo è attuata attraverso la detrazione e determina il rimborso dell'eventuale eccedenza detraibile.

La stessa Corte di giustizia non ha mancato di ricordare che l'obbligo del fisco nazionale di rimborsare l'eccedenza dell'IVA si riconnette al diritto del contribuente all'immediato diritto a detrazione (sentenza C-286/94 del 18/12/1997, Moienheide Bvba), secondo un sistema diretto ad esonerare interamente l'imprenditore dall'IVA dovuta o pagata nell'ambito delle sue attività economiche (sentenza C-110/98 del 21/03/2000, Gabalfrisa SL).

La Corte di Lussemburgo ha ripetutamente ribadito che, ai fini di stabilire se sia detraibile, o meno un'attività di acquisto o di ristrutturazione di un bene da adibire all'esercizio dell’impresa, deve aversi riguardo all'intenzione del soggetto passivo di imposta, confermata da elementi obiettivi, di utilizzare un bene o un servizio per fini aziendali; il che consente di determinare se, nel momento in cui procede all'operazione a monte, detto soggetto passivo agisca come tale, e debba dunque poter beneficiare del diritto a detrazione dell'IVA dovuta o assolta per i detti beni e servizi (sentenze C-97/90 dell’11/07/1991, Lennartz, e C-400/98 del 08/06/00, Breitshol; conf. C-334/10 del 19/07/2012).

Ne consegue, per la Corte di giustizia, che il sistema comune garantisce, di regola, «la perfetta neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano di per sé soggette all'IVA» (sentenza C-50/87 del 21/09/1988, Commissione c. Repubblica francese; conf. C - 268/83 del 14/02/1985, Rompelman).

In tale prospettiva, si è detto nella dottrina italiana, «le modalità stabilite dai Paesi membri in funzione del rimborso, ovvero del riporto, dell’eccedenza..., non possono violare il principio fondamentale della neutralità, mediante restrizioni poste all’immediatezza ed all'integralità della deduzione, in modo da far gravare sul soggetto passivo una parte degli oneri (anche di natura finanziaria) dell'IVA, mentre gli stessi dovrebbero gravare esclusivamente sul patrimonio del consumatore finale, al termine dalla catena produttiva e distributiva dei beni e dei servizi» (analogamente nella dottrina francese, in considerazione dell'articolo 2 della prima direttiva dell'11 aprile 1967, «tel que défini dans la première directive, le système communautaire de TVA repose sur le mécanisme central de la déduction, c'est lui qui confère à cette taxe les avantages de la neutralità»).

8. Sul piano del diritto interno, questa Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare che l'affittuario di fondi rustici ha il diritto di portare in detrazione l'imposta assolta sulle spese di ristrutturazione dei fabbricati rurali costituenti beni destinati all'esercizio dell'attività agrituristica, non rilevando che egli non ne sia proprietario, né potendo il proprietario del fondo essere considerato come destinatario o consumatore finale dei lavori di ristrutturazione (Sez. 5, Sentenza n. 10079 del 30/04/2009), trattandosi di spese incrementative del valore dei beni che si trovano nella sua disponibilità e che vengono eseguite al fine di migliorare la redditività della sua impresa (conf. Sez. 5, Sentenza n. 3544 del 16/02/2010).

Ad analoghe conclusioni, questa Corte è recentemente giunta anche in tema di ristrutturazione d'immobile aziendale ottenuto in comodato, ritenendo esservi un interesse idoneo a giustificare il tutto sul piano economico-giuridico, prima ancora che fiscale, atteso che, in siffatta ipotesi, il comodatario ottiene il diritto di disporre dell'immobile al fine di utilizzarlo e adeguarlo per la propria attività economica per la durata del contratto (Sez. 5, Sentenza n. 1959 del 29/01/2014).

Ciò che rileva, in definitiva, è la strumentali dell'immobile, sul quale vengono eseguiti i lavori di ristrutturazione o miglioramento, all'attività dell'impresa, a prescindere dalla proprietà del bene da parte del soggetto che esegue i lavori, restando, quindi, irrilevante, di per sé, la disciplina civilistica in tema di locazione e gli stessi accordi contrattuali intercorsi tra le parti, ferma restando ovviamente la configurabilità di fattispecie fraudolente in ipotesi di fittizietà dei costi medesimi (Sez. 5, Sentenza n. 13327 del 17/06/2011; v. n. 8389 del 05/04/2013).

9. Pertanto, dovendo la Corte nazionale di ultima istanza attenersi all'articolo 249 del Trattato di Amsterdam e quindi interpretare, per quanto possibile, il diritto interno alla luce della lettera e dello scopo della Direttiva del Consiglio n. 112 del 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, non v'è ragione per escludere (la detrazione e di conseguenza) il rimborso dell'IVA assolta sul costo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato condotto in locazione e dalla parte contribuente e costituente bene destinato all’esercizio dell'attività alberghiera della stessa parte contribuente. Si tratta, infatti, di eccedenza per un verso conforme ai dettami generali della predetta Direttiva del 2006 (articoli 163, 183, 187, 189, 190), per un altro formatasi in relazione a costi per migliorie di beni di terzi eseguite al fine di migliorare la redditività dell'impresa e ammortizzabili nel bilancio civilistico quali «altre immobilizzazioni immateriali» (articolo 2424 cod. civ., § B.I.7; OIC 24, § 23, 73, 95) alla stregua della normativa comunitaria sui conti annuali delle società (IV Direttiva, articolo 9).

10. Passando all'esame dell'ultimo motivo la stessa amministrazione, nella Circolare n. 32 del 2010 invocata in controricorso, riesamina favorevolmente la posizione dei soggetti che, pur essendo obbligati alla presentazione dell'istanza di interpello in ragione di particolari situazioni per le quali si rende necessario un monitoraggio preventivo da parte dell'Agenzia, non abbiano ottemperato al relativo obbligo, disattendendo la condizione prevista per la disapplicazione di specifiche disposizioni normative.

In proposito rilevato che, nel rispetto dei principi costituzionali e comunitari, deve considerarsi superata l'indicazione, contenuta nella citata Circolare n. 7 del 2009, che con riferimento specifico alle istanze d'interpello disapplicativo della disciplina delle società non operative, aveva stabilito che «in assenza di presentazione dell'istanza, il ricorso [al giudice tributario] è inammissibile considerato che la disapplicazione non è ammessa in assenza della relativa istanza, che non può essere proposta per la prima volta in sede contenziosa».

Infatti, anche quando l'interpello sia stato proposto, la risposta della P.A. ha la natura di parere, al quale il contribuente può non adeguarsi, il che non è in alcun modo lesivo della posizione del contribuente il quale può riservarsi d'impugnare a tempo debito, gli eventuali atti nei quali si dovesse farsi applicazione delle disposizioni antielusive il cui esonero sia stato negato (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17010 del 05/10/2012; vedi Cons. Stato, decisione n. 414 del 26/01/2009). Il che comporta che la sede giudiziale sia quella propria nella quale il contribuente possa allegare e provare sempre la presenza di quelle oggettive situazioni che non hanno consentito di effettuare operazioni rilevanti al fini dell'IVA e che consentono la disapplicazione delle relative disposizioni antielusive.

11. La conclusione è coerente anche coi principi sanciti dalla Corte di giustizia secondo cui il diritto a detrazione rimane acquisito qualora, a causa di circostanze estranee alla sua volontà, il soggetto passivo non abbia mai fatto uso dei suddetti beni e servizi per realizzare operazioni imponibili (sentenza C-37/95 del 15/01/1998), atteso che osta ai principi in materia di armonizzazione delle imposte sulla cifra d’ affari la perdita del diritto alla detrazione o il differimento dell'esercizio di tale diritto fino all'inizio effettivo dello svolgimento abituale delle operazioni imponibili (sentenza C-110/98 del 21/03/2000); infatti, anche le attività preparatorie devono già essere considerate attività economiche (sentenza C-268/83 del 14/02/1985), al pari delle prime spese di investimento effettuate con la dichiarata intenzione dell'impresa di avviare un'attività soggetta alI'IVA (sentenza C-110/94 del 29/02/1996).

A maggior ragione ciò vale in presenza delle peculiari situazioni ritenute rilevanti dal §4.5 della Circolare n. 5 del 2007 a favore della parte contribuente, quali le immobilizzazioni in corso di realizzazione non suscettibili, al momento, di produrre un reddito, ancorché minimo, e la temporanea inagibilità dell'immobile. Si tratta appunto delle condizioni addotte dalla contro ricorrente e positivamente riscontrate in loco dai funzionari dell'Agenzia che hanno rilevato come l'albergo fosse in fase di ristrutturazione, tanto che, proposto interpello disapplicativo per il successivo anno d'imposta 2008, esso è stato pacificamente accolto.

12. Con l'unico motivo di ricorso incidentale la società contribuente si duole della compensazione delle spese di secondo grado denunciando la violazione dell'articolo 92 cod. proc. civ.

Il mezzo non è fondato.

Nella sentenza d'appello si legge: «Considerata la peculiarità della materia, si ritiene che esistano giusti motivi per la compensazione delle spese di giudizio».

Invero, per quanto riguarda l'oggetto principale della vertenza, il rimborso dell'IVA assolta dalla società conduttrice sul costo dei lavori di ristrutturazione del fabbricato alberghiero condotto in locazione, gli indicatori giurisprudenziali sono andati formando in epoca prossima e successiva alla proposizione dell'appello. Da qui deriva «la peculiarità della materia» in termini di rilevante novità della relativa questione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 2572 del 22/02/2012).

13. Le spese processuali del presente giudizio di legittimità seguono la maggior soccombenza dell'Agenzia delle entrate e sono liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Condanna l'Agenzia delle entrate alle spese del presente giudizio di legittimità liquidate, a favore dell'Agenzia delle entrate, in € 7000,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per borsuali e agli oneri di legge.