Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 19 marzo 2015, n. 5510

Previdenza - Assicurazione contro la disoccupazione - Contributi e prestazioni - Indennità di disoccupazione - Modalità di calcolo - Disciplina applicabile - Conseguenze in tema di indennità corrisposte ai cd. trasfertisti

 

Svolgimento del processo

 

1. La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza n. 6521 del 2009, decidendo sull’impugnazione proposta da C. A. nei confronti dell’INPS avverso la sentenza del Tribunale Napoli del 10 febbraio 2003, accoglieva l’appello e condannava l’INPS a corrispondere alla controparte la somma di euro 6.992,84, quale differenza tra l’indennità di mobilità spettante sulla base del massimale superiore, e quanto effettivamente percepito, oltre interessi legali dalle date di maturazione dei crediti al soddisfo.

2. Il C., dipendente della società E.T. spa, aveva adito il Tribunale affermando di essere stato licenziato e collocato in mobilità, e di avere percepito nel periodo 22 dicembre 1994 - luglio 1998 il trattamento economico mensile sulla base del cd. massimale inferiore di cui al decreto-legge n. 299 del 1994.

Chiedeva, pertanto, che gli fosse corrisposta detta indennità in base al massimale superiore poiché la sua retribuzione globale andava determinata tenendo conto anche di alcune indennità (diaria o trasferta, premio produzione, EDR, indennità di guida).

3. Per la cassazione della sentenza resa in grado di appello, ricorre l’INPS prospettando un motivo di ricorso.

 

Motivi della decisone

 

1. Con l’unico motivo di ricorso è dedotta violazione e falsa applicazione del combinato disposto dell’articolo 7, comma 1, della legge n. 223 del 1991, art. 1 della legge n. 427 del 1980, come mod. dall’art. 1, comma 5, del decreto-legge n. 299 del 1994, convertito con modificazioni nella legge n. 451 del 1994, nonché art. 2 della legge n. 164 del 1975, il tutto in relazione all’art. 9-ter del decreto-legge 29 marzo 1991, n. 103, convertito con modificazioni nella legge 1° giugno 1991, n. 166, e dell’articolo 6 del d.lgs. 2 settembre 1997, n. 314, che ha sostituito gli artt. 1 e 2 del decreto-legge n. 692 del 1945, recepiti negli artt. 27 e 28 del TU approvato con dPR n. 797 del 1955, e l’art. 29 del T.U. approvato con dPR n. 1124 del 1965, come sostituiti dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969, nonché all’articolo 3, comma 6, dello stesso d.lgs. n. 314 del 1997.

Assume l’INPS che, nella specie, si controverte dell’inclusione o meno dell’indennità di "trasfertista" nella retribuzione parametro, poiché essa risulta decisiva al fine di determinare a quale dei due massimali occorre fare riferimento per calcolare la misura dell’indennità di mobilità.

Erroneamente la Corte d’Appello avrebbe fatto propria la giurisprudenza di legittimità relativa a fattispecie anteriori all’emanazione sia dell’art. 9-ter del d.l. n. 103 del 1991, sia del d.lgs. n. 314 del 1997, che con gli artt. 3 e 6 ha ridisciplinato la materia, stabilendo in particolare (art. 9-ter cit.) «l’articolo 12, secondo capoverso, numero 1), della legge 30 aprile 1969, n. 153, va inteso nel senso che nella diaria o nell’indennità di trasferta sono ricomprese anche le indennità spettanti ai lavoratori tenuti per contratto ad una attività lavorativa in luoghi variabili e sempre diversi da quello della sede aziendale, anche se corrisposte con carattere di continuità».

Alla luce di tale previsione, anche per le indennità corrisposte ai trasfertisti vige la regola della sottoposizione a contribuzione previdenziale per una quota del 50 per cento, così come previsto dall’art. 12, secondo capoverso n. 1, della legge n. 153 del 1969 per l’indennità di trasferta.

Pertanto tale indennità deve rientrare nella retribuzione globale ma solo nella misura del 50 per cento, atteso che nella retribuzione globale, parametro per quantificare l’indennità di mobilità, non possono essere annoverati né importi che non hanno carattere di continuità, né importi che per legge non sono assoggettabili a contribuzione previdenziale.

2. Il motivo è fondato e deve essere accolto.

Come questa Corte ha già avuto modo di affermare (Cass., n. 3081 del 2001) in materia di obblighi contributivi, riguardo alle indennità corrisposte ai "trasferisti", cioè ai lavoratori tenuti per contratto ad un’attività lavorativa in luoghi variabili, diversi da quello della sede aziendale, la regola della sottoposizione delle stesse a contribuzione solo per la quota del 50 per cento, posta dall’art. 9 - ter del d.l. n. 103 del 1991 (introdotto dalla legge di conversione n. 166 del 1991) e avente valore interpretativo e quindi retroattivo (salva la prevista irripetibilità dei contributi già versati) in base all’art. 4 - quater d.l. n. 6 del 1993 (introdotto dalla legge di conversione n. 63 del 1993), è applicabile anche al caso in cui il datore di lavoro rimborsi le spese affrontate dal lavoratore per la prestazione fuori sede.

Infatti, la norma interpretativa ha avuto proprio la funzione di determinare il superamento della tesi secondo cui le indennità ai trasfertisti non potevano usufruire dell’esonero parziale dalla contribuzione prevista per le indennità di trasferta dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969, in quanto aventi - diversamente da queste ultime - la sola funzione di compensare il disagio per il lavoro fuori sede.

Con l’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 314 del 1997, nel testo originario, nel sostituire l’art. 48 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, al comma sesto di tale ultima disposizione si è stabilito, «le indennità e le maggiorazioni di retribuzione spettanti ai lavoratori tenuti per contratto all'espletamento delle attività lavorative in luoghi sempre variabili e diversi, anche se corrisposte con carattere di continuità, le indennità di navigazione e di volo previste dalla legge o dal contratto collettivo, nonché le indennità di cui all'articolo 133 del decreto del Presidente della Repubblica 15 dicembre 1959, n. 1229 concorrono a formare il reddito nella misura del 50 per cento del loro ammontare» (cfr., Cass., n. 4837 del 2013).

La Corte d’Appello di Napoli, nella presente fattispecie che riguarda un arco temporale dal 1994 al 1998, quando già erano in vigore prima le novità di cui all’art. 9-ter del d.l. 29 marzo 1991 n. 103, e poi anche dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 314 del 1997, ritenendo che tutta la indennità in questione concorresse a costituire "retribuzione globale", in ragione del fatto che in relazione a tale indennità non operava la parziale esenzione dall’assoggettamento a contribuzione previdenziale stabilita dall’art. 12 della legge n. 153 del 1969, non ha tenuto conto del complessivo quadro normativo, come evolutosi nel complesso.

Peraltro, questa Corte ha già affermato che in tema di calcolo dell’ indennità giornaliera di disoccupazione, ai sensi del d.l. n. 86 del 1988, art. 7, comma 2, convertito nella legge n. 160 dello stesso anno, la retribuzione di riferimento per la determinazione di detta indennità è quella media soggetta a contribuzione (Cass., n. 1578 del 2007).

3. Il ricorso deve essere accolto. La sentenza impugnata va cassata in relazione alle censure accolte, con rinvio alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, la quale si atterrà ai principi innanzi esposti e provvederà alla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.