Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 13 marzo 2015, n. 5057

Tributi - INVIM e imposta di registro - Accertamento - Avviso di accertamento - Notifica - Nullità - Sanatoria per raggiungimento scopo

 

Svolgimento del processo

 

La controversia concerne l’impugnazione di due avvisi di liquidazione per INVIM e imposta di registro calcolate sui valori determinati dalla sentenza n. 1937 del 2001 della Corte di cassazione pronunciata in ordine all’avviso di accertamento di maggior valore rispetto quanto dichiarato per la compravendita di un immobile tra il Capitolo di S. Pietro in Vaticano e l’Ateneo Romano della Santa Croce. L’ente ecclesiastico eccepiva la nullità della notifica di detti avvisi, eseguita in difformità da quanto previsto dall’art. 1 della Convenzione stipulata il 6 settembre 1932 tra Italia e Stato Città del Vaticano, e in conseguenza dell’annullamento degli avvisi di liquidazione instava per il rimborso dell’INVIM corrisposta il 22 novembre 2001.

La Commissione adita rigettava il ricorso ritenendo, da un lato, avvenuta la sanatoria ex art. 156 cod. proc. civ. della eccepita nullità della notifica degli avvisi di liquidazione, e, dall’altro, il valore preclusivo di ogni impugnazione nel merito della definitività dei valori accertati a seguito della sentenza n. 1937 del 2001 della Corte di cassazione. L’appello dell’ente ecclesiastico era accolto, con la sentenza in epigrafe, che escludeva la possibilità di applicazione della sanatoria di cui all’art. 156 cod. proc. civ. allorché l’unico motivo di impugnazione concerna proprio l’illegittimità della notifica, altrimenti sarebbe negata al contribuente ogni possibilità di far valere in sede giurisdizionale la legittimità dell’operato dell’amministrazione. Richiamava, inoltre, il giudice d’appello la sentenza n. 366 del 2007 con la quale la Corte costituzionale aveva giudicato illegittimo l’art. 60, d.P.R. n. 600 del 1973 nella parte in cui impedisce per la notifica ai non residenti l’applicazione dell’art. 142 cod. proc. civ.

Avverso tale sentenza l’amministrazione propone ricorso per cassazione con due motivi. Resiste l’ente ecclesiastico con controricorso.

Entrambe le parti hanno prodotto memorie.

 

Motivazione

 

Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per tardività della notifica dovendosi ritenere tempestiva la notifica effettuata in data 12 ottobre 2009. Infatti l’individuata scadenza al giorno 10 ottobre 2009 (sabato) deve intendersi prorogata al primo giorno seguente non festivo a norma dell’art. 155, comma 5, cod. proc. civ., disposizione quest’ultima che deve intendersi applicabile nella specie riguardando essa tutti i ricorsi, indipendentemente dal grado di giudizio, che siano stati proposti successivamente al 1 marzo 2006.

Con il primo motivo di ricorso, l’amministrazione contesta la ritenuta inapplicabilità nella specie della sanatoria della nullità della notifica ai sensi dell’art. 156 cod. proc. civ.

Il motivo è fondato. Questa Corte ha affermato che, nell’ipotesi di nullità della notifica dell’atto impositivo — ipotesi che ricorre nel caso di specie nel quale non può parlarsi, e peraltro nessuno eccepisce, di notifica inesistente —, tale nullità «è sanata, a norma dell'art. 156, secondo comma, cod. proc. civ., per effetto del raggiungimento del suo scopo, il quale, postulando che alla notifica invalida sia comunque seguita la conoscenza dell’atto da parte del destinatario, può desumersi anche dalla tempestiva impugnazione, ad opera di quest’ultimo, dell’atto invalidamente notificato» (Cass. n. 1238 del 2014). In particolare questa Corte ha anche chiarito che: «La notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo» (Cass. n. 654 del 2014). E’ il raggiungimento dello scopo, infatti, e cioè consentire al contribuente la piena conoscenza dell’atto impositivo, quel che realizza il nucleo forte di tutela dell’esercizio del diritto di difesa cui sono parametrare tutte le garanzie offerte dall’ordinamento perché tale effetto sia davvero conseguito, senza dar rilievo ad aspetti puramente formali che ostacolino la pronuncia sostanziale di giustizia alla quale tende l’ordinamento.

La sanatoria, tuttavia, «non esplica alcun effetto sui requisiti di validità ed esistenza dell’avviso di accertamento, non potendo, quindi, impedire il decorso del termine di decadenza previsto dalla legge per l’esercizio della potestà impositiva, eventualmente maturato precedentemente al fatto sanante» (Cass. n. 10445 del 2011), situazione che non è dedotta nel caso concreto.

Resta assorbito il secondo motivo con il quale l’amministrazione ricorrente denuncia l’insufficiente motivazione della sentenza impugnata sempre in ordine alla ritenuta inapplicabilità nella specie della sanatoria ex art. 156 cod. proc. civ.

Pertanto, il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata. Poiché emerge da tale sentenza che unico motivo dell’impugnazione da parte dell’ente ecclesiastico era costituito dalla contestazione della notifica, a suo avviso illegittimamente eseguita, non sono necessari ulteriori accertamenti di fatto e la causa può essere decisa nel merito con il rigetto del ricorso originario dell’ente.

Le spese seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta il ricorso originario dell’ente religioso. Compensa le spese dell’intero giudizio.