Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 aprile 2015, n. 8628

Tributi - Imposte indirette - IVA - Detrazione - Spese - Ristrutturazione - Immobile a destinazione abitativa - Attività di affittacamere - Licenza di affittacamere - Sussiste

 

Ritenuto in fatto

 

In occasione dell'istanza di rimborso Iva per l'anno 2003 presentata dal sig. B.U., esercente l'attività di "affittacamere e case per vacanze" (cessata il 31.12.2003), l'Agenzia delle entrate di Poggibonsi effettuava un controllo sulla documentazione contabile richiesta al contribuente per gli anni 1999-2003, dal quale scaturiva un avviso di accertamento con cui gli veniva contestata, per l'anno 19999, l'indebita detrazione Iva relativa alle fatture per lavori di ristrutturazione di immobile a destinazione abitativa (cat. A2) utilizzato per Io svolgimento dell'attività, nonché l'infedele dichiarazione annuale per violazione degli artt. 19 e 19-bis 1 del d.P.R. n. 633/72, per una somma complessiva di € 16.831,35 compresi Interessi e sanzioni.

Il contribuente impugnava l'avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Siena, affermando che, nonostante la destinazione catastale, la porzione dì immobile interessata era bene strumentale, con conseguente detralbilità dell'Iva sui lavori di sua ristrutturazione, poiché produceva ricavi a loro volta assoggettati ad Iva tramite ricevuta fiscale.

Avverso raccoglimento del ricorso, l'Agenzia delle entrate proponeva appello, insistendo sul fatto che, ai sensi dell'art. 19-bis 1, lett. i), d.P.R. n. 633/72, l’Iva era detraibile solo per le imprese aventi ad oggetto esclusivo o principale la costruzione o rivendita di fabbricati, con la sola eccezione delle attività che diano luogo ad operazioni esenti, ex art. 10, d.P.R. cit., sicché per l'immobile a destinazione abitativa, cat. A2, locato, non era ammessa la detrazione dell'imposta.

Con sentenza n. 106/29/09 la Commissione Tributaria Regionale della Toscana respingeva l'appello, osservando che l'attività di affittacamere, case per vacanze ecc. "va oltre la mera locazione, configurando invece l'esercizio di imprese extra alberghiere in genere", soggette al rilascio di ricevuta fiscale ai sensi della risoluzione ministeriale n. 381691 del 24.9.1980, con assoggettamento ad Iva ridotta al 10% ai sensi del n. 120), Tabella A), parte III, allegata al d.P.R. n. 633/72. Inoltre, il contribuente era titolare di licenza di affittacamere rilasciata dal Comune di San Gimignano per gli immobili in categoria A2 in ottemperanza alla legge regionale n. 42/2000, che consentiva esplicitamente lo svolgimento di attività ricettive extra alberghiere in immobili con caratteristiche abitative. Pertanto, non erano applicabili le limitazioni alla detrazione Iva di cui all'art. 19-bis 1 del d.P.R. n. 633/72.

Per la cassazione della sentenza d'appello, depositata il 29.9.2009 e non notificata, l'Agenzia delle entrate ha proposto ricorso affidato ad un unico motivo, cui il contribuente ha resistito con controricorso.

 

Considerato in diritto

 

1. Con il primo motivo di ricorso, l'Agenzia delle entrate deduce la «Violazione e falsa applicazione dell'art. 19-bis del D.P.R. n. 633/1972, in relazione all'art. 360, n. 3), cod.proc.civ.», formulando il seguente quesito di diritto: «La previsione di indetraibilità dell'IVA disposta dall'articolo 19-bisl, lett. i), del D.P.R. n. 633/1972 - a termini del quale ", non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzioni di fabbricato, a destinazione abitativa né quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la costruzione dei predetti fabbricati o delle predette porzioni", e salvo che "per i soggetti che esercitano attività che danno luogo ad operazioni esenti di cui al numero 8) dell'articolo 10 che comportano la riduzione della percentuale di detrazione a norma dell'articolo 19, comma 5, e dell'art. 19-bis" - trova applicazione in relazione a spese occorse per la manutenzione di immobili di proprietà di un contribuente svolgente attività imprenditoriale di affittacamere, che siano iscritti in categoria catastale A/2, ancorché effettivamente destinati allo svolgimento dell'attività produttiva».

2. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per «mancato rispetto del termine decadenziale di sei mesi previsto dall'art. 327 c.p.c. così come modificato dalla legge n. 69/2009», che parte controricorrente fonda sull'interpretazione della norma transitoria di cui all'art. 58, comma 1, L. cit. - laddove limita la riduzione del termine per I'impugnazione da un anno a sei mesi "ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore" - come riferita ai "singoli gradi di giudizio".

3. L'assunto è infondato, in quanto l'art. 327 cod.proc.civ., come novellato dalla L. n. 69 del 2009, art. 46, mediante riduzione del termine da un anno a sei mesi, si applica, ai sensi dell'art. 58 della medesima legge (letteralmente) ai giudizi instaurati - e non alle Impugnazioni proposte - a decorrere dal 4 luglio 2009, valendo quindi ancora il termine annuale qualora l’atto introduttivo del giudizio di primo grado sia anteriore - come nel caso di specie - a quella data, a nulla rilevando il momento dell’instaurazione di una successiva fase o di un successivo grado di giudizio (Cass. sent. n. 6784 del 2012; ord. n. 24501 del 2014; sent. n. 2775 del 2015).

4. Nel merito, il motivo è infondato.

5. L'amministrazione finanziaria fonda la pretesa indetraibilità dell'Iva sui lavori di ristrutturazione/manutenzione "di immobili di proprietà di un contribuente svolgente attività imprenditoriale di affittacamere ... ancorché effettivamente destinati allo svolgimento dell'attività produttiva", sulla circostanza della sua classificazione catastale in cat. A/2, che ne attesterebbe la destinazione abitativa, con conseguente applicabilità del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19 bis 1, lett. I - nella versione ratione temporis vigente - a cui tenore "non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa nè quella relativa alla locazione o alla manutenzione, recupero o gestione degli stessi, salvo che per le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale dell'attività esercitata la costruzione o la rivendita dei predetti fabbricati o delle predette porzioni. La disposizione non si applica per i soggetti che esercitano attività che danno luogo ad operazioni esenti di cui al n. 8) dell’art. 10 che comportano la riduzione della percentuale di detrazione a norma dell'art. 19, comma 5 e dell'art. 19-bis".

6. Occorre invece considerare che il sistema dell'IVA, armonizzato in forza della disposizioni comunitarie succedutesi nel tempo (a partire dalla direttiva 388/77/CEE, c.d. Sesta direttiva), è retto dai due principi fondamentali di neutralità dell'imposta (che ne riversa il carico sul consumatore finale non imprenditore) e di detraibilità di quanto pagato dell'imprenditore per l'acquisto dei beni necessari per l’attività svolta (funzionale esso stesso al meccanismo della neutralità); quest'ultimo origina dall'art. 17 della Sesta direttiva CEE citata, nel testo modificato dalla direttiva 91/680, a cui tenore "nella misura in cui beni e servizi sono impiegati ai fini di sue operazioni soggette ad imposta, il soggetto passivo è autorizzato a dedurre dall’imposta di cui è debitore: l'IVA dovuta o assolta per le merci che ci sono o gli saranno fornite e per i servizi che gli sono o gli saranno prestati da un altro soggetto passivo debitore dell'imposta all'interno del paese..." (cfr. Corte giust. 6 dicembre 2012, Bonik, C- 285/11, p. 25 e Corte giust. 8 maggio 2013, causa C-271/12, Petroma Transports SA, p.22, ove si ribadisce il carattere immanente all'intero sistema del tributo IVA del principio di detrazione).

7. E' pur vero che l’art. 22, par. 8, della Sesta direttiva prevede che gli Stati possono adottare ulteriori obblighi (rispetto a quelli fissati nei precedenti paragrafi della medesima disposizione) che si ritengono necessari per garantire l'esatta riscossione dell'imposta ed evitare frodi; ma le deroghe al sistema predeterminato dall’art. 18 e dall'art. 22 della Sesta direttiva CEE per la deduzione delle somme versate a titolo di IVA possono trovare giustificazione e applicazione solo se ammesse dal sistema comunitario (v. da ultimo Cass. sentenza n. 3458 del 2014).

8. La direttiva 2006/112/CE (subentrata alla Sesta direttiva cit.) contiene poi, accanto all'art. 176 (che sostituisce l'art. 17 della sesta direttiva CEE), l’art. 168 bis, introdotto dalla dir. 2009/162/-UE, che ha previsto, in caso di bene immobile acquisito dall'impresa e destinato sia all'attività di impresa che all'uso privato dell'imprenditore, una detraibilità limitata alla parte in uso del bene ai fini delle attività dell'impresa del soggetto passivo.

9. Da tempo questa Corte, nell'esplicitare i tratti caratterizzanti del sistema della detrazione IVA attuato attraverso il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, in relazione a beni o servizi acquistati nell'esercizio dell'Impresa, ha chiarito che esso postula una necessaria correlazione fra i beni e i servizi acquistati e l'attività esercitata, nel senso che essi devono inerire all'impresa, anche se si tratti di beni non strumentali in senso proprio, purché risultino in concreto destinati alla finalità della produzione o dello scambio nell'ambito dell'attività dell'impresa stessa, con la precisazione che "il nesso oggettivo che deve sussistere tra acquisto e impiego di beni e servizi ... non è quello di diretta e meccanica utilizzazione, ma ... si riassume in una necessaria relazione di inerenza tra la singola operazione di acquisto e l'esercizio dell'attività economica del soggetto passivo IVA" (Cass. sent. n. 5987 del 1992, n. 9452 del 1997, n. 6785 del 2009, n. 3458 del 2014).

10. Inoltre, la Corte di Giustizia CE ha ritenuto, per un verso, che "se un soggetto passivo, in un caso specifico, abbia acquistato beni per le esigenze delle sue attività economiche ai sensi dell'art. 4 della sesta direttiva costituisce una questione di fatto, che va valutata tenendo conto di tutti i dati della fattispecie, fra i quali figurano la natura dei beni considerati e il periodo di tempo intercorso tra l'acquisto degli stessi e il loro uso ai fini delle attività economiche del soggetto passivo"; per altro verso, che "una norma o una prassi amministrativa nazionale che imponga una restrizione generale del diritto alla deduzione in caso di uso professionale limitato, ma pur sempre effettivo, costituisce una deroga all'art. 17 della sesta direttiva ed è valida solo se sono soddisfatte le condizioni prescritte dall'art. 27, n. 1, o dall'art. 27, n. 5, della sesta direttiva" (Corte giust. 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz contro Finanzamt Munchen).

11. La Corte europea ha successivamente precisato che II diritto a detrazione previsto dall'art. 17 e seguenti della Sesta direttiva costituisce parte integrante del meccanismo dell'IVA e non può, in via di principio, essere soggetto a limitazioni, in quanto II sistema delle detrazioni è inteso ad esonerare interamente l'imprenditore dall'IVA dovuta o pagata nell'ambito di tutte le sue attività economiche; il sistema comune di IVA garantisce, così, la perfetta neutralità dell'imposizione fiscale per tutte le attività economiche, indipendentemente dallo scopo o dai risultati di dette attività, purché queste siano, in linea di principio, di per sé soggette all'IVA (Corte giust. 18 dicembre 2008, causa C-488/07, Royal Bank of Scotland Group pie).

12. Tenuto conto della cogenza in subiecta materia del principi eurounitari, le disposizioni interne vanno dunque interpretate in modo che siano con essi compatibili (e, in caso di insanabile contrasto con la disciplina dell'UE, vanno disapplicate in favore della disposizione comunitaria, dotata di immediata efficacia quantomeno nei rapporti verticali in cui è parte lo Stato o organi allo stesso assimilabili).

13. Il giudice d'appello risulta aver fatto corretta applicazione di tali principi, laddove ha escluso che il diritto alla detrazione dell'Iva potesse essere negato in forza della astratta classificazione catastale dell'immobile, propria degli immobili ad uso abitativo, dando invece prevalenza alla sua pacifica destinazione all'esercizio dell'attività di affittacamere. Così facendo, ha dato dell'art. 19 bis l. cit. un'interpretazione non meramente letterale, ma coerente con i principi espressi dalla Corte di Giustizia, sopra richiamati, ed anche conforme alla giurisprudenza di questa Corte, per cui la valutazione della strumentali di un acquisto rispetto all'attività imprenditoriale va effettuata in concreto, tenendo conto dell'effettiva natura del bene in correlazione agli scopi dell'impresa, non già in termini puramente astratti (Cass. n. 16730 del 2007, n. 12036 del 2008).

14. Del resto, la stessa amministrazione finanziaria ha riconosciuto, sia pure in un contesto successivo a quello vigente all'epoca dei fatti di causa, che "gli immobili abitativi, utilizzati dal soggetto passivo nell'ambito di un'attività di tipo ricettivo (gestione di case vacanze, affitto camere, etc.) che comporti l'effettuazione di prestazioni di servizi imponibili ad IVA, debbano essere trattati, a prescindere dalla classificazione catastale, alla stregua dei fabbricati strumentali per natura" (Risoluzione Ag. Entrate n. 12 del 22.2.2012; conf. Risoluzione n. 196/E del 31 luglio 2007).

15. Alla luce di quanto precede, la decisione impugnata non risulta meritevole di censure in punto di riconoscimento della detraibilità dell'IVA di cui alle fatture per lavori di ristrutturazione della porzione di immobile avente catastalmente destinazione abitativa (cat. A2), ma in concreto utilizzato per lo svolgimento dell'attività "affittacamere e case per vacanze", da qualificarsi perciò come bene strumentale, anche in forza del rilascio di apposita licenza da parte del Comune di San Gimignano, in ottemperanza alla legge regionale n. 42/2000, come sottolineato dalla corte territoriale. Risulta invece errato il presupposto su cui si fonda il motivo di ricorso, nel senso che il diritto a detrazione sarebbe precluso in ragione della destinazione abitativa del bene, formalmente risultante dalla classificazione catastale, dovendo invece ritenersi decisiva la (pacifica) strumentalità dello stesso rispetto all'attività svolta dal contribuente.

16. In conclusione, il ricorso va rigettato e, in applicazione del principio di soccombenza, parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio, liquidate in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.000,00 (di cui € 200,00 per esborsi), oltre spese generali ed accessori di legge.