Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 aprile 2015, n. 8594

Banca - Ex dipendente in pensione - Polizza sanitaria - Risarcimento del danno - Sussiste

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza 16 settembre 2010, la Corte d’appello di Roma rigettava l’appello di S.I. s.p.a. avverso la sentenza di primo grado, che l’aveva condannata al pagamento della somma di € 2.708,49 oltre accessori, in favore di M.B. (ex dipendente in pensione di C., incorporata dalla suddetta banca, impegnatasi a conservare i diritti relativi alla polizza sanitaria stipulata dal l’incorporata con A., estesa agli ex dipendenti in quiescenza assunti fino al 30 settembre 1989, salvo non alimentarla più dall’ 1 settembre 1997 con pagamento del premio integrale per le spese dell’ex dipendente e parziale per quelle dei suoi familiari, provvedendo ad una corresponsione una tantum determinata unilateralmente) a titolo risarcitorio per mancato pagamento del premio della suddetta polizza, sulla premessa dell’accertamento dell’obbligo di S.I. di tener ferma la copertura sanitaria alle condizioni previste alla data di pensionamento con giudicato del(l’allora) Pretore del Lavoro di Torino.

A motivo della decisione, la Corte territoriale riteneva l’inadempimento della banca all’obbligo accertato a suo carico dal Pretore torinese, non avendo essa provato la sua dipendenza, ai sensi degli artt. 1218 e 1381 c.c., dal fatto a sé non imputabile della terza assicuratrice (asseritamente rifiutatasi al rinnovo della polizza e neppure deducibile, in quanto coperto dal giudicato suddetto, in quel giudizio dovendo essere dedotto), nemmeno avendo dimostrato la propria assenza di colpa ed in ogni caso eventualmente precluso l’adempimento in forma specifica e non per equivalente; infondata, infine, la censura di errata liquidazione della somma dal Tribunale, correttamente comprensiva anche delle spese dei familiari, secondo la statuizione del Pretore del Lavoro di Torino ed inammissibile, siccome nuova, quella di inclusione, sotto il profilo risarcitorio, del premio versato in favore del coniuge.

Con atto notificato il 15 settembre 2011, I.S. s.p.a. ricorre per cassazione con quattro motivi, cui resiste M.B. con controricorso; entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

Il collegio ha autorizzato la redazione della sentenza in forma semplificata.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo, la banca ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in riferimento agli artt. 2909 e 1381 c.c. e insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per la negazione della prova del fatto decisivo del rifiuto di A. al rinnovo della polizza ex C. sulla base del giudicato del Pretore del Lavoro di Torino sull’an, tuttavia limitato all’accertamento dell’obbligo del suo mantenimento, senza altra pronuncia sulle pretese risarcitorie; neppure preclusivo della prova del comportamento del terzo, cui la ricorrente non è stata ammessa, nonostante le istanze istruttorie tempestivamente dedotte: così ridondando la loro mancata ammissione nel vizio di motivazione, determinante per il nesso di causalità della diligenza della banca con l’esclusione di una condanna risarcitoria (erogato a B. l’indennizzo ai sensi dell’art. 1381 c.c., accettato senza riserve).

Con il secondo, la banca deduce vizio di motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sul fatto controverso e decisivo del mancato accertamento dell’esistenza e entità del danno patito dall’ex dipendente pensionato e del nesso di causalità, non potendo tali elementi, oggetto dell’odierno giudizio, essere automaticamente tratti da giudicato pretorile sull’an, riguardante il solo inadempimento della banca.

Con il terzo, la banca deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1381 c.c., in riferimento all’art. 1218 c.c. e insufficiente motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., per la mancata distinzione tra indennizzo, corrisposto ai sensi dell’art. 1381 c.c. a tutti gli ex dipendenti C. ed al quale è tenuto il promittente il fatto del terzo, che si sia attivato con diligenza e risarcimento del danno, invece spettante qualora il predetto a ciò non si sia attenuto: nell’onere probatorio del danneggiato quanto a concreta esistenza ed entità.

Con il quarto, la banca deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2113, secondo comma, anche in riferimento all’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., per omessa valutazione dell’espressione dall’ex dipendente, con l’accettazione senza riserve dell’indennizzo erogato, della volontà di sostituzione del precedente trattamento assicurativo con il nuovo, oggetto della scheda di adesione sottoscritta, integrante rinuncia non impugnata a norma dell’art. 2113, secondo comma c.c.

Il primo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., in riferimento agli artt. 2909 e 1381 c.c. e insufficiente motivazione, per la negazione della prova del fatto decisivo del rifiuto di Assitalia al rinnovo della polizza ex C. dal giudicato del Pretore del Lavoro di Torino sull’an, è in parte inammissibile ed in parte infondato.

Esso è, infatti, inammissibile sotto il profilo del vizio di violazione di legge, in quanto inconfigurabile siccome soltanto enunciato, ma non integrato nei requisiti suoi propri di erronea sussunzione della fattispecie concreta in quella astratta regolata dalla disposizione di legge, mediante specificazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina (Cass. 26 giugno 2013, n. 16038; Cass. 28 febbraio 2012, n. 3010; Cass. 31 maggio 2006, n. 12984).

Ed è infondato sotto il profilo del vizio di motivazione, per la corretta argomentazione della sentenza in ordine alla mancata prova della diligenza della banca (a pg. 4 della sentenza), insindacabile nell’odierna sede di legittimità, avendo dovuto il fatto del terzo essere piuttosto dedotto nel giudizio davanti al Pretore del Lavoro di Torino (con accertamento ormai coperto da giudicato) e risultando comunque inidonee al riguardo le istanze istruttorie trascritte, intese alla dimostrazione dell’inesistenza di un inadempimento della banca invece già accertato con il predetto giudicato, come già ritenuto da questa Corte (Cass. 9 dicembre 2014, n. 25876; Cass. 7 giugno 2013, n. 14474; Cass. 31 gennaio 2012, n. 1414).

II secondo motivo, relativo a vizio di motivazione sul fatto controverso e decisivo del mancato accertamento dell’esistenza e entità del danno patito dall’ex dipendente pensionato e del nesso di causalità, è infondato.

Accertato, infatti, con sentenza passata in giudicato l’obbligo della banca di mantenere, in favore dell’ex dipendente e dei familiari, l’assistenza sanitaria ed incontestato il suo inadempimento all’obbligo, senza dimostrazione della sua dipendenza dal fatto del terzo, la condanna risarcitoria segue naturalmente, in dipendenza della causale degli esborsi, esattamente determinata (Cass. 7 giugno 2013, n. 14474).

Il terzo motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 1381 c.c., in riferimento all’art. 1218 c.c. e insufficiente motivazione, per mancata distinzione tra indennizzo, corrisposto ai sensi dell’art. 1381 c.c. e risarcimento del danno, è inammissibile.

La censura è irrilevante, per ininfluenza della distinzione posta, avendo la Corte territoriale escluso la spettanza di un indennizzo, sulla base del citato giudicato del Pretore del Lavoro di Torino, che copre il dedotto e il deducibile, non essendo stata in quel giudizio eccepita l’impossibilità di adempiere per il fatto del terzo (Cass. 10 ottobre 2013, n. 22411).

Il quarto motivo, relativo a violazione e falsa applicazione dell’art. 2113, secondo comma, anche in riferimento all’art. 2909 c.c., per omessa valutazione dell’espressione dall’ex dipendente, con l’accettazione senza riserve dell’indennizzo erogato, della volontà di sostituzione del precedente trattamento assicurativo con il nuovo, oggetto della scheda di adesione sottoscritta, integrante rinuncia non impugnata a norma dell’art. 2113, secondo comma c.c., è inammissibile.

La questione è nuova, non essendo stata trattata dalla sentenza impugnata, né avendo la ricorrente indicato, né tanto meno trascritto, gli atti in cui in precedenza l’abbia dedotta, così da consentire a questa Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di un suo esame nel merito: pertanto in violazione del principio di autosufficienza del ricorso, ai sensi dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c. (Cass. 1 agosto 2013, n. 18429; Cass. 28 luglio 2008, n. 20518; Cass. 12 luglio 2005, n. 14590).

Ma il mezzo è comunque infondato, essendo la questione indeducibile in quanto coperta dal giudicato torinese, di accertamento dell’obbligo della banca di tener ferma la copertura sanitaria alle condizioni previste alla data di pensionamento (Cass. 9 dicembre 2014, n. 25876; Cass. 7 giugno 2013, n. 14474; Cass. 31 gennaio 2012, n. 1414).

Dalle superiori argomentazioni discende allora coerente il rigetto del ricorso, con la regolazione delle spese del giudizio secondo il regime di soccombenza, con distrazione al difensore antistatario secondo la sua richiesta in memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la banca alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio, che liquida in € 100,00 per esborsi e € 2.500,00 per compenso professionale, oltre rimborso per spese generali in misura del 15% e accessori di legge, con distrazione al difensore antistatario.