Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 28 aprile 2015, n. 8577

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Fallimento - Azione revocatoria - Società in accomandita semplice - Conto corrente intestato al socio accomandatario - Rimesse affluite nel periodo sospetto - Revocabilità - Sussiste

 

Svolgimento del processo

 

Nel settembre 2006 la Curatela dei fallimenti della R.G. s.a.s. e del socio accomandatario R.R. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Nola la Banca R. s.p.a. chiedendo (per quanto qui rileva) che venissero dichiarate inefficaci, a norma dell'art. 67 comma II l.fall., alcune rimesse solutorie - per complessivi € 57.096,81 - affluite sul c/c intestato al R. nell'anno anteriore al fallimento della R.G. e del R., dichiarato con sentenza del 21 aprile 1994. La convenuta, costituendosi, contestò la domanda deducendo in particolare (per quanto qui interessa) che il conto corrente in questione, intestato personalmente al R., non presentava alcuna relazione con la R.G., con la quale essa convenuta non aveva avuto alcun rapporto contrattuale di natura bancaria. La domanda veniva accolta dal Tribunale, che, disattendendo le eccezioni della società convenuta, la condannava alla restituzione in favore della massa della somma anzidetta oltre accessori.

L'appello proposto da U.B.R. s.p.a. - cui resisteva la Curatela - veniva rigettato dalla Corte d'appello di Napoli con sentenza n. 325/12 depositata il 2 febbraio 2012, che - per quanto qui interessa - rilevava l'infondatezza delle censure espresse nel primo motivo di appello circa la ritenuta sussistenza della scientia decoctionis da parte della appellante.

Avverso tale sentenza la U.B.R. s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, cui resiste con controricorso la Curatela. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Con unico motivo complesso la ricorrente denunzia, da un lato, la violazione degli artt. 67 comma II e 147 l. fall., dall'altro la illogicità e contradditorietà della motivazione circa il fatto decisivo, che assume controverso nel giudizio di merito, relativo alla conoscenza, da parte sua, della qualità di socio accomandatario della RG rivestita dal titolare del conto corrente R.

Sotto il primo profilo, lamenta che la Corte di merito avrebbe disatteso il principio secondo cui nel caso di revocatoria fallimentare concernente atti di disposizione contrattuale compiuti da un socio illimitatamente responsabile di una società, dichiarato fallito per effetto del fallimento di questa, la conoscenza dello stato di insolvenza deve riferirsi non già al socio, ma alla società, e deve includere la conoscenza della qualità, rivestita dall'autore dell'atto revocando, di socio illimitatamente responsabile della società in stato di insolvenza. Sotto il profilo del vizio di motivazione, lamenta che su tale conoscenza, che essa ricorrente avrebbe contestato in entrambi i gradi di merito, la motivazione della sentenza impugnata esporrebbe affermazioni del tutto unilaterali prive di qualsiasi riscontro oggettivo.

Entrambe le doglianze sono prive di fondamento.

Quanto alla prima, è vero che - secondo l'orientamento giurisprudenziale richiamato in ricorso, condiviso dal Collegio - nei casi quale quello in esame è onere del Curatore che agisca in revocatoria fornire la prova della conoscenza del terzo circa lo stato di insolvenza della società fallita e non del socio illimitatamente responsabile della stessa, autore dell'atto, il cui fallimento è conseguenza automatica della sua illimitata responsabilità per i debiti sociali. Ma ciò corrisponde esattamente a quanto espressamente affermato nella sentenza impugnata (cfr.pagg.9-10), nella quale vengono anche confermati - senza ricevere censure specifiche sul punto - gli elementi indiziari gravi, precisi e concordanti posti dalla sentenza a fondamento della ritenuta presunzione di conoscenza da parte della banca dello stato di insolvenza della società. Deve dunque escludersi la denunciata violazione di norme di diritto, non essendo peraltro idonea a vulnerare la correttezza del suddetto tessuto argomentativo, e la sua autonoma valenza a sostenere la decisione, l'ulteriore riferimento alla prova indiretta della situazione di difficoltà economica del R. nella valutazione della scientia decoctionis della banca compiuta dal tribunale.

Quanto al vizio di motivazione, dall'esame degli stralci trascritti in ricorso della comparsa di risposta della banca in primo grado e del suo atto di appello emerge come - tanto nella prima quanto nel secondo - la banca si sia limitata a dedurre che il conto corrente ove erano affluite le rimesse revocande era stato impiantato dal R. per un utilizzo esclusivamente personale, e che quindi la banca non aveva avuto alcun rapporto contrattuale di natura bancaria con la R.G. s.a.s. Non risulta, cioè, neppure in atto di appello, specificamente affermata da parte della banca la sua non conoscenza della qualità di socio illimitatamente responsabile rivestita dal R . Non riguardando, dunque, un fatto controverso, il breve accenno in sentenza alla presumibile conoscenza da parte della banca della esistenza della società si mostra dunque - proprio perché non giustificato dal motivo di appello superfluo, e comunque non decisivo, sì che inammissibile, o comunque infondata, deve ritenersi la doglianza circa la sua insufficiente motivazione.

Il rigetto del ricorso si impone dunque, con la conseguente condanna della ricorrente alle spese, che si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso in favore della parte resistente delle spese di questo giudizio di cassazione, in € 6.200,00 (di cui € 200,00 per esborsi) oltre spese generali forfetarie e accessori di legge.