Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 01 aprile 2015, n. 13889

Reati societari - Bancarotta documentale - Bancarotta fraudolenta e semplice - Elemento soggettivo - Configurabilità

 

Ritenuto in fatto

 

Con sentenza in data 5.3.13 la Corte di Appello di Trieste confermava a carico di S.R. la sentenza emessa dal GUP presso il Tribunale di Pordenone in data 13 gennaio 2011, con la quale l'imputato era stato dichiarato responsabile del reato di cui all'art.216, co. 1 n. 2, 223, co. 1 L.F. in concorso con B.C., per avere nelle rispettive qualità di amministratori unici della A. srl. dichiarata fallita con sentenza del Tribunale in data 12.10.2005- sottratto o distrutto la documentazione contabile tenuta fino al 28.10.2002, omettendo di tenere la contabilità nel periodo successivo, onde non rendere possibile la ricostruzione della situazione patrimoniale dell'impresa.

Lo S. era stato amministratore unico dal 29.11.2002 al 27.10.2003; a lui era succeduto S.M. (poi deceduto) fino alla data del fallimento- Lo S. si riteneva essere stato amministratore di fatto dall'ottobre del 2002 sino al fallimento-

Per tale reato era stata inflitta la pena di anni uno e mesi otto di reclusione, con pene accessorie di legge.

Innanzi alla Corte territoriale la difesa aveva evidenziato l'erroneità del giudizio a carico dell'imputato, rilevando che non vi era prova del ruolo svolto come amministratore "di fatto" e che vi era stata attività distrattiva realizzata da altri (tanto che il GUP aveva trasmesso gli atti al PM per la posizione del B., ex art.521 CPP) essendo stata trasferita l'azienda, con cessione dei singoli beni dalla M.D. srl (Poi denominata A. s.r.l.) alla M.I. s.r.l.)-

Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1- inosservanza o erronea applicazione della legge penale-

A riguardo censurava la decisione,evidenziando che risultava depositata dall'imputato documentazione comprensiva dell'atto di cessione di quote della società A. srl.(già denominata M. srl.) dallo S. al S.M. e nell'atto risultava specificato che il cessionario dichiarava di aver ricevuto in consegna dalle parti cedenti le scritture contabili e i libri sociali.

Ad avviso della difesa la Corte aveva erroneamente ritenuto tale atto privo di rilevanza, avendo tenuto conto delle dichiarazioni rese dal S. allorché, nel corso della perquisizione affermò innanzi alla Guardia di finanza che non aveva avuto il possesso della documentazione contabile. In contrario la difesa rilevava che l'atto menzionato era una scrittura privata autenticata, che costituisce prova fino a querela di falso del suo contenuto.

Rilevava altresì che non aveva incidenza la mancata sottoscrizione di tale atto, avendo il notaio accertato l'identità delle parti.

2- mancanza, contraddittorietà ed illogicità della motivazione-

Censurava la decisione ove si era attribuita all'imputato la qualifica di amministratore di fatto, che avrebbe realizzato la bancarotta documentale allo scopo di occultare il trasferimento del patrimonio della società fallita alla M.I. s.r.l. costituita ad hoc nel 2000-

La Corte di Appello aveva attribuito il reato in riferimento sia alla attività di amministratore unico, rivestita dall'imputato dal 29.11.2002 al 27.10.2003,che in riferimento al ruolo di amministratore di fatto nel periodo successivo, e la difesa lamentava che sia il giudice di primo grado che quello di appello avessero tenuto conto della circostanza che lo S. aveva ricevuto la documentazione contabile dal precedente amministratore (G.G., non ritenendo dimostrata, viceversa, la successiva consegna della documentazione al S. (acquirente)-

In tale interpretazione la difesa rilevava la illogicità della motivazione, evidenziando che all'imputato-pur essendo il predetto ritenuto estraneo alla condotta distrattiva, si attribuiva quella di bancarotta documentale-

Peraltro la difesa evidenziava che la ditta fallita non era operativa dal 2002, sostenendo che il mancato deposito del bilancio da parte dell'imputato fosse da attribuire a mera negligenza- in tal senso il ricorrente rilevava la possibilità di riqualificare la condotta contestata ai sensi dell'art.217 co.2 L.F., evidenziando che per tale ipotesi era stata presentata istanza di definizione del procedimento ai sensi dell'art.444 CPP

Diversamente veniva censurata la decisione della Corte che aveva escluso l'applicazione di tale ipotesi di reato (ritenendo correttamente valutata la fattispecie dal GUP, atteso che dalle relazioni del curatore e da accertamenti eseguiti a cura della guardia di Finanza si era desunto l'interesse dello S a partecipare consapevolmente all'occultamento della documentazione contabile che egli deteneva,in riferimento alle ingenti somme incassate a seguito della cessione dell'azienda alla M.D. s.r.l.

- A riguardo la difesa riteneva contraddittorie le ragioni esposte dai giudici di merito, osservando che all'imputato era stata attribuita una complicità nella attività distrattiva in assenza di validi elementi di prova-

Per tali motivi concludeva chiedendo l'annullamento.

 

Rileva in diritto

 

Il ricorso appare meritevole di accoglimento.

Con riguardo alla prima parte dell'addebito, nella quale si contesta al ricorrente di aver sottratto o distrutto le scritture contabili, che si assumono (conseguentemente) essere state esistenti durante il periodo il cui lo stesso ricorrente era stato amministratore dell'impresa fallita (dal 29 ottobre 2002 al 27 ottobre 2003), vale osservare che, a fronte della non contestata esistenza della dichiarazione, da parte del defunto S.M. subentrato al ricorrente il 27 ottobre 2003 nella carica di amministratore unico, di aver ricevuto in consegna i libri e le scritture contabili, la corte territoriale si è limitata, in sostanza, a rilevare che detta dichiarazione, ancorché contenuta in un atto notarile, non costituiva prova che la consegna fosse effettivamente avvenuta, non risultando dall'atto medesimo che essa fosse stata effettuata alla presenza del notaio, ma risultando solo che il notaio dava atto di quanto al riguardo dichiarato dalle parti. Il che è corretto, ma non può valere, da solo, a ritenere comprovata la penale responsabilità dell'imputato, a sostegno della quale, in applicazione della fondamentale e ineludibile regola secondo cui l'onere della prova spetta all'accusa, non poteva ritenersi sufficiente la dimostrata possibilità che la dichiarazione in questione non rispondesse al vero ma sarebbe stato necessario dimostrare, in positivo, "al di là di ogni ragionevole dubbio", la sua falsità, sulla base di altri e diversi elementi anche, eventualmente, di carattere indiziario; dimostrazione, questa, che, nell'impugnata sentenza, risulta del tutto assente.

Con riguardo, poi, alla seconda parte dell'addebito, nella quale si contesta al ricorrente di avere, nella qualità di amministratore di fatto dell'impresa fallita,a decorrere dal 27 ottobre 2003 e fino alla data del fallimento, totalmente omesso la tenuta della contabilità, così da rendere impossibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, la motivazione offerta dalla corte territoriale appare gravemente deficitaria tanto con riferimento alla ritenuta sussistenza della suddetta qualità (non risultando indicata, al proposito, alcuna specifica risultanza probatoria atta a dimostrare che nel periodo in questione l'impresa fosse stata ancora attiva e fosse stata, in tutto o in parte, gestita dal ricorrente), quanto con riferimento alla sussistenza dell'elemento soggettivo che, nel caso della totale omissione della tenuta della contabilità, deve consistere (per differenziare l'ipotesi della bancarotta documentale fraudolenta da quella della bancarotta documentale semplice, prevista dall'art. 217 L.F.), nella specifica finalità di recare pregiudizio ai creditori (ved., in tal senso, fra le altre: Cass. V, 11 giugno - 6 agosto 2009 n. 32173, Drago, RV 244494; Cass. V, 11 aprile - 27 giugno 2012 n. 25432, De Mitri ed altri, RV 252992); finalità, quella anzidetta, che, nella specie, non può dirsi neppure dimostrata dal solo richiamo, contenuto nell'impugnata sentenza, all'interesse che il ricorrente avrebbe avuto ad impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari con riguardo "alla destinazione delle ingenti somme" affluite all'impresa fallita dalla cessione dell'azienda alla M.I. s.r.l., come pure "alla congruità del prezzo di cessione, all'effettività degli incassi, ad eventuali pagamenti preferenziali revocabili, alla esistenza di crediti, ecc.", atteso che un tale interesse può astrattamente sussistere, di norma, pressoché in ogni caso di totale omissione di tenuta della contabilità e, d'altra parte, la sua ritenuta sussistenza, nel caso di specie, appare scarsamente compatibile, sul piano logico, con la mancata incriminazione (per quanto è dato sapere) del ricorrente anche per i reati di bancarotta fraudolenta patrimoniale o preferenziale, quali ravvisabili anche a suo carico (postulandosi la sua qualità di amministratore di fatto) se le ipotizzate condotte distrattive o comunque penalmente rilevanti, al cui occultamento sarebbe stata finalizzata l'omessa tenuta della contabilità, fossero state a lui addebitabili.

L'impugnata sentenza non può quindi che essere annullata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della corte d'appello di Trieste la quale, in assoluta libertà di valutazione degli elementi probatori acquisiti o che ritenesse di dover acquisire, dovrà, tuttavia, ove voglia confermare il precedente giudizio, colmare le segnalate lacune motivazionali.

 

P.Q.M.

 

Annulla la sentenza impugnata con rinvio, per nuovo esame, ad altra sezione della Corte d'appello di Trieste.