Giurisprudenza - CONSIGLIO DI STATO - Sentenza 12 marzo 2015, n. 1288

Istanza di emersione dal lavoro irregolare subordinato

 

Fatto e diritto

 

La ricorrente impugnava davanti al Tar Lombardia, sede di Brescia, il provvedimento emesso dalla Prefettura di Brescia, Sportello Unico per l’Immigrazione, di rigetto della istanza di emersione dal lavoro irregolare subordinato.

Il Tar respingeva il gravame rilevando:

- che la documentazione rassegnata dal ricorrente per attestare la presenza in Italia deve afferire a un periodo ragionevolmente ravvicinato rispetto alla data utile (31.12.2011) indicata dal legislatore;

- che nella fattispecie il passaporto presentato all’amministrazione riportava una data ben anteriore rispetto alla suddetta scadenza, in quanto attestava la presenza in Italia al 30.11.2010, ossia a oltre 1 anno di distanza dal periodo valorizzato ai fini della sanatoria;

- che l’assenza di annotazioni sul predetto documento (timbri in uscita) non poteva considerarsi elemento sufficiente a escludere ulteriori movimenti del soggetto richiedente al di fuori del territorio nazionale;

- che, da ultimo, la certificazione consolare del gennaio 2014 attestava la presenza in Italia della cittadina ucraina in un periodo molto distante dal 31.12.2011;

- che conseguentemente il requisito di legge non poteva ritenersi soddisfatto con l’effetto che il ricorso non risultava meritevole di accoglimento mentre le spese del giudizio potevano essere compensate.

Nell’atto di appello si sostiene la erroneità della sentenza del Tar ribadendosi la esistenza di una dichiarazione del consolato ucraino a Milano attestante che la ricorrente aveva chiesto il rinnovo del passaporto in data 30.11.2010, dunque in data antecedente rispetto a quella del 31.12.2011, richiesta dall’art. 5 del d.lgs. 109 del 16 luglio 2012.

Per l’appellante anche il parere dell’Avvocatura Generale dello Stato diretto al Ministero dell’Interno, depositato in giudizio, forniva una chiave interpretativa utile ritenendo che la documentazione rilasciata da rappresentanze consolari in Italia potesse essere utile al fine di dimostrare la presenza in Italia per il beneficio della emersione.

Nel caso in esame peraltro nessun elemento era stato contrapposto dalla amministrazione per confutare la situazione di fatto rappresentata dalla signora H. né nel passaporto sono rinvenibili timbri di paesi stranieri che potessero fare ipotizzare un allontanamento dall’Italia in un periodo successivo rispetto a quello certificato dal Consolato di Ucraina.

L’amministrazione intimata si è costituita senza presentare memorie.

Alla pubblica udienza del 15.1.2015 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.

L’appello non merita accoglimento.

Il legislatore nel porre l’art. 5 co. 1 del d. lgs. 109/2012 esige espressamente, quale requisito di carattere oggettivo, la presenza stabile del lavoratore irregolare sul territorio nazionale dal 31.12.2011.

Si tratta di norma di carattere eccezionale che non consente interpretazione estensive. D’altro canto la dimostrazione della presenza continuativa e senza interruzioni in Italia è soggetta all’ordinaria regime delle prove.

Nel caso in esame la documentazione prodotta in atti per suffragare la presenza in Italia della ricorrente riporta la data del 30.11.2010, quando il materiale probatorio deve afferire a un periodo ragionevolmente ravvicinato rispetto alla data indicata dal legislatore (31.12.2011) mentre, come anche evidenziato dal Tar, l’assenza di annotazioni sul predetto documento non è elemento sufficiente a escludere ulteriori movimenti del soggetto richiedente al di fuori del territorio nazionale.

Pertanto l’appello va rigettato e la sentenza del Tar deve essere confermata.

Le spese ed onorari del grado attesa la peculiarità e natura della fattispecie possono essere compensati.

 

P.Q.M.

 

Definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.