Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 17 febbraio 2015, n. 3111

Fallimento ed altre procedure concorsuali - Dichiarazione di fallimento - Stato di insolvenza in relazione ad un solo creditore - Sufficienza

 

Ritenuto che, con sentenza del 28-31 gennaio 2008, il Tribunale di Vercelli, a séguito del ricorso della s.a.s. I. di G.A. & C., dichiarò il fallimento della s.r.l. S.O., fondandolo sia sul credito esecutivo vantato dalla ricorrente, pari a € 43.788,22, sia sulla perdita di esercizio, pari a € 75.053,00, risultante dal conto economico della Società al 30 settembre 2007;

- che, a seguito del reclamo della s.r.l. S.O., resistito dal Fallimento della s.r.l. S.O. e dalla s.a.s. I. di G.A. & C., la Corte d'Appello di Torino, con la sentenza n. 774/2008 del 4 giugno 2008, ha rigettato il reclamo;

- che, in particolare, la Corte ha, tra l'altro, affermato che: a) «[....] l'esistenza del credito della I. s.a.s. è sufficientemente accreditata dalla sentenza di primo grado che ha accolto la relativa domanda di condanna della S.O. s.r.l., e benché sia ancora pendente l'impugnazione, va osservato che l'istanza di inibitoria della provvisoria esecutorietà della pronuncia di primo grado è stata respinta»; b) quanto alla pretesa necessità della pluralità di creditori per la dichiarazione di fallimento, «la molteplicità di posizioni creditorie non è sub requisito dello stato di insolvenza, essendo sufficiente per la dichiarazione di fallimento anche un solo debito cui l'imprenditore non sia in grado di far fronte con mezzi normali di pagamento»; c) Ancor più decisiva, ai fini di conclamare lo stato di decozione dell' impresa, è l’azzeramento del capitale sociale verificatosi per perdite generatesi già nell'esercizio del 2005 (pari a € 393. 640,00, a fronte di un capitale sociale di € 90.000,00), e non coperte Tale dato evidenzia un'incapacità di far fronte alle obbligazioni ormai strutturata e irreversibile, tale da non lasciare adito a dubbio alcuno sulla ricorrenza del presupposto oggettivo del fallimento»;

- che avverso tale sentenza la s.r.l. S.O. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura;

- che resiste, con controricorso, la s.a.s. I. di G.A. & C.;

- che il Fallimento della s.r.l. S.O., benché ritualmente intimato, non si è costituito né ha svolto attività difensiva;

- che, all'esito dell'odierna udienza di discussione, il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.

Considerato che, con il primo motivo (con cui deduce: «Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all'art. 5 R.D. 16.3.1942, n. 267, rispettivamente modificati dagli artt. 78 e 80 del D. Lv. n. 5 del 9.1.06, in relazione all'art. 360, c. 1 n. 3, c.p.c.»), la ricorrente critica la sentenza impugnata (cfr., supra, Ritenuto, lettere a e b), ribadendo la necessità della pluralità di creditori per la dichiarazione di fallimento, la circostanza della contestazione anteriore al ricorso della s.a.s. I. di G.A. & C. per il fallimento della s.r.l. Share Office - del credito fatto valere dalla stessa Società I., la disponibilità di un immobile di cospicuo valore, nonché l'assenza di protesti;

- che tale motivo, pur presentando consistenti profili di inammissibilità anche con riguardo al formulato quesito di diritto, è complessivamente infondato;

- che, quanto alla pretesa necessità di una pluralità di creditori istanti per la dichiarazione di fallimento del debitore, tale tesi collide radicalmente con la lettera dell'art. 6, primo comma, della legge fallimentare, che prevede la dichiarazione di fallimento anche a seguito del ricorso di un unico creditore (cfr., ex plurimis, la sentenza delle S. U. n. 1521 del 2013), purché al relativo debito l'imprenditore non sia in grado di far fronte con mezzi normali di pagamento, in tal modo manifestando lo stato di insolvenza dell'impresa;

- che, quanto alla questione se ai fini della dichiarazione di fallimento possa tenersi conto di crediti contestati, è noto che, secondo diritto vivente, in tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, l'art. 6 della legge fall., laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l'altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l'esecutività del titolo, essendo viceversa sufficiente a tal fine un accertamento incidentale da parte del giudice, all'esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell'istante (cfr., ex plurimis, la sentenza delle S. U. n. 1521 del 2013 cit., nonché la sentenza n. 6306 del 2014);

- che al riguardo, nella specie, i Giudici a quibus hanno correttamente proceduto, in conformità con tale principio, all'accertamento sommario del credito fatto valere dalla Società I ai fini della valutazione della solvibilità della debitrice, fondando la delibazione di esistenza del credito sia sulla sentenza di primo grado, che ha accolto la relativa domanda di condanna nei confronti della s.r.l. S.O. sia sulla circostanza che l'istanza di inibitoria della provvisoria esecutorietà della pronuncia di primo grado è stata respinta in sede di impugnazione;

- che tenuto conto del principio, secondo cui il convincimento espresso dal giudice di merito circa la sussistenza dello stato di insolvenza costituisce apprezzamento di fatto, incensurabile in cassazione ove sorretto da motivazione esauriente e giuridicamente corretta (cfr., ex plurimis, la sentenza n. 7252 del 2014).

- tutti gli altri profili di censura dedotti con il motivo in esame sono inammissibili, perché si risolvono in una richiesta di riesame degli accertamenti di fatto e delle valutazioni dei Giudici a quibus espressi con motivazione immune da vizi logici e giuridici;

- che, con il secondo motivo (con cui deduce: «Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto di cui all'art. 2482-bis cod. civ. in relazione all'art. 360, c. 1, n. 3, c.p.c.»), la ricorrente critica per altro verso la sentenza impugnata (cfr., supra, Ritenuto, lettera c) , sostenendo che, contrariamente a quanto affermato dai Giudici quibus, i bilanci degli esercizi 2005 e 2006 si sono chiusi con un utile di esercizio, che le perdite sono risultate inferiori ad un terzo del capitale sociale, e che il debito verso le banche era agevolmente rimborsabile, con la conseguenza che non sussisteva l'affermato stato di insolvenza per le perdite;

- che tale motivo è inammissibile, sia perché la censura non coglie l'effettiva ratio decidendi della sentenza impugnata - che si fonda sulla intervenuta deliberazione sociale di azzeramento del capitale per perdite, quale concorrente sintomo idoneo a «conclamare lo stato di decozione dell'impresa» e «un'incapacità di far fronte alle obbligazioni ormai strutturata e irreversibile, tale da non lasciare adito a dubbio alcuno sulla ricorrenza del presupposto oggettivo del fallimento» a -, sia perché il quesito di diritto è formulato in termini di puro merito;

- che le spese seguono la soccombenza nei confronti della la s.a.s. I. di G.A. & C. e vengono liquidate nel dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese nei confronti della la s.a.s. I. di G.A. & C., che liquida in complessivi € 8.200,00, ivi compresi € 200,00 per esborsi, oltre le spese forfetarie e gli accessori come per legge.