Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 20 aprile 2016, n. 7976
Comuni montani - Esenzione contributiva totale - Abrogazione
Svolgimento del processo
La Corte di Appello di Firenze, riformando le sentenze del Tribunale di Siena, accoglieva le domande proposte dalla società A.F. servizi srl e dalla società A.F. S.p.A. nei confronti dell'INPS dirette ad ottenere il diritto a ripetere, nei confronti del convenuto istituto, le somme versate a titolo di contributi, per la quota parte datoriale in relazione al proprio personale operaio dipendente e tanto in ragione dell'esenzione totale ex art. 8 della L. n. 991 del 1952 secondo il quale l'esenzione dei contributi unificati in agricoltura andava estesa ai territori montani.
A base del decisum la Corte del merito poneva il rilievo fondante secondo il quale l'art. 8 della L. n. 991 del 1952 non poteva ritenersi abrogato con l'introduzione dell'art. 9, comma 5°, della L. n. 67 del 1988 e tanto anche perché il d.lvo n. 179 del 2009 comprendeva tra le norme in vigore proprio il citato art. 8 della L. n. 991 del 1952.
Avverso questa sentenza l'INPS ricorre in cassazione sulla base di quattro censure.
Resistono con separati controricorsi, precisati da memoria, le società intimate.
Motivi della decisione
Preliminarmente va affrontata l'eccezione d'inammissibilità del ricorso sollevata dalla società A.F. servizi srl in ragione, tra l'altro, del decorso del termine di cui all'art. 327 cpc così come modificato dall'art. 46, comma 17, della L. 18 giugno 2009 n. 69.
L'eccezione è fondata.
Premesso che la sentenza risulta emessa anche nei confronti della società A.F. S.p.A. come da ordinanza di correzione di errore materiale della Corte di Appello di Firenze, rileva il Collegio che l'eccezione è fondata in quanto, trattandosi di giudizio instaurato nel 2011, trova applicazione ratione temporis l'art. 327 cpc così come modificato dall'art. 46, comma 17, della L. 18 giugno 2009 n. 69. Conseguentemente va dichiarata l'inammissibilità del ricorso dell'INPS proposto nei confronti della società A.F. servizi srl la cui notifica è stata richiesta in data 14 novembre 2014 e, quindi, oltre il termine di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza avvenuta in data 29 aprile 2014.
Tanto precisato e passando all'esame del ricorso proposto nei confronti della società A.F. S.p.A. rileva il Collegio che l'INPS con il primo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 15 preleggi, in connessione con la L. 25 luglio 1952 n. 991, art. 8 e con la L. 11 marzo 1988 n. 67, art. 9 e successive modificazioni e integrazioni nonché del d.lvo 1 dicembre 2009 n. 179, sostiene che, con riferimento al periodo contributivo di cui si tratta, non è applicabile lo sgravio contributivo totale (previsto dalla L. n. 991 del 1952, art. 8) per i datori di lavoro che operano in territori montani e tanto in conseguenza dell'abrogazione dell’art. 8 cit., da parte della legge n. 67 del 1988.
La censura è alla stregua di specifico precedente di questa Corte, cui va data continuità giuridica in mancanza di valide ragioni giuridiche per discostarsene, fondata.
Infatti questa Corte nell'affrontare la tematica dell'avvenuta o meno abrogazione del citato art. 8 della legge n. 991 del 1952 ha affermato che in tema di agevolazioni e benefici contributivi previsti per le imprese e i datori di lavoro aventi sede ed operanti nei comuni montani, l’art. 8 della legge 25 luglio 1952, n. 991 - già implicitamente abrogato per la parte relativa alle agevolazioni fiscali prima dagli artt. 58 e 68 del d.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645 e, poi, dall'art. 9 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, e non più richiamato dal legislatore, per quel che riguarda i benefici contributivi in favore delle zone montane, a partire dalla legge 11 marzo 1988, n. 67, che ha fatto riferimento solo alla definizione di territori montani contenuta nell'art. 9 del d.P.R. 601 del 1973;
- deve considerarsi implicitamente abrogato, tanto più che la previsione di un regime generalizzato di totale esenzione contributiva è stato abbandonato dal legislatore a partire dalla citata legge n. 67 del 1988; conseguentemente, in conformità all'art. 1, comma 3, lett, d), del d.lgs. 1 dicembre 2009, n. 179, il suddetto art. 8 non poteva essere incluso, atteso il carattere meramente ricognitivo dell'intervento legislativo, fra le norme "salvate" dal d.lgs. 179 e la ricomprensione nell'Allegato 1 - voce n. 1266 della legge n. 991 del 1952 tra le disposizioni specificamente indicate da "mantenere in vigore" si deve considerare tamquam non esset sulla base di una interpretazione rispettosa dell'art. 15 preleggi e costituzionalmente orientata, nel senso della coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento (art. 3 Cost.), del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge delega (art. 76 Cost.), e alla luce anche dell'art. 44, secondo comma, Cost.(Cass. 22 agosto 2013 n. 19420).
Senza dovere ripercorre in questa sede il complesso iter argomentativo svolto da questa Corte nella richiamata sentenza alla cui motivazione si rinvia, è sufficiente rimarcare, come sottolineato nella citata sentenza, che "la questione che la presente controversia impone di risolvere riguarda principalmente la definizione di "territori montani" da applicare nella specie e, quindi, se tale definizione debba essere ricavata dalla L. n. 991 del 1952, art. 8 (come sostenuto dalla V., onde ottenere il riconoscimento del diritto allo sgravio contributivo totale) ovvero dalla L. n. 67 del 1988, art. 9, comma 5, (come sostenuto dall'Istituto ricorrente, al fine dell'applicazione dello sgravio contributivo solo parziale).
La soluzione della suddetta questione implica, ovviamente, quella relativa all’efficacia del D.Lgs. n. 179 del 2009, nella parte, in cui ha operato il "salvataggio" della L. n. 991 del 1952, art. 8.
7. - A tale ultimo riguardo deve essere, in primo luogo, precisato che, come affermata dalla Corte costituzionale, il D.Lgs. n. 179 del 2009 "proprio in ragione della sua funzione meramente ricognitiva ... appare sprovvisto di una propria e autonoma forza precettiva o, se si preferisce, di quel carattere innovativo che si suole considerare proprio degli atti normativi: non è dubbio, infatti, che, nell'individuare le disposizioni da mantenere in vigore, esso non ridetermini né in alcun modo corregga le relative discipline, limitandosi a confermare, peraltro indirettamente - attraverso, cioè, la mera individuazione di atti da "salvare" -, la persistente e immutata loro efficacia". Ciò significa che con l'entrata in vigore, il 15 dicembre 2009, del D.Lgs. n. 179 del 2009, non si è determinata la "reintroduzione" o la "reviviscenza" nell'ordinamento delle norme "salvate", ma si è semplicemente "consentito di vederne confermata la vigenza, sull'ovvio presupposto ... che esso non l'avesse perduta e che perciò, altrettanto evidentemente, non avesse necessità di riacquistarla". Tale perdita di vigenza, dal testo della relativa delega (L. 28 novembre 2005, n. 246, art. 14, commi 14 e seguenti, quale risultante dalla sostituzione ad opera della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 4, comma 1, lett. a)), si desume che possa essere rappresentata anche dalla tacita o implicita abrogazione ovvero dal trattarsi di norme "comunque obsolete" (Corte cost. sentenza n., 346 del 2010 e nello stesso senso, sentenza n. 80 del 2012).
Del resto, l'art. 14, comma 14, cit., ha indicato, tra i principi e criteri direttivi della delega per l'emanazione di "decreti legislativi che individuano le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1 gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, delle quali si ritiene indispensabile la permanenza in vigore", per primi, i seguenti principi: "a) esclusione delle disposizioni oggetto di abrogazione tacita o implicita; b) esclusione delle disposizioni che abbiano esaurito la loro funzione o siano prive di effettivo contenuto normativo o siano comunque obsolete".
Inoltre, nel D.Lgs. n. 179 cit., art. 1, comma 3, lett. d, si precisa che "permanenza in vigore" deve essere stabilita anche ai sensi dell’art. 15 delle disposizioni preliminari al codice civile. Tale ultima disposizione, com'è noto, disciplina l’abrogazione delle leggi, espressa o tacita "per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti o perché la nuova legge regola l'intera materia già regolata dalla legge anteriore".
8. - Dalla descritta evoluzione normativa si desume che la L. n. 991 del 1952, art. 8 non può che rientrare tra le disposizioni tacitamente o implicitamente abrogate ovvero tra le disposizioni che, al momento dell'emanazione del D.Lgs. n. 179 del 2009, avevano esaurito la loro funzione o erano comunque obsolete, sicché non potendo esso essere incluso, in base alla legge di delegai fra le norme "salvate", la relativa ricomprensione al suddetto fine nell'Allegato 1 - voce - n. 1266 tra le disposizioni, specificamente indicate, della L. n. 991 del 1952 si deve considerare tamquam non esset, frutto di un lapsus calami, sulla base di una interpretazione rispettosa dell'art. 15 preleggi e costituzionalmente orientata, nel senso della coerenza e ragionevolezza dell'ordinamento (art. 3 Cost.), del rispetto dei principi e criteri direttivi della legge di delega (art. 76 Cost.), alla luce anche dell'art. 44 Cost., comma 2. A tale conclusione conducono numerosi elementi, desumibili dal riportato excursus normativo: a) la L. n. 991 del 1952, art. 8 aveva un duplice contenuto perché per le zone montane prevedeva sia agevolazioni fiscali sia, per la prima volta, l'esenzione dal pagamento dei contributi agricoli unificati, tuttavia, mentre per le agevolazioni fiscali (attraverso il suddetto richiamo al D.Lgs. C.P.S. n. 12 del 1947 e combinandosi con la stessa L. n. 991 cit., art. 1) adottava un criterio di identificazione dei territori montani non legato soltanto all'altimetria, per l’esenzione contributiva adottò, invece, il rigido criterio della applicabilità ai soli "terreni situati a quota non inferiore ai 700 metri s.l.m.";
b) il D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, artt. 58 e 68 hanno previsto ima nuova normativa, per guanto riguarda le esenzioni fiscali dei terreni montani, e l'imposta sul reddito dominicale dei terreni, diversa da quella dettata dalla L. n. 991 del 1952, art. 8, così tacitamente abrogando il suddetto art. 8, per la parte relativa alle agevolazioni fiscali ivi contemplate (come affermato da Cass. 12 novembre 1977, n. 4909);
c) sulla parte "residua" dell'art. 8 è intervenuta la Corte costituzionale, con la sentenza n. 370 del 1985, dichiarandone l’illegittimità (unitamente a quella del D.L. 23 dicembre 1977, n. 942 cit., artt. 7 e 8) per inadeguatezza dell'adozione del solo criterio altimetrico per la determinazione del regime contributivo da applicare nelle zone montane; d) la L. 3 dicembre 1971, n. 1102, istituì le Comunità montane, adottando criteri identici a quelli previsti in precedenza per la qualificazione dei territori montani e stabilendo (art. 12, comma 5) che "le agevolazioni fiscali di cui alla L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 8, sono estese all'intero territorio montano"; e) intanto, ai fini fiscali, una nuova definizione di territori montani comprensiva e più ampia delle precedenti veniva dettata dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601, art. 9; f) a partire dalla L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 9, ai fini delle agevolazioni contributive - normalmente parziali - in favore dei datori di lavoro agricolo operanti nei territori montani si è generalmente fatto riferimento al D.P.R. n. 601 del 1973, suddetto art. 9 (vedi retro n. 28 dell'excursus normativo); g) la L. n. 142 del 1990, artt. 28 e 29 successivamente abrogati dal D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, abrogarono, fra l'altro: a) la L. 25 luglio 1952, n. 991, art. 1, come sostituito dall'art. unico della L. 30 luglio 1957, n. 657 (che prevedeva il potere di classificazione dei territori montani della Commissione censuaria nazionale operante presso il Ministero delle Finanze) e la citata L. n. 991 del 1952, art. 14, comma 2; b) la L. 3 dicembre 1971, n. 1102, artt. 3, 4, 5 e 7; h) la L. 31 gennaio 1994, n. 97 (nel testo risultante dalle modifiche introdotte dalla L. 25 dicembre 1995, n. 213, art. 1) ha previsto un esonero previdenziale totale per le assunzioni a tempo parziale da parte delle imprese e dei datori di lavoro "aventi sedi ed operanti nei comuni montani", da intendere come "comuni facenti parte di comunità montane" se ridelimitate ovvero "comuni interamente montani classificati tali ai sensi della L. 3 dicembre 1971, n. 1102, e successive modificazioni" in mancanza della ridelimitazione; i) tale ultimo richiamo, contenuto nella L. n. 97 cit., alla L. n. 1102 cit. non può essere inteso come un indiretto rinvio alla definizione di terreni montani contenuta nella L. n. 991 del 1952 in quanto, nella L. n. 1102 cit., il richiamo a quest'ultima definizione era contemplato dall'art. 3, già abrogato, insieme con la L. n. 1102 cit., artt. 4, 5 e 7 dalla L. n. 142 del 1990; del resto anche Cass. 17 luglio 2007, n. 15907 ha sottolineato come la L. n. 142 del 1990, art. 29 abbia espressamente abrogato le "precedenti disposizioni della normativa del 1952 e 1971 concernenti, la individuazione e la classificazione dei comuni montani"; 1) dopo la riforma del Titolo della Parte seconda della Costituzione la Corte costituzionale ha reiteratamente affermato (vedi: nelle sentenze n. 244 e n. 456 del 2005; n. 397 del 2006; 237 del 2009) che la disciplina delle comunità montane, pur in presenza della loro qualificazione come enti locali contenuta nel D.Lgs. n. 267 del 2000, rientra nella competenza legislativa residuale delle Regioni ai sensi dell'art. 117 Cost., comma 4, e comprende anche l'individuazione degli indicatori da cui desumere il carattere "montano" della Comunità, in un rapporto di complementarità, rispetto a quelli risultanti dalla normativa statale, i quali comunque "non rilevano in ordine ai benefici e agli interventi speciali per la montagna stabiliti dall’Unione Europea e dalle leggi statali e regionali".
9. - Ne deriva che l'art. 8 in argomento - già implicitamente abrogato per la parte relativa alle agevolazioni fiscali prima dal D.P.R. n. 645 del 1958, artt. 58 e 68 e poi dal D.P.R. n. 601 del 1973, art. 9 - colpito, per la parte relativa ai benefici contributivi, dalla sentenza di accoglimento della Corte costituzionale n. 370 del 1985, coinvolto sia pure indirettamente nell'abrogazione della L. n. 1102 del 1971, art. 3 ad opera della L. n. 142 del 1990, art. 29, non più richiamato dal legislatore, per quel che riguarda i benefici contributivi in favore delle zone montane, a partire dalla L. n. 67 del 1988 (essendosi fatto normalmente riferimento alla definizione di territori montani contenuta nel D.P.R. n. 601 del 1973, art. 9), non può che considerarsi implicitamente abrogato, tanto più che esso prevede un regime di totale esenzione contributiva che - come criterio generalizzato da applicare ai territori montani - risulta essere stato abbandonato dal legislatore, a partire dalla L. n. 67 del 1988 cit.".
Nell'esaminato motivo rimangono assorbiti gli altri articolati in via subordinata relativi rispettivamente alla scelta dello sgravio contributivo di cui usufruire ed alla non debenza della svalutazione monetaria.
In conclusione il ricorso proposto nei confronti dalla società A.F. servizi srl va dichiarato inammissibile e le relative spese del presente giudizio vanno compensate in considerazione della novità della questione di rito dandosi atto della sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012 per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
Il primo motivo del ricorso proposto nei confronti della società A.F. S.p.A. va accolto e gli altri motivi dichiarati assorbiti con conseguente annullamento della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decisione nel merito con rigetto dell'originaria domanda della società A.F. S.p.A. e compensazione delle spese dell'intero processo tenuto conto del contrastante orientamento espresso dai giudici del merito, dandosi atto della non sussistenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012 per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso proposto nei confronti della società A.F. servizi srl e dichiara compensate le spese del giudizio di legittimità, dichiarando, altresì, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012 la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso..
Accoglie il primo motivo del ricorso proposto nei confronti della società A.F. S.p.A. e dichiarati assorbiti gli altri motivi, cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata e decidendo nel merito rigetta la domanda della società A.F. S.p.A. con compensazione delle spese dell'intero processo. Ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall'art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012 si dichiara la non sussistenza, per questo ricorso, dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.