Contestazione disciplinare "copia e incolla" della relazione ispettiva: il licenziamento è illegittimo

5 ott 2022 La contestazione dell'addebito deve essere specifica, nel senso che deve contenere l'esposizione puntuale delle circostanze essenziali del fatto ascritto al lavoratore, al fine di consentire a quest'ultimo il pieno esercizio del suo diritto di difesa (Corte di Cassazione, Ordinanza 30 settembre 2022, n. 28502).

Il caso

La Corte di appello di Napoli annullava il licenziamento intimato dalla Banca nei confronti del direttore di una filiale, con conseguente reintegra nel posto di lavoro e pagamento dell’ indennità risarcitoria.

Il recesso, nel caso di specie, era stato intimato, a seguito di contestazione disciplinare avente ad oggetto una serie di irregolarità, riscontrate da una relazione ispettiva sulla anomala operatività della filiale, costituite da: omessa segnalazione di numerose operazioni sospette, compiute dai clienti della Banca, in contrasto con la normativa antiriciclaggio; cambio di assegni in contrasto con le prescrizioni della vigente normativa; concessione di reiterati sconfinamenti per addebiti diversi e rivolti ad addebitare assegni bancari tornati insoluti; mancato riesame di una posizione con importanti anomalie.

A fondamento della decisione la Corte territoriale, premesso che la contestazione disciplinare appariva oscura ed ambigua in alcuni punti, senza che vi fosse una chiara indicazione del comportamento richiesto al lavoratore, rilevava che il datore di lavoro non aveva dimostrato il giustificato motivo soggettivo, cioè il notevole inadempimento da parte dello stesso direttore, con conseguente non assolvimento dell'onere probatorio previsto dall'art. 5 L. n. 604/1966.
Secondo la ricostruzione dei giudici di merito, inoltre, la lunghissima contestazione disciplinare era in larga parte frutto di frettoloso "copia-incolla" della relazione di ispezione, come si evinceva dalla lettura comparata della nota di servizio AUDIT sull'anomala operatività presso la filiale e la contestazione disciplinare, in gran parte identiche.
Avverso la decisione di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione la Banca.

La decisione della Corte

La Suprema Corte ha ritenuto inammissibili le doglianze dell’istituto di credito, ricordando il consolidato orientamento secondo cui la contestazione dell'addebito deve essere specifica, nel senso che deve contenere l'esposizione puntuale delle circostanze essenziali del fatto ascritto al lavoratore, al fine di consentire a quest'ultimo il pieno esercizio del suo diritto di difesa.
La verifica della specificità degli addebiti contestati al lavoratore è rimessa al giudice di merito, il cui apprezzamento è incensurabile in sede di legittimità se congruamente e correttamente motivato.
Ebbene, a giudizio del Collegio, tanto era avvenuto nel caso in esame.

Pertanto doveva ritenersi che i motivi di ricorso proposti dalla Banca tendessero ad un’ inammissibile rivalutazione delle prove e ad una diversa ricostruzione della vicenda, attività non consentite in sede di legittimità.

Ciò posto, i Giudici di legittimità hanno fatto proprie le conclusioni della Corte territoriale, la quale, con adeguata e logica motivazione, esente dai vizi ex art. 360 n. 5 cpc, aveva sottolineato, attraverso un esame accurato della documentazione e delle risultanze istruttorie, che era evidente la mancanza di prova sulla illiceità dei fatti e sulla ricorrenza del notevole inadempimento, in capo al lavoratore, tale da radicare legittimamente il giustificato motivo soggettivo, essendo la Banca venuta meno all'onere di dimostrare la sussistenza dei fatti nel loro rilievo illecito.