Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Ordinanza 29 settembre 2025, n. 26354

Indennità di accompagnamento - Decorrenza del diritto - CTU - Omesso esame - Soccombenza - Accoglimento

 

Rilevato che

 

R. D.R. impugna la sentenza n. 2006/2022 del Tribunale di Napoli Nord pronunciata in sede di opposizione ad A. ex art. 445-bis, comma 6, cod. proc. civ. - in causa intercorrente tra la stessa ed altri cinque ricorrenti, eredi di S. A., ed INPS - che ha respinto il ricorso volto al riconoscimento di una diversa decorrenza del diritto all’indennità di accompagnamento ed ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite, mantenendo ferme le risultanze dell’ATP.

Propone tre motivi di censura, illustrati da memoria.

Resiste INPS con controricorso, illustrato da memoria, chiedendo il rigetto del ricorso.

Si sono costituiti gli altri originari ricorrenti, S. N. e S. F., con un controricorso, S. T., S. M. R. e S. L. con un distinto controricorso, ed hanno aderito al terzo motivo di ricorso, depositando altresì memoria.

Chiamata la causa all’adunanza camerale del 18 settembre 2025, il Collegio ha riservato il deposito della ordinanza nel termine di sessanta giorni.

 

Considerato che

 

R. D.R. censura la sentenza per tre motivi, così rubricati.

I) Omesso esame di un fatto decisivo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., dell’art. 1 della legge n. 18/1980, dell’art. 1 della legge n. 508/1988 nonché degli artt. 445bis, 115 e 116 cod. proc. civ. e 38 Cost.

II) Violazione e falsa applicazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., dell’art. 1 della legge n. 18/1980, dell’art. 1 della legge n. 508/1988, del d.lgs. n. 509/1988, degli artt. 445 bis, 115 e 116 cod. proc. civ. e 38 Cost.

III) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ., 445 bis cod. proc. civ., 24 e 111 Cost. perché il Tribunale ha posto le spese di lite a carico della parte che era vittoriosa, avendo il CTU riconosciuto le condizioni sanitarie per l’indennità di accompagnamento sia pure da data successiva alla domanda amministrava.

I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili perché tendono a contestare le risultanze della CTU senza denunciare una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico legale, costituendo, in realtà, un mero dissenso diagnostico.

Il Tribunale ha così motivato: le ragioni di contestazione alle conclusioni del CTU debbono essere specifiche e nella specie consistono nella critica alla relazione nella parte in cui non riconosceva la decorrenza dalla domanda; sul punto sono stati chiesti chiarimenti al perito, anche alla luce della documentazione depositata in sede di opposizione; il consulente ha ribadito, “all’esito di una accurata indagine peritale e alla luce di argomentazioni scrupolose ed esaustive… la parte ha diritto al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento a far data dal mese di giugno 2017, valutando tutta la documentazione in atti”; le censure dell’opponente consistono in argomentazioni fondate su una diversa valutazione della condizione clinica accertata.

A fronte di ciò, le doglianze si traducono nel lamentare non un errore diagnostico o la mancata valutazione di patologie esistenti bensì il fatto che il quadro clinico sarebbe stato sottostimato dal CTU, di tal chè finiscono per tradursi in una mera contrapposizione valutativa dei fatti accertati, in un mero dissenso diagnostico in ordine alla valutazione dell’incidenza funzionale delle patologie, richiedendo, quindi, alla Corte di legittimità una valutazione non consentita in questa sede: come, ex multis, ribadisce Cass. n. 4517/2022, «nel giudizio in materia d'invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d'ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell'omissione degli accertamenti strumentali dai  quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un'inammissibile critica del convincimento del giudice».

Il primo motivo non indica, poi, quale sarebbe il fatto decisivo il cui esame sarebbe stato omesso: sul punto, giurisprudenza di legittimità uniforme afferma che - come ex multis Cass. n. 21672/2018 - «nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il "fatto storico", il cui esame sia stato omesso, il "dato", testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il "come" e il "quando" tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua "decisività", fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie».

Laddove l’omesso esame riguardasse la documentazione medica, si osserva che sul punto il CTU era stato chiamato a chiarimenti ed ha risposto, secondo quanto riportato nello stesso ricorso a pag. 19.

Non è stata denunciata una violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. nei termini rigorosi delineati dalla giurisprudenza di questa Corte, poiché il Tribunale non ha attinto elementi di riscontro da prove non introdotte dalle parti e assunte d’ufficio al di fuori dei casi che il codice di rito contempla.

Inoltre, la violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. è configurabile solo allorché il giudice apprezzi liberamente una prova legale, oppure si ritenga vincolato da una prova liberamente apprezzabile (Cass. n. 27301/2024, Cass. Sez. Un. n. 11892/2016), situazioni queste non sussistenti nel caso in esame.

Il terzo motivo, che investe la regolamentazione delle spese, è, viceversa, fondato.

Il Tribunale ha respinto il ricorso in opposizione, nel contempo confermando le risultanze della fase sommaria, in esito alla quale la sussistenza del requisito sanitario necessario ai fini della provvidenza richiesta era stato riconosciuto, con una decorrenza - dal giugno 2017 - ritenuta incongrua dall’interessato. Consequenzialmente al rigetto, ha, quindi, condannato parte ricorrente al pagamento delle spese di lite, in mancanza di dichiarazione ex art. 152 disp. att. cod. proc. civ. riferibile agli eredi, così violando il principio che vieta di porre a carico della parte, pur solo parzialmente vittoriosa, il pagamento delle spese processuali (Cass., Sez. Un., 31 ottobre 2022, n. 32061).

Va ricordato che, secondo giurisprudenza di legittimità uniforme, «il giudice dell’opposizione investito dell’accertamento sanitario riferito a tutte le pretese azionate, avrebbe dovuto verificare se sussisteva o meno una reciproca soccombenza tra l’Istituto previdenziale e il richiedente, ai fini della liquidazione delle spese, che si debbono riferire sempre, all’esito finale del giudizio di merito (Cass. 30095/2023, Cass. Sez. Un. n. 32906/2022; Cass. n. 9448/2023). Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di spese processuali, l'accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un'unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall'art. 92, comma 2, c.p.c.” (Cass. n. 32061/2022)» (Cass. n. 30564/2024), come accaduto nella specie, ove si era di fronte a domanda unica.

Il terzo motivo di ricorso va, quindi, accolto, rigettati i primi due, la sentenza va cassata in relazione ad esso e la causa va rinviata al Tribunale di Napoli Nord in persona di diverso magistrato, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettati i primi due, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia al Tribunale di Napoli Nord, in persona di diverso magistrato, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.