Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 30 maggio 2016, n. 11131

Accertamento ispettivo - Contestazioni - Legittimità del beneficio contributivo - Dimostrazione dell'esatto adempimento

 

Svolgimento del processo

 

1. Con sentenza depositata il 4 maggio 2009 la Corte d’appello di Firenze ha parzialmente confermato la decisione del giudice di primo grado che, decidendo su opposizione a cartella esattoriale con la quale Equitalia s.p.a., in qualità di agente per la riscossione, aveva intimato a N. s.p.a. di pagare all’Inps la somma di € 68.794,42 a titolo di contributi e sanzioni, aveva ritenuto fondate le irregolarità rilevate dagli ispettori dell’istituto a seguito di un accertamento ispettivo effettuato in data 26/5/2000, limitatamente al periodo 1995-1996, accogliendo l'opposizione con riguardo alle contestazioni relative al mese di agosto 2000 e ritenendo fondata nel resto la pretesa contributiva. La Corte rilevava in primo luogo che, a fronte della precise contestazioni contenute nel verbale ispettivo, l'azienda si era limitata a una difesa non specifica, riproponendo anche in sede di appello generici motivi di gravame. Poneva a fondamento della decisione, inoltre, il rilievo in forza del quale, riguardando l'opposizione non la legittimità della pretesa contributiva, ma la legittimità del beneficio contributivo invocato in relazione alla pretesa della società ricorrente di avere legittimamente accesso ai benefici spettanti in caso di trasferta o di rimborso per spese di viaggio, doveva ritenersi gravare sulla N. s.p.a., in qualità di debitore, la dimostrazione dell'avvenuto esatto adempimento.

Concludeva affermando che, poiché la società non aveva fornito la prova della conformità alle norme di legge delle trasferte effettuate, ne risultava la fondatezza della pretesa contributiva. Riteneva sussistente, altresì, il credito contributivo relativo all'anno 2000, in mancanza di specifica contestazione sul punto.

3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cessazione la N. s.p.a sulla base di due motivi. L'Inps ha presentato delega in calce al ricorso notificato.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c.(art. 360 n. 4 c.p.c.). Osserva che in sede di ricorso in opposizione era stato rilevato che nel verbale di accertamento vi era "un grave salto logico tra le singole infrazioni evidenziate e i contributi, nonché le sanzioni complessivamente ingiunti. Non è stato possibile riempire tale salto logico attraverso le spiegazioni degli uffici dell'Istituto, spiegazioni più volte richieste e mai fornite, né attraverso tentativi di ricostruzione dei fatti dall'azienda. In realtà vengono richieste somme notevolissime moltiplicando per tutti i dipendenti infrazioni evidenziate solo per uno o due degli stessi, con un procedimento induttivo che non può trovare accettazione nel nostro ordinamento". Osserva che il Tribunale aveva rigettato l'opposizione sul rilievo che la N. s.p.a., a fronte delle precise contestazioni contenute nel verbale ispettivo, aveva "assunto una difesa troppo generica, eccependo in modo apodittico di non aver commesso alcuna irregolarità e senza dimostrare l'erroneità degli accertamenti ispettivi". Non avendo il Tribunale preso nella debita considerazione l’eccezione, la questione era sta riproposta come specifico motivo di impugnazione.

Tale motivo, però, era stato totalmente ignorato dalla Corte d’appello, che aveva respinto l’impugnazione sulla base di un rilievo non pertinente.

1.2. Preliminarmente, per quanto può desumersi dallo stralcio dell'atto di appello riportato a pagina 23 del ricorso (dove si legge: il punto focale della controversia è proprio nell'individuazione del soggetto sul quale incombe l'onere della prova e nel fatto che tale onere non è stato in alcun modo soddisfatto dall'istituto), risulta che la questione è stata posta in termini di censura alla statuizione di primo grado in punto di ripartizione dell'onere della prova.

Sul punto la Corte d'appello ha fornito una risposta, enunciando la duplice ratio decidendi come sopra esposta. Ne consegue che erroneamente è stata denunciata l'omessa considerazione della questione in termini di error in procedendo, quale violazione dell'art. 112 c.p.c., avuto riguardo alla connotazione del suddetto vizio, nei termini enunciati dalla giurisprudenza di legittimità (così Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7268 del 11/05/2012, Rv. 622422 :II rapporto tra le istanze delle parti e la pronuncia del giudice, agli effetti dell'art. 112, cod. proc. civ., può dare luogo a due diversi tipi di vizi: se il giudice omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un'eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per "error in procedendo", censurabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360, n. 4, cod. proc. civ.; se, invece, il giudice si pronuncia sulla domanda o sull'eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell'ambito di quella domanda o di quell'eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile In Cessazione ai sensi dell'art. 360, n. 5, cod. proc. civ. L'erronea sussunzione nell'uno piuttosto che nell'altro motivo di ricorso del vizio che il ricorrente intende far valere in sede di legittimità, comporta l'inammissibilità del ricorso").

2. Deduce ancora la ricorrente "omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio in ordine all'inesistenza, sia nel verbale ispettivo che nella sentenza del Tribunale ("che ha elencato le circostanze fattuali evidenziate dagli ispettori") di un qualunque elemento che consenta di evincere, con riferimento al periodo per cui è causa, quali sarebbero e in che modo siano state accertate, le somme erogate da N. ai dipendenti, costituenti la base imponibile della pretesa dell'INPS (art. 360 n. 5 c.p.c.)".

2.2. Con la doglianza la società si limita nella sostanza a ribadire che né dal verbale ispettivo, né dalla sentenza di primo grado emergono i dati sulla cui base l'INPS ha accertato e determinato, con riferimento a ciascuna infrazione, la base imponibile della pretesa contributiva avanzata. La censura, pertanto, non investe la statuizione di genericità dell'opposizione contenuta nella sentenza di primo grado, sostanzialmente non censurata in appello per quanto enunciato sub 1.1. Essa, inoltre, non risulta pertinente rispetto alla duplice ratio posta a fondamento della decisione, comunque inerente agli oneri probatori gravanti sulle parti, rimasta non censurata sotto il profilo della violazione di legge, nei termini di cui all’art. 360 n. 3 c.p.c.

6. In base alle svolte argomentazioni il ricorso va rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

Nulla nei confronti delle dette parti intimate.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore dell’Inps, liquidate in € 1.500,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.