Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 21 settembre 2020, n. 19683

Cassa di Previdenza e Assistenza Forense - Prescrizione della totalità dei contributi richiesti - Domanda di garanzia impropria - Chiamata in causa diretta a riversare sul terzo gli effetti della domanda dell'attore sulla base di un titolo distinto da quello dedotto in giudizio dall'attore

 

Fatti di causa

 

Con sentenza depositata il 19.8.2013, la Corte d'appello di Bologna, in riforma della pronuncia di primo grado, ha dichiarato prescritti tutti i crediti vantati dalla Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense nei confronti di M.G.V. e, in accoglimento della domanda riconvenzionale già spiegata dalla Cassa in prime cure (e riproposta in appello), ha condannato E. s.p.a. a risarcire alla Cassa i danni patiti in misura pari alla totalità delle somme prescritte.

La Corte, in particolare, ha ritenuto che la prescrizione avesse decorrenza diversa da quella ritenuta dal primo giudice, che aveva accolto solo in parte l'opposizione proposta da M.G.V. nei confronti della Cassa, condannando prò tanto la società concessionaria dei servizi di riscossione a risarcire i danni cagionati alla Cassa dalla propria inerzia e, avendo accertato la prescrizione della totalità dei contributi richiesti, ha conseguentemente esteso il condannatorio a carico della concessionaria.

Avverso tali statuizioni E. Centro s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, deducendo due motivi di censura. La Cassa Nazionale di Previdenza e Assistenza Forense ha resistito con controricorso, poi ulteriormente illustrato con memoria. M.G.V. non ha svolto in questa sede attività difensiva.

 

Ragioni della decisione

 

Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 346 c.p.c. in relazione all'art. 343 c.p.c., per avere la Corte di merito ritenuto che, pur in assenza di un appello incidentale della Cassa Forense, la sentenza di primo grado potesse essere riformata anche nella parte in cui aveva condannato E. s.p.a. a risarcire alla Cassa medesima i danni in misura pari ai crediti prescritti, che erano stati accertati in prime cure in misura inferiore a quanto poi ritenuto in grado d'appello.

Con il secondo motivo, la ricorrente, per il caso in cui nella memoria di costituzione in appello fosse ravvisabile un appello incidentale, lamenta violazione dell'art. 436 c.p.c. per aver la Corte territoriale ritenuto procedibile il gravame ancorché non notificato.

Ciò posto, il primo motivo è infondato.

Va premesso, al riguardo, che può senz'altro convenirsi con il rilievo di parte ricorrente secondo cui la domanda riconvenzionale formulata dalla Cassa Forense in primo grado e avente ad oggetto la condanna di E. a risarcirle i danni che le fossero derivati dall'eventuale dichiarazione di prescrizione dei crediti fatti valere nei confronti dell'odierna intimata costituisce una domanda di garanzia impropria: trattasi infatti di chiamata in causa diretta a riversare sul terzo gli effetti della domanda dell'attore sulla base ad un titolo distinto, autonomo ed indipendente da quello principale e non già in base al medesimo titolo dedotto in giudizio dall'attore (v. in questo senso già Cass. S.U. n. 157 del 1976; più recentemente, Cass. n. 13178 del 2006).

Non può invece convenirsi con parte ricorrente là dove pretende di derivare dalla qualificazione della sua chiamata in giudizio in termini di garanzia impropria un onere della Cassa di proporre appello incidentale quale condizione necessaria per ottenere che la statuizione di riforma sulla causa principale si estendesse anche all'oggetto della garanzia: si tratta infatti di un assunto che, benché sostenuto in passato da una parte della giurisprudenza di questa Corte, sul rilievo che, pretendendo logicamente il garantito la riforma (e non la conferma) della sentenza di primo grado, non sarebbe stata all'uopo sufficiente la mera riproposizione della domanda ex art. 346 c.p.c. (v. in tal senso Cass. nn. 2992 del 1995, 2061 del 2004, 15107 del 2013), risulta ormai superato in favore dell'orientamento secondo cui l'appellato che miri all'accoglimento della propria domanda nei confronti del chiamato in garanzia, per l'ipotesi in cui venga accolta la domanda principale proposta nei suoi confronti dall'attore rimasto soccombente in primo grado, non deve proporre appello incidentale condizionato, essendo sufficiente la riproposizione, ex art. 346 c.p.c., della domanda non esaminata dal primo giudice per essere stata respinta la domanda principale: e ciò sul troncante rilievo per cui la parte vittoriosa in primo grado non ha motivo di dolersi dell'impugnata sentenza né dispone di elementi sui quali fondare le proprie censure, onde non può che limitarsi, per superare la presunzione di rinunzia, a riproporre la domanda di garanzia non esaminata, ancorché il rapporto dedotto in giudizio con l'appello principale sia diverso da quello concernente la domanda proposta nei confronti dei chiamati in causa (così già Cass. nn. 8973 del 2000, 2051 del 2014, nonché, più recentemente, Cass. S.U. n. 7700 del 2016 e Cass. nn. 23948 del 2019 e 121 del 2020).

Si tratta di un principio che appare affatto sovrapponibile alla fattispecie in oggetto, in cui la Cassa Forense era risultata vittoriosa in prime cure nei limiti in cui il giudice aveva ritenuto compiuta la prescrizione: essendo rimasta la domanda di garanzia logicamente assorbita per i crediti ritenuti non prescritti, del tutto logicamente la Cassa non poteva che riproporla ex art. 346 c.p.c., un appello incidentale risultando necessario solo in caso di pronuncia sfavorevole sulla garanzia.

Pertanto, rimanendo assorbito il secondo motivo, il ricorso, conclusivamente, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, giusta il criterio della soccombenza.

Tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in € 3.200,00, di cui € 3.000,00 per compensi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso art. 13.