Prescrizione crediti di lavoro: decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro

Alla luce dei recenti orientamenti giurisprudenziali, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che ai fini dell’applicazione della diffida accertativa si considerano i crediti di lavoro di cui il lavoratore dipendente è titolare, considerando che il termine di prescrizione degli stessi decorre dalla cessazione del rapporto di lavoro (Nota 30 settembre 2022, n. 1959)

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro chiarisce che a seguito di una recente pronuncia della Corte di Cassazione (sentenza 6 settembre 2022, n. 26246) devono essere rivisti i criteri di valutazione dei crediti di lavoro ai fini dell’applicazione della diffida accertativa da parte degli ispettori del lavoro.
I criteri finora adottati erano basati sull’orientamento della giurisprudenza secondo il quale per i crediti di lavoro la decorrenza non operasse necessariamente in costanza di rapporto di lavoro, in considerazione del fatto che il lavoratore si potesse trovare in una condizione di "timore", tale da indurlo a rinunciare ai propri diritti, almeno fino alla cessazione del rapporto stesso.
Tale condizione di sudditanza psicologica richiedeva tuttavia un esame in concreto caso per caso, da valutare a cura dell'Autorità giudiziaria adita dal lavoratore per far valere le proprie pretese.
A fronte di tale orientamento giurisprudenziale, nell’applicazione della diffida accertativa il personale ispettivo considerava solo i crediti da lavoro il cui termine quinquennale di prescrizione, decorrente dal primo giorno utile per far valere il diritto di credito anche se in costanza di rapporto di lavoro, non fosse ancora maturato, tenendo conto altresì degli eventuali atti interruttivi intercorsi.

Con la sentenza suindicata (n. 26246/2022) la Corte di Cassazione ha rivisto l’orientamento giurisprudenziale sulla base dell’evoluzione normativa degli ultimi anni (Legge n. 92/2012 e D.Lgs. n. 23/2015), affermando che il precedente orientamento giurisprudenziale è da considerarsi ormai inadeguato, sia perché fonte di incertezza del sistema (affidando ex post all’Autorità giudiziaria, in costanza di giudizio, il compito di ravvisare la stabilità del rapporto), sia in quanto incapace di assorbire, nello spirito di una interpretazione evolutiva del diritto, il cambiamento operato dalle riforme sul sistema della Legge n. 300/1970.
Le novità introdotte dalla Legge n. 92/2012 e dal D.Lgs. n. 23/2015 hanno comportato, per le ipotesi di licenziamento illegittimo, il passaggio da un'automatica applicazione della tutela reintegratoria e risarcitoria, ad un'applicazione selettiva delle tutele e delle sanzioni applicabili. La tutela reintegratoria, per effetto degli artt. 3 e 4 del D.Lgs. n. 23/2015, ha acquisito ormai un carattere recessivo e residuale tale da determinare, inevitabilmente, un timore del dipendente nei confronti del datore di lavoro per la sorte del rapporto ove egli intenda far valere un proprio credito nel corso dello stesso.
Per questo motivo, secondo la Suprema Corte, "il rapporto di lavoro a tempo indeterminato, così come modulato per effetto della L. n. 92/2012 e del D.Lgs. n. 23/2015, mancando dei presupposti di predeterminazione certa delle fattispecie di risoluzione e di una loro tutela adeguata, non è assistito da un regime di stabilità. Sicché, per tutti quei diritti che non siano prescritti al momento di entrata in vigore della L. n. 92/2012, il termine di prescrizione decorre, a norma del combinato disposto degli artt. 2948, n. 4 e 2935 c.c., dalla cessazione del rapporto di lavoro".
Fa eccezione a tale principio il pubblico impiego, nel senso di non estensibilità della sopraccitata pronuncia a tali fattispecie di rapporti, in quanto disciplina da una particolare normativa che ne assicura la stabilità e la garanzia di rimedi giurisdizionali avverso la loro - eventuale ed illegittima - risoluzione, così da escludere che il "timor" del licenziamento possa indurre l'impiegato a rinunziare ai propri diritti. Pertanto, nei rapporti di pubblico impiego, il termine di prescrizione quinquennale per i crediti di lavoro inizia a decorrere in costanza di rapporto dal momento in cui il diritto stesso può esser fatto valere.
Diversamente, per il settore privato, il personale ispettivo considera oggetto di diffida accertativa i crediti (certi, liquidi ed esigibili) di cui il lavoratore dipendente è titolare tenuto conto che il dies a quo del termine di prescrizione quinquennale inizia a decorrere solo dalla cessazione del rapporto di lavoro.