Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 29 maggio 2020, n. 10229

Tributi - IRAP - Medico convenzionato con il S.S.N - Ausilio non occasionale di lavoro altrui - Mansioni di segreteria - Diritto al rimborso

 

Ritenuto in fatto

 

1. C.F. ricorre per la cassazione della sentenza n. 161/47/13, pronunciata il 7.6.2013 e depositata il 24.6.2013, con la quale la Commissione Tributaria Regionale della Campania ha accolto l'appello dell'Agenzia delle Entrate, nella controversia relativa all’impugnativa del silenzio rifiuto sull'istanza di rimborso dell'Irap per gli anni 2003 e 2004.

2. Con la sentenza impugnata, la C.T.R., ha ritenuto che sussistessero in concreto le condizioni per l'assoggettamento all'Irap del contribuente (medico convenzionato con il S.S.N.), nella considerazione che i medici convenzionati con il S.S.N. "non sono soggetti al tributo qualora si avvalgano di mezzi e strumenti che non eccedono il minimo indispensabile per lo svolgimento della professione, in conformità all'accordo collettivo nazionale recepito con D.P.R. n. 270 del 2000", ma che "l'ausilio, non occasionale di lavoro altrui, ivi comprese le mansioni di segreteria, costituisce "autonoma organizzazione" e comporta il pagamento del tributo".

3. L'agenzia delle entrate, ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.

4. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio dell'8.10.2019, ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, c.p.c.

 

Considerato in diritto

 

1. Con un unico articolato motivo il C. deduce "violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 49 comma 1 del D.Lgs. 15.12.1997, n. 446; illogicità, contraddittorietà ed insufficienza della motivazione; violazione degli artt. 113, 115 et 116 c.p.c.; insufficienza ed illogicità della motivazione; omesso esame su un punto decisivo della controversia", lamentando vizi motivazionali e violazione della normativa in materia di I.R.A.P.

2. E' opportuno premettere che, per quanto riguarda il dedotto vizio motivazionale, nella fattispecie trova applicazione ratione temporis (ai sensi dell'art. 54 D.L. n. 83/2012) il nuovo testo dell'art. 360 co. 1 nr. 5 c.p.c., in quanto la sentenza impugnata è stata pubblicata in data successiva all'11 settembre 2012, sicché il vizio della motivazione è deducibile soltanto in termini di "omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti".

3. Come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. S.U. 22.9.2014 n. 19881; Cass. S.U. 7.4.2014 n. 8053) la riformulazione dell'art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall'art. 54 del D.L. 83/2012, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall'art. 12 delle preleggi, come riduzione al "minimo costituzionale" del sindacato di legittimità sulla motivazione; è pertanto denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella "mancanza assoluta di motivi sotto l'aspetto materiale e grafico", nella "motivazione apparente", nel "contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili" e nella "motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile", esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di "sufficienza" della motivazione. Deve, quindi, ritenersi inammissibile ogni doglianza relativa alla semplice insufficienza della motivazione.

4. Ciò premesso, la decisione del giudice regionale non fa corretta applicazione di principi regolativi, ora definitivamente certificati dalle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. sent. n. 9451/2016), secondo cui, in tema di imposta regionale sulle attività produttive, il presupposto dell'autonoma organizzazione, richiesto dal D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 2, non ricorre quando il contribuente, responsabile dell'organizzazione, impieghi beni strumentali non eccedenti il minimo indispensabile all'esercizio dell'attività e si avvalga di lavoro altrui non eccedente l'impiego di un dipendente con mansioni esecutive (ex multis, n. Cass. 30397/2017; n. 30392/2017; n. 28640/2017; n. 28635/2017).

5. Come è stato detto, "la disponibilità, da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il S.S.N., di uno studio, avente le caratteristiche e dotato delle attrezzature indicate nell'art. 22 dell'Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale, reso esecutivo con D.P.R. n. 270 del 2000, rientrando nell'ambito del minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività professionale, ed essendo obbligatoria ai fini dell'instaurazione e del mantenimento del rapporto convenzionale, non integra, di per sé, il requisito dell'autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo.

6. Nel caso di specie, la C.T.R. si è limitata a rilevare che sussistevano le condizioni per l'assoggettamento all'Irap del contribuente, in quanto "l'ausilio, non occasionale di lavoro altrui, ivi comprese le mansioni di segreteria, costituisce "autonoma organizzazione" e comporta il pagamento del tributo".

7. Appare evidente che i giudici di appello abbiano omesso ogni valutazione degli elementi relativi alle modalità di svolgimento dell'attività ritenendo decisivo "l'ausilio, non occasionale di lavoro altrui, ivi comprese le mansioni di segreteria" che, invece, non è significativa, in assenza di ulteriori elementi da cui evincersi la sussistenza di un'autonoma organizzazione, che ecceda il minimo necessario per l'esercizio della professione.

8. La motivazione invero si focalizza su di un elemento assolutamente non decisivo, trascurando di verificare la sussistenza l'ulteriore elemento indicato dalla stessa C.T.R. come requisito indefettibile per l'applicazione del tributo, ossia l'impiego di beni strumentali eccedenti, secondo l'id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l'esercizio dell'attività (cfr. ex multis Cass. n. 6137 del 2019).

9. Il ricorso va pertanto accolto in relazione alla dedotta violazione di legge, nei termini come innanzi precisati.

10. La sentenza impugnata va per l'effetto cassata e, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 comma 2, ultima parte c.p.c., con accoglimento dell'originario ricorso del contribuente. Le spese del giudizio di legittimità possono essere interamente compensate tra le parti, atteso che i contrasti giurisprudenziali sulla questione oggetto del giudizio sono stati superati solo di recente in sede di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito il ricorso introduttivo del contribuente. Spese compensate.