IVA su acquisto abitazione uso studio: detraibilità

Deve essere riconosciuto il diritto alla detrazione dell’Iva corrisposta per l’acquisto di un immobile avente catastalmente destinazione abitativa ma, in concreto, utilizzato come studio professionale. L’assenza di una cucina e il cablaggio delle stanze ad uso uffici rafforza la tesi dell’uso strumentale dell’immobile all’attività professionale, che consente la detrazione dell’IVA (Commissione Tributaria Regionale Toscana - Sentenza 16 dicembre 2020, n. 993).

IL CASO

La controversia trae origine dall’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti dell’avvocato, con il quale ha recuperato a tassazione spese esenti costituite contributi unificati, marche da bollo e spese di notificazione anticipati in nome e per conto dei clienti, e contestato la detrazione dell’IVA corrisposta sull’acquisto di un immobile classificato in catasto come civile abitazione (A2) ma di fatto destinato ad uso studio professionale.
Su ricorso del professionista i giudici tributari hanno rilevato l’illegittimità della pretesa tributaria.

LA DECISIONE DEL GIUDICE TRIBUTARIO

Il giudice d’appello, in particolare, ha evidenziato che:
a) le spese per le quali viene negata la qualità di "esenti" riguardano pagamenti effettuati dal professionista (avvocato) per contributi unificati, marche da bollo e notificazioni. Secondo il giudice, non essendo seriamente predicabile che il professionista abbia sostenuto questo tipo di spese per ragioni diverse da quelle inerenti la sua opera professionale, appare evidente che le stesse costituiscano, ai fini tributari, "spese esenti". Al contrario di quanto sostenuto dall’Ufficio, ai fini dell’esenzione non è necessario il preciso riferimento di ogni pagamento a uno specifico giudizio affidato al professionista;
b) in base alla disciplina IVA (art. 19-bis.1, co. 1, lett. i), del DPR n. 633/1972), non è ammessa in detrazione l'imposta relativa all'acquisto di fabbricati, o di porzione di fabbricato, a destinazione abitativa. Secondo il giudice la norma fa riferimento alla destinazione reale del bene e non a quella, che potrebbe non corrispondere a quella reale, risultante dal Catasto.
In tema di detrazione IVA, la Corte di Cassazione ha affermato che la valutazione della strumentalità di un acquisto rispetto all'attività imprenditoriale va effettuata in concreto, tenendo conto dell'effettiva natura del bene, in correlazione agli scopi dell'impresa. In base a tale principio, infatti, i giudici della Corte Suprema hanno riconosciuto la detrazione dell’IVA in relazione a spese sostenute per la ristrutturazione di un immobile avente catastalmente destinazione abitativa ma, in concreto, utilizzato per lo svolgimento di attività di affittacamere e case per vacanza (Ordinanza 12 giugno 2020, n. 11333).
Pertanto, la detrazione dell'IVA non può essere negata in forza dell'astratta classificazione catastale dell'immobile, dando prevalenza sulla concreta destinazione.

Nel caso di specie, la destinazione dell’immobile a studio professionale, peraltro, risulta da alcune caratteristiche fisiche, dichiarate dal contribuente e non contestate dall’Ufficio, quali l’assenza di una cucina e il cablaggio di tutti i locali al fine di poterli utilizzare come uffici.
D’altra parte il giudice tributario ha ritenuto legittima la preoccupazione dell'Ufficio, secondo il quale, consentendo la detrazione dell'IVA in un caso come quello in esame, si avrebbe il paradosso di permettere, da un lato, l'acquisto di un fabbricato a destinazione abitativa con indebita detrazione IVA (espressamente esclusa dalla normativa) e, dall'altro lato, l'utilizzo dello stesso immobile come ufficio, in totale spregio delle regole urbanistiche e catastali.
Tuttavia, ha precisato il giudice, tale paradosso non può essere risolto attraverso un’arbitraria fictio juris, che, senza una corrispondente norma giuridica, costringa l'interprete a considerare uno studio professionale come se fosse un'abitazione, piuttosto deve essere corretto l'erroneo classamento catastale.
Pertanto, data la sussistenza di situazioni di fatto non più coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie, e la mancata presentazione di atti di aggiornamento da parte del soggetto obbligato, il giudice ha disposto la segnalazione al Comune, affinché possano attivarsi le iniziative previste dalla legge (art. 1, co. 336, della L. n. 311 del 2004), per il corretto classamento dell'immobile e la sua corretta tassazione.