Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 22 marzo 2022, n. 9193

Tributi - Imposta di registro - Compravendita di immobile - Opzione per il criterio di valutazione automatica catastale ex art. 1, co. 497, L. n. 266 del 2005 - Occultamento del reale corrispettivo pattuito - Accertamento presuntivo - Scostamento dai valori OMI e prelievi ingiustificati

 

Fatti rilevanti e ragioni della decisione

 

1. M.T.M. propone quattro motivi di ricorso per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata, con la quale la commissione tributaria regionale della Basilicata, in riforma della prima decisione, ha ritenuto legittimo l'avviso di liquidazione imposta di registro ed irrogazione di sanzioni. notificatole dall'agenzia delle entrate in relazione all'atto 9-29 dicembre 2010, con il quale aveva acquistato un immobile abitativo in Matera.

Con l'avviso in esame veniva alla M. contestato che nell'atto in questione, nel quale era stata richiesta l'applicazione dell'articolo 1, co. 497, l. 266/05, fosse stato occultato il reale corrispettivo pattuito, con conseguente applicazione (oltre alle sanzioni, oggetto di separato ricorso per cassazione, n. 7556/16 rg) della maggiore imposta sul corrispettivo così accertato (art.1  co. 498 cit.) .

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha osservato che:

- legittimamente l'ufficio, dopo aver riscontrato un "significativo scostamento" tra il prezzo indicato nell'atto di compravendita ed il valore dell'immobile risultante dall'applicazione dei valori OMI, aveva proceduto ad accertamenti bancari nei confronti della M., dai quali era risultato che la stessa aveva effettuato, in periodo coevo all'acquisto, prelievi non giustificati in contanti per l'importo complessivo di 10.500 €;

- questi prelievi fondavano una presunzione legale di imputazione della somma a maggior corrispettivo versato per l'acquisto, presunzione legale che la contribuente non aveva superato, né nel preventivo contraddittorio procedimentale né in giudizio, mediante la prova di aver dato alle somme prelevate una diversa e specifica destinazione (anche considerato che i dichiarati esborsi per l'acquisto di materiali edili di ristrutturazione non risultavano fatturati né muniti di scontrino fiscale e, inoltre, si sarebbero inverosimilmente verificati prima ancora dell'acquisto dell'immobile);

- corretta risultava dunque l'imputazione finale a corrispettivo dell'importo di euro 85.500,00, a fronte dei 75.000 € dichiarati in atto.

Resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate.

Il Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso.

La ricorrente ha depositato memoria.

Fissato all'udienza pubblica odierna, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, in base alla disciplina dettata dal sopravvenuto art. 23, comma 8- bis, del decreto-legge n. 137 del 2020, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020 (e proroghe successive) senza l'intervento in presenza fisica del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale.

2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta - ex art.360, co. 1 n.5, cod.proc.civ. - omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio costituito dalla effettiva consistenza dell'immobile trasferito. In particolare, la Commissione Tributaria Regionale non aveva considerato che, diversamente da quanto indicato nell'avviso opposto, non si trattava di un unico locale abitativo di 95 m2, bensì di un vano di 50 m2 al piano terra, adibito ad abitazione, e di una pertinenza costituita da un interrato (cantina) di 45 m2, collegato al primo solo attraverso una botola; da questo travisamento del fatto era scaturita una erronea valutazione Omi, avendo l'agenzia delle entrate calcolato un valore Omi complessivo di oltre euro 197.000, quando il valore massimo imputabile non poteva in realtà superare, sulla sola porzione abitativa, i 93.700 €.

2.2 Il motivo è inammissibile perché non pertinente alla ragione decisoria.

Va infatti considerato che la Commissione Tributaria Regionale - in ciò riformando la prima decisione - ha correttamente inquadrato la pretesa impositiva dell'amministrazione finanziaria nell'ambito, non già della rettifica del valore venale dell'immobile ai sensi del secondo comma dell'articolo 51 ed al primo comma dell'articolo 52 d.P.R. 131/86, bensì nell'ambito del recupero dell'imposta (e relative sanzioni) ex art. 1, co. 495, 497 e 498, l. 266/05.

Il presupposto dell'imposizione, del quale i motivi del presente ricorso non danno adeguatamente conto, non deriva dunque dal radicale disconoscimento del criterio del "prezzo valore" (cioè della facoltà delle parti di chiedere ed ottenere l'imposizione automatica in base al valore catastale del bene, così come reso possibile, in presenza di determinati requisiti oggettivi e soggettivi qui non in discussione, a far data dal 1 gennaio 2006) e dal conseguente ripristino dei parametri ordinari di imposizione ex artt.51 e 52 d.P.R. 131/86 (preclusi dalla legge), quanto piuttosto dal recupero dell'imposta dovuta sulla parte di corrispettivo occultato. L'avviso opposto muove in definitiva non dalla valutazione del bene secondo criteri di mercato, ma dalla contestazione della violazione dell'obbligo, per le parti che optino per la valutazione automatica, di comunque dichiarare in atto il corrispettivo effettivamente pattuito (co. 497 cit.); posto che, in caso di accertato occultamento, anche parziale, "le imposte sono dovute sull'intero importo di quest'ultimo e si applica la sanzione amministrativa dal cinquanta al cento per cento della differenza tra l'imposta dovuta e quella già applicata in base al corrispettivo dichiarato, detratto l'importo della sanzione eventualmente irrogata ai sensi dell'articolo 71 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986" (co.497, costituente specificazione della disciplina generale di cui all'art.72 d.P.R. 131/86).

In definitiva, imposta e sanzioni sono state applicate sul maggior corrispettivo occultato (euro 85.500,00) e non sul valore venale in comune commercio dell'immobile.

Ciò rende finanche ininfluente la doglianza in esame, dal momento che:

- nella peculiarità della fattispecie, il ricorso ai listini Omi non ha riguardato la determinazione della base imponibile, ma unicamente un indizio di significativo scostamento rispetto al corrispettivo in atto, tale da giustificare l'accertamento (anche attraverso indagini bancarie) dell'eventuale parziale occultamento di quest'ultimo;

- questo significativo scostamento dal corrispettivo dichiarato sarebbe stato riscontrabile pur tenendo a mente un immobile di inferiore consistenza e superficie (50 mq. abitabili + pertinenza scantinata di 40 mq.), perché valutabile, a detta della stessa ricorrente, tra i 93.700 ed i 103.600,00 euro, dunque in importi comunque notevolmente superiori al corrispettivo dichiarato in atto (euro 75.000);

- il denunciato "omesso esame" sarebbe pertanto caduto, a tutto concedere, su un fatto materiale (consistenza dell'immobile) per nulla decisivo ai fini del giudizio.

3.1 Con il secondo motivo di ricorso si lamenta - ex art.360, co. 1 n.4, cod.proc.civ. - omessa pronuncia sul motivo di appello concernente la violazione, da parte dell'agenzia delle entrate, della preclusione all'accertamento di cui all'art. 1, co. 498, l. 266/05, avendo le parti dichiarato, in atto, di accedere al criterio di valutazione automatica catastale, e non essendoci prova certa del pagamento di un maggior corrispettivo.

3.2 Il motivo è infondato per le stesse argomentazioni appena svolte nella disamina della doglianza che precede, dal momento che dalla disciplina legale alla quale la stessa contribuente ha chiesto di accedere (art. 1, co. 497-498 cit.) si evince che il corrispettivo effettivamente pattuito deve essere obbligatoriamente dichiarato in atto; che, in caso di parziale occultamento, l'imposta viene recuperata sul corrispettivo effettivamente risultante; che in tal caso si applica una sanzione pecuniaria anch'essa ragguagliata al corrispettivo dissimulato.

Queste previsioni di legge attribuiscono univocamente all'amministrazione finanziaria la correlata e funzionale potestà di accertamento del corrispettivo, secondo quanto del resto previsto in via generale dall'art. 1 co. 495 cit..

Sicché la semplice opzione per la determinazione automatica o catastale della base imponibile, mentre poneva il contribuente al accertamenti relativi al valore venale in comune commercio dell'immobile trasferito, non altrettanto lo esonerava da accertamenti sul corrispettivo dichiarato.

Quanto, poi, al fatto che non vi fosse prova certa dell'occultamento parziale di quest'ultimo, basterà osservare come si verta di un tipico accertamento probatorio e fattuale, non rivedibile nella presente sede di legittimità, e già vagliato dal giudice regionale sulla base delle risultanze istruttorie in atti (prelievi in contanti per euro 10.500,00 dal primo al 9 dicembre 2010, cioè nell'immediatezza dell'atto di trasferimento; ritenuta inconsistenza ed inverosimiglianza delle, non documentate, causali di prelievo esposte dalla contribuente circa l'acquisto di materiali edili per la ristrutturazione "in economia").

4.1 Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione dell'articolo 112 cod.proc.civ. per omessa decisione del motivo di appello concernente la nullità per difetto di motivazione dell'avviso di liquidazione opposto, in quanto esclusivamente basato sui parametri Omi (per giunta erroneamente riferiti ad un'unica unità abitativa di 95 m2), di per sé insufficienti in assenza di altri indizi gravi, precisi e concordanti, come anche desumibile dalla perizia di parte allegata in primo grado.

4.2 Si rinvia, a riprova dell'infondatezza della doglianza, alle considerazioni tutte già svolte intorno al primo motivo di ricorso.

Va qui aggiunto che, in ogni caso, l'omessa pronuncia da parte della Commissione Tributaria Regionale sul punto specifico della contestata legittimità del richiamo, operato in avviso, ai valori Omi può essere ovviata direttamente nella presente sede di legittimità, appunto perché si tratta di contestazione che va disattesa in stretto diritto. Questo in ragione della individuazione della tipologia di accertamento operato dall'amministrazione finanziaria in relazione al suo fondamento legale (appunto, come detto, il recupero di imposta e sanzioni a seguito art. 1, co. 497-498 cit. ).

5.1 Con il quarto motivo di ricorso si lamenta - ex art. 360, co. 1 n.3, cod.proc.civ. - violazione e falsa applicazione degli articoli 115 cod.proc.civ. e 32 d.P.R. 600/73. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale considerato che la sola prova dei prelievi bancari non dimostrava l'imputazione a corrispettivo, dovendo l'amministrazione finanziaria dimostrare al contempo il collegamento funzionale tra i prelievi bancari e l'asserito versamento di un maggior prezzo.

5.2 Il motivo è inammissibile in quanto volto, pur attraverso la deduzione di una violazione normativa, a suscitare in questa sede una nuova valutazione fattuale e probatoria dell'elemento materiale costituito dai prelievi bancari. Là dove il giudice del merito, alla cui cognizione la questione è esclusivamente riservata., ha deciso nel senso della effettiva concludenza presuntiva della riferibilità a corrispettivo della somma prelevata; e ciò in maniera non apodittica ovvero illogica, ma sulla base di determinati indici concludenti che, come detto, non possono essere qui riconsiderati (contanti; data di esecuzione; mancata deduzione di diverse e sostenibili causali).

Sicché, se è vero che l'amministrazione doveva provare anche la destinazione delle somme prelevate in conto corrispettivo, altrettanto indubbio è che il giudice di merito ha ritenuto che l'amministrazione questa prova abbia in effetti fornito. Da qui l'esclusione della lamentata violazione di legge.

6. Ne segue il rigetto del ricorso, con condanna della ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

- rigetta il ricorso;

- condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 1200,00, oltre spese prenotate a debito;

- v.to l'art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

- dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.