Giurisprudenza - CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 04 agosto 2020, n. 16676

Reiscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli - Diritto - Accertamento

 

Fatti di causa

 

Con sentenza n. 21514 del 2017 questa Corte di cassazione ha rigettato il ricorso proposto da T. P. avverso la sentenza della Corte d'appello di Salerno di accoglimento del gravame proposto dall'INPS nei riguardi della sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda di condanna dell'Istituto alla reiscrizione della P. negli elenchi dei lavoratori agricoli ed ha, altresì, posto a carico della parte soccombente le spese del giudizio di cassazione.

2. Contro la sentenza T.P. propone ricorso per revocazione, fondato su un unico motivo. L'INPS resiste con controricorso.

3. T. P. ha depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.

4. La Sezione sesta di questa Corte di legittimità ha rimesso la causa per la trattazione in pubblica udienza.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l'unico motivo di ricorso, la parte censura la sentenza di questa Corte di cassazione n. 21547 del 2017 del 3 maggio 2017, ai sensi dell'art. 395 n. 4 c.p.c., nella parte in cui l'ha condannata al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, senza considerare che sia all'interno del ricorso per cassazione, a mezzo del proprio difensore a pag. n. 17 righi nn. 9 - 14, sia in calce al ricorso stesso, la medesima parte aveva formulato la dichiarazione di esonero dal pagamento delle spese processuali, come previsto dall'art. 152 disp. att. c.p.c., modificato dal D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, convertito in L. 24 novembre 2003, n. 326, ed aveva depositato e notificato a controparte una dichiarazione sostitutiva di certificazione reddituale per l'anno 2011.

2. Sostiene pertanto che la Corte di cassazione è necessariamente caduta in errore, non avendo visto le dichiarazioni sopra descritte, in quanto non poteva essere disposta la condanna alle spese, sicché insiste per la revocazione della sentenza. In subordine, chiede ravvisarsi una ipotesi di errore materiale emendabile.

2. Il motivo è inammissibile.

3. Deve premettersi che, ai sensi dell'art. 391 bis c.p.c., comma 1, è consentita la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione o delle ordinanze emesse ai sensi dell'art. 375, comma 1, nn. 4 e 5, solo se affette da errore di fatto ai sensi del n. 4 dell'art. 395, n. 4; tale errore ricorre, come la norma precisa, quando la decisione è fondata sulla supposizione di un fatto la cui verità è incontrastabilmente esclusa, oppure quando è supposta l'inesistenza di un fatto la cui verità è positivamente stabilita, e purché il fatto non abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare; la revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione - è stato precisato da Cass. n. 12283 del 2004 - comporta l'accertamento di un errore che deve riguardare gli atti interni al relativo giudizio (ossia quelli che la Corte può e deve esaminare direttamente con la propria indagine di fatto all'interno dei motivi di ricorso) e deve incidere unicamente sulla sentenza di cassazione (Cass., 28 giugno 2005, n. 13915; Cass., 14 aprile 2010, n. 8907).

3. Questi presupposti non sussistono nel caso in esame.

4. La ricorrente, infatti, assume che la condanna alle spese disposta dalla sentenza di cui si chiede la revocazione non trovi giustificazione se non in quanto frutto di una svista che avrebbe indotto questa Corte a non rilevare che il ricorso conteneva la dichiarazione di esonero prevista dall'art. 152 disp. att. c.p.c.

5. Tale tesi non tiene in considerazione che la disciplina dell'esenzione dal pagamento delle spese e competenze regolata dall'art. 152 disp. att. c.p.c.. non è applicabile alla controversia che la sentenza impugnata ha definito. La ricorrente, infatti, ha esperito un'azione tendente ad accertare il proprio diritto ad essere iscritta nuovamente negli elenchi dei lavoratori agricoli del comune di residenza per l'anno 2006 dal quale era stata cancellata e, quindi, non intesa ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali, come richiesto dall'art. 152 disp. att. c.p.c.., come formulato dall'art. 42 d.l. n. 269 del 2003 conv. con modif. in I. n. 326 del 2003.

6. Affinché sia applicabile l'art. 152 disp. att. c.p.c., per il quale la parte soccombente nei giudizi promossi per ottenere prestazioni previdenziali o assistenziali, in presenza delle condizioni economiche ritualmente dichiarate, non è assoggettata al pagamento di spese, competenze ed onorari, è necessario che il diritto alla prestazione sia l'oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento.

In tal senso depone il chiaro tenore testuale della disposizione ed anche la ratio storica e sistematica che la sorregge. Va ricordato che la regola dell'esonero fu introdotta dall'art. 11 della I. n. 533 del 1973, sulle basi del previgente art.57 I. n.153 del 1969, ed attraverso alcune pronunce della Corte Costituzionale si è delineato l'ambito di estensione soggettiva, includendovi l'INAIL dal lato passivo (Corte Cost. n. 23 del 1973) ed i congiunti superstiti del lavoratore (Corte Cost. n. 98 del 1987).

Dal punto di vista dell'oggetto della controversia, qui di maggiore interesse, Corte Cost. n. 85 del 1979 estese l'applicabilità dell'art. 152 disp. att. c.p.c.. anche alle controversie assistenziali, dato che entrambe le situazioni e cioè il diritto ad ottenere sia le prestazioni previdenziali che assistenziali, <sono assimilabili sul piano sostanziale e sono regolate dal medesimo procedimento in caso di controversia giudiziaria>.

7. La dottrina ha evidenziato che, nella vigenza della prima versione della disposizione (introdotta dallart. 11 I. n. 533 del 1973) si è realizzata, grazie agli interventi della Corte Costituzionale richiamati, la massima forza espansiva della ratio tesa a facilitare l'accesso al giudice previdenziale ed assistenziale e ciò in ragione del fatto che tale giudice si occupa di prestazioni che consentono all'avente diritto di uscire dal bisogno. Tale finalità sorregge la logica di favore di cui la disposizione è espressione legandosi strettamente non a qualsiasi domanda inerente alla materia previdenziale od assistenziale, ma - appunto - solo alla domanda tendente ad ottenere prestazioni previdenziali od assistenziali.

8. Al contempo, non può sfuggire che la disciplina in parola è, comunque, espressione di diritto singolare, che non si presta dunque ad essere applicato a casi non espressamente indicati. Per tale ragione, si è affermato nella giurisprudenza di questa Corte di cassazione (Cass. n. 25759 del 2008), con riferimento all'art. 152 disp. att. c.p.c.. nel testo vigente prima della modifica di cui al d.l. 30 settembre 2003, n. 269, conv. in I. 24 novembre 2003, n. 326, ma con considerazioni estensibili anche alla versione attuale, che l'esonero dal pagamento delle spese processuali non è posto in riferimento a tutti i giudizi previdenziali, ma solo in relazione a quelli promossi per ottenere prestazioni previdenziali.

9. In definitiva, il ricorso per revocazione va dichiarato inammissibile perché non ricorrono i presupposti richiesti dall'art. 391 bis c.p.c. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida nella misura di Euro 2000,00 per compensi professionali, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.